Una Città n° 266 / 2020
maggio
Il dolore affratella, e fra malati ci si affeziona presto -d’un affetto superficiale, ma che basta a render cordiali i rapporti. La vita vi è considerata sotto un aspetto speciale, forse nel suo vero aspetto. Per esempio, io ho visto morire nella corsia in cui mi trovavo due uomini, ambedue afflitti da malattie incurabili e dolorosissime; la loro morte quasi fu un sollievo per i presenti: “Poveretto, ha finito di penare!”, si diceva. Anche se muore qualche vecchio si sente poca compassione: “Era ora!”, si esclama; e solo si prova un forte stringimento di cuore alla vista dei parenti del defunto che, non trovando più tra i vivi il loro caro, se ne vanno disperati. Ma ho visto anche qualche cosa che davvero rianima e riaccende la fede nella bontà umana. Un ragazzo con la polmonite e con una gran febbre, al settimo giorno passava la crisi oltre la quale (così almeno si crede) c’è la morte o la vita. Il poverino aveva quasi quarantadue gradi di febbre, delirava, saltava sul letto. Fu chiamato il dottore. Benché fosse notte, più d’un malato saltò dal letto per soccorrere il ragazzo, veder di calmarlo, aiutare l’infermiere a fargli l’impacco freddo, a triturare il ghiaccio... E quando, passata la crisi, si seppe che la febbre era scesa subito di molto, fu la gioia di tutti, come un sollievo generale. E la corsia si riaddormentò nel suo sonno malato. Una giovane vita era salva: la festa era in molti cuori, e la mattina dopo, quando vennero i parenti del ragazzo, la loro gioia rendeva superbi gli altri, quasi fossero stati anch’essi con l’anelito delle loro ansie a mettere in fuga la morte.
(Luigi Fabbri, Il Pensiero, aprile 1906)
maggio 2020
Appello da Hong Kong
Ilaria Maria Sala (p. 3)
A data fissa
Trump e la grande democrazia americana
Intervista a Massimo Teodori (p. 4)
Il lavoro nel tempo del Coronavirus
Massimo Tirelli (p. 8)
Senza compianto
Su virus e vecchiaia
Marina Piazza (p. 11)
La normalità che verrà
Sul futuro che ci aspetta
Intervista a Fabrizio Tonello (p. 13)
Quella fogliolina
Noi e i microbi
Intervista a Roberta Raffaetà (p. 15)
Maestra mi si sono sciolti i capelli,
mi fai una treccia?
Insegnare durante la pandemia
Intervista a Teresa Batticore (p. 20)
La tuta del marito
Le battaglie per la salute dei lavoratori
Intervista a Alfiero Boschiero (p. 27)
La pietra d’Istria
Sulla storia “lunga” dell’Adriatico
Intervista a Egidio Ivetic (p. 31)
La difficile riabilitazione
Valerio Strinati (p. 35)
Marinetti, creatività e crimine
Alfonso Berardinelli (p. 39)
Il trauma
Wlodek Goldkorn (p. 40)
La migrazione irregolare in Europa
Massimo Livi Bacci (p. 41)
Un ramadan col coprifuoco
Emanuele Maspoli (p. 42)
Qual è il nostro posto?
Belona Greenwood (p. 43)
Economia ed epidemia
Francesco Ciafaloni (p. 44)
Un problema di sanità pubblica
Maurizio Marino (p. 45)
Detriti del 25 aprile
Vittorio Gaeta (p. 46)
I ragazzi stanno bene
Irfanka Pasagic (p.47)
Dedichiamo la copertina a George Floyd.
Apriamo il numero con un appello accorato di Ilaria Maria Sala da Hong Kong, che rischia di diventare terra bruciata per mano di un regime fascio-comunista che incute timore a tutti, commercia con tutti e che, forse, vuol cogliere l’occasione della crisi mondiale da epidemia, per liberarsi dei democratici hongkonghesi. Già, noi abbiamo altro a cui pensare. Speriamo di non dovercene vergognare, della nostra noncuranza, come già successo ai nostri padri e nonni. Per chi, invece, adduce i grandi risultati economici e di sviluppo della Cina, e quindi il presunto consenso al regime di tanta parte della popolazione, ricordiamo che questa è l’argomentazione preferita da tutti i nostalgici fascisti. Con la Cina va alzata la voce, e nel caso va dichiarata la guerra fredda, ma non in nome dei propri interessi, ma in nome della libertà e dei diritti umani. Speriamo che anche il pontefice alzi la sua di voce. Non vorremmo che, per difendere un qualche concordato più o meno segreto, si dia a Cesare anche ciò che non gli è dovuto mai e poi mai.
Parliamo anche dell’America che sta vivendo di nuovo un periodo oscura, grazie alla xenofobia, al suprematismo, al nativismo e al populismo del primo “presidente bianco” della storia degli Stati Uniti. Ma la democrazia americana ha sempre superato questi momenti grazie alla sua formidabile architettura democratica, costruita proprio per sventare ogni autoritarismo e ogni velleità autarchica; ce ne parla Massimo Teodori che prevede una vittoria democratica e l’avvio di una nuova guerra contro la povertà, dopo quella che caratterizzò gli anni Sessanta con Lyndon Johnson. Le elezioni di novembre ci riguardano forse quanto le nostre, se non di più.
Meno ottimista è Fabrizio Tonello, che disegna uno scenario quasi catastrofico: una crisi uguale, se non peggiore, a quella del 29, una povertà diffusa che avrà per conseguenza un aumento delle disuguaglianze e il sempre maggiore accentramento del potere in poche mani, nonché il rafforzamento di una tendenza, già in atto del resto, a riformare le costituzioni in senso autoritario.
La “tuta del marito” è quella che, solo per il fatto di lavarla, ha fatto ammalare e spesso morire anche le mogli degli operai che lavoravano in mezzo all’amianto. Questo dice tutto della lunga strada che hanno dovuto fare gli operai e i loro sindacati perché la salute non venisse più monetizzata, ma diventasse un obbiettivo irrinunciabile delle lotte e dei contratti. Alfiero Boschiero rifà la storia di quel lungo e travagliato tragitto.
Infine gli interventi e le lettere di Marina Piazza, Alfonso Berardinelli, Wlodek Goldkorn, Massimo Livi Bacci, Francesco Ciafaloni, Valerio Strinati, Belona Greenwood, Emanuele Maspoli, Vittorio Gaeta, Maurizio Marino, Irfanka Pasagic.