Una Città269 / 2020
ottobre


Siete cittadini, avete una Patria, per potere facilmente, in una sfera limitata, col concorso di gente già stretta a voi per lingua, per tendenze, per abitudini, operare a benefizio degli uomini quanti sono e saranno, ciò che mal potreste operare perduti, voi soli e deboli, nell’immenso numero dei vostri simili. Quelli che v’insegnano morale, limitando la nozione dei vostri doveri alla famiglia o alla patria, v’insegnano, più o meno ristretto, l’egoismo, e vi conducono al male per gli altri e per voi medesimi. Patria e Famiglia sono come due circoli segnati dentro un circolo maggiore che li contiene; come due gradini d’una scala senza i quali non potreste salire più alto, ma sui quali non v’è permesso arrestarvi. Siete uomini: cioè creature ragionevoli, socievoli e capaci, per mezzo unicamente dell’associazione, d’un progresso a cui nessuno può assegnare limiti; e questo è quel tanto che oggi sappiamo della Legge di vita data all’Umanità.
(Giuseppe Mazzini, tratto da I doveri dell’uomo, 1860)
ottobre 2020

La giudice Barrett
Cosa succederà dopo il 3 novembre?
Intervista ad Andrew Arato

Stato d’eccezione
Sulla risposta italiana alla pandemia
Intervista a Paolo Feltrin

La rilegatura
Storia di lavoro di due giovani
Intervista a Tiziano Ciao e Vanessa Milan. (p. 12)

Hai parlato col Municipio?
Un’esperienza di community organizing a Roma
Intervista a Diego Galli

Il circolo
Sulla storia del quartiere di Bagnoli
Tavola rotonda con Emanuela Coppola,
Vittorio Attanasio, Pino Bruno, Ugo Leone,
Guglielmo Santoro, Aurora Garra

e Maria Coppola

Le cose in comune
Su nazionalismo e cosmopolitismo
Intervista a Ernesto Galli della Loggia

Addio Lele
In memoria di Lele Galbiati

Siamo poeti... "serotini"
Un ricordo di Amelia Rosselli
Intervista a Renzo Paris

L’irriverenza democratica
Sulla lezione di Saul Alinskyi
di Marianella Sclavi

Italo Svevo
Alfonso Berardinelli

Giorni cupi
Belona Greenwood

La perdita della memoria
Wlodek Goldkorn

Il museo di storia di Hong Kong
Ilaria Maria Sala

Ma la felicità? Che cos’è?
Nicola Chiaromonte
La copertina è nera. Come i tempi che stiamo passando. Ma non solo per la pandemia che ci affligge. Il 6 settembre tre energumeni, cultori della prepotenza, hanno massacrato a calci e pugni un giovane che voleva difendere il suo amico aggredito. Pochi giorni fa un insegnante francese che, in classe coi ragazzi, aveva commemorato i redattori di Charlie Hebdo massacrati dagli islamisti, è stato ucciso e decapitato da un giovane musulmano ceceno. Un mese fa, poi, la morte di un’anziana signora ebrea, malata di cancro, implacabile dissidente, ha lasciato attoniti i democratici di tutto il mondo. La più forte democrazia del pianeta rischia di degenerare e di calpestare il diritto delle donne a essere libere. In cosa sperare? Nell’impegno di un anziano signore gentile e nella rivolta democratica di giovani e donne di tutto il mondo contro l’oscurantismo che avanza. Onore a Willy Monteiro Duarte, a Samuel Paty e a Ruth Bader Ginsburg.

Secondo Andrew Arato lo scenario più verosimile è una vittoria di Biden, il quale potrebbe però trovarsi, come ai tempi di Roosevelt e del New Deal, con una Corte che boicotta ogni suo intervento; il rischio, poi, in caso di una vittoria risicata, è che Trump contesti i voti per posta, innescando una grave crisi costituzionale. Infine il terzo scenario, il peggiore, cioè la rielezione di Trump, avrebbe effetti dirompenti anche sullo scenario internazionale.

Lo scorso marzo, con un Dpcm, sono state sospese quasi tutte le libertà della prima parte della Costituzione: uno strappo che si è rivelato provvidenziale e che però impone al più presto un intervento normativo. L’enorme lavorìo del mondo associativo ha permesso al nostro paese di non farsi travolgere; i segnali di un possibile vero federalismo cooperativo e una rinnovata fiducia sull’Europa, che non va però delusa. A parlarcene è Paolo Feltrin.

Apriamo un dibattito su “nazione e nazionalismo” con l’intervista a Ernesto Galli della Loggia, secondo il quale la nazione si basa su un vincolo, a partire dalla lingua, dalla cultura, dalla storia che lega i cittadini, che la causa della Grande guerra non è stata il nazionalismo ma piuttosto la mancanza di democrazia, che ad aprire la strada al fascismo furono i socialisti con la loro forsennata campagna contro una guerra, per di più vinta, e contro chi l’aveva combattuta, che il cosmopolitismo dei ricchi è una vera secessione dalla nazione, causa del populismo.

La grande lezione di Saul Alinsky, che ora sta diffondendosi anche in Europa, perché il potere in democrazia sia diffuso, finanche nell’ultimo dei quartieri di periferia; la multiproblematicità che va sempre tenuta presente, assieme a una conoscenza profonda delle realtà dei quartieri difficili e dei loro protagonisti, senza pregiudizi; il rigetto di ogni paternalismo delle istituzioni, con le quali il rapporto deve essere alla pari, senza soggezione e riverenza alcuna. Un intervento di Marianella Sclavi.
 
E poi Renzo Paris ricorda Amelia Rosselli, e infine le lettere di Ilaria Maria Sala e di Belona Greenwood, e le rubriche di Wlodek Goldkorn e Alfonso Berardinelli.