Layout 1 - page 13

13
losevic, ma che, essendo un patriota, forse
si rende conto che non c’è futuro per un po-
polo serbo contro tutti.
Ma c’è un altro paradosso. L’opposizione
serba ci ha detto che ci vorrebbe una mas-
siccia presenza degli albanesi del Kossovo
per vincere. Ma gli albanesi obiettano:
“Perché dovremmo votare per l’opposizione,
che agli albanesi del Kossovo non ha pro-
messo niente?”. L’opposizione risponde:
“Noi non possiamo promettervi niente per-
ché chi fa un’apertura a voi perde le elezio-
ni”. Quindi c’è un circolo vizioso che assomi-
glia, per certi aspetti, alla situazione in
Israele, dove il voto degli arabi israeliani
era decisivo per far vincere i laburisti e,
nello stesso tempo, per lungo tempo, gli ara-
bi non vedevano nessuna ragione per votare
e dicevano: “Voi non ci proponete nulla di
diverso dagli altri”. Nel Verona Forum ne
abbiamo discusso e abbiamo deciso che non
ce la sentivamo di dare una “raccomanda-
zione” agli albanesi di partecipare al voto.
Abbiamo parlato con il presidente-ombra
del Kossovo, Rugova, con Adam Demaci, il
capo del comitato per i diritti umani, poi
abbiamo incontrato tutti i partiti, i sindaca-
ti, e loro hanno detto che non sono ancora
decisi al cento per cento di non andare al
voto, ma che con buone probabilità non se
la sentiranno di votare perché sarebbe co-
me riconoscere lo status quo, riconoscersi
parte di questa Serbia che ha cancellato la
loro autonomia, i loro diritti. E anche se ci
fosse una vittoria elettorale, non è detto che
Milosevic possa cedere a un voto pacifico.
Infatti, domenica scorsa il patriarca serbo,
che fa parte di coloro che in Jugoslavia sof-
fiano sul fuoco più che moderarlo, ha detto:
“Speriamo che non venga sparso sangue
serbo da mani serbe”. Come dire: speriamo
che non ci sia un colpo di stato nel caso di
disfatta di Milosevic.
Alcune cose che si possono fare
Le cose che si possono e che si devono fare
urgentemente sono sicuramente:
1. La cosa più immediata è aprire ai profu-
ghi, che non vuol dire incoraggiare a cac-
ciarli. Credo che la situazione sia abbastan-
za simile a quella degli ebrei nella Seconda
guerra mondiale. Cioè non sarebbe stata
probabilmente una buona idea dire nel ’38:
“Tutti possono buttar fuori i loro ebrei,
qualcuno li prende”, perché avrebbe inco-
raggiato un pogrom. Però nel ’40, nel ’41,
non prenderli significava farli massacrare.
Allora io credo che oggi siamo in questa se-
conda fase. Quindi, se non ci sono altri spa-
zi, che non possono essere solo la Croazia,
che ormai ha chiuso i propri confini, non ac-
coglierli significa consegnarli alla morte, in
parte anche per assedio, non tutti necessa-
riamente per mano armata.
2. Credo poi che si debba aumentare la
pressione per gli aiuti umanitari, che stan-
no calando, e perché questi aiuti arrivino
(metà circa viene sequestrata dalle rispet-
tive bande armate come una specie di dazio
da pagare). Ci può essere anche la mobili-
tazione della solidarietà civica.
3. Si deve premere perché si riaprano i col-
legamenti con la Bosnia-Erzegovina e in
particolare con Sarajevo. È incredibile che
con tutti i potenti mezzi che abbiamo a di-
sposizione (si continuino a pagare, per
esempio, costose missioni di osservatori che
spesso non sono un granché utili) non si
trovino enti disponibili a mettere a disposi-
zione questi famosi telefoni via satellite, e
che la gente da dentro non possa almeno co-
municare la lista dei vivi e dei morti. E vi-
ceversa, cioè chi sta fuori, gli esuli, possano
dire: “Ci siamo salvati, siamo in Svizzera,
in Inghilterra, in Croazia, ecc.”.
Quindi la possibilità di comunicazione, an-
che di portare la posta, è essenziale. È quel-
lo che la Croce Rossa ha fatto nella Seconda
guerra mondiale. Ci siamo rivolti infatti al-
la Croce Rossa internazionale che però ci
ha risposto: “Noi non possiamo farla perché
il costo di un telefono satellitare è equiva-
lente a cento tonnellate di grano, per cui
preferiamo mandare cento tonnellate di
grano”. Credo che sia giusto per la Croce
Rossa. Lo trovo meno giusto per esempio
per la Rai, che ha un telefono satellitare, e
per altre stazioni radiotelevisive.
È importante che ci sia una pressione dei
cittadini affinché quelli che hanno già lì le
loro postazioni le mettano a disposizione
per qualche ora al giorno, in orari che non
servano al lavoro giornalistico, per scam-
biare notizie, su chi vive, in che condizioni
vive, e chi invece è morto.
4. Si deve creare, a mio giudizio, qualcosa
perché si accentui la pressione internazio-
nale sulla questione del Kossovo e della
Macedonia. Su questo punto il Verona Fo-
rum è d’accordo nel considerare la situazio-
ne intollerabile, pur con qualche esitazione
da parte dei partecipanti serbi. È urgente
ripristinare alcune condizioni di normalità,
per esempio la libertà d’informazione, la
riapertura delle scuole, promessa e finora
non mantenuta. Oggi le scuole medie alba-
nesi sono chiuse, alcune scuole elementari
sono aperte, ma gli insegnanti che ci lavo-
rano non vengono retribuiti, o vengono pa-
gati grazie a una raccolta di fondi popolare
che in parte si nutre anche di rimesse degli
immigrati. La riapertura delle scuole sa-
rebbe un segnale positivo, qualcosa che può
ridare speranza.
Per quanto riguarda la Macedonia, credo
sia essenziale che si prema per il riconosci-
mento. Non sono mai stato favorevole ai ri-
la cosa più immediata è aprire
ai profughi, che non vuol dire
incoraggiare a cacciarli
“la situazione è in movimento,
possiamo riprenderci
l’Istria e la Dalmazia?”
Profughi a Tuzla, luglio 1995
Patrick Robert
1...,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 14,15,16,17,18,19,20,21,22,23,...48
Powered by FlippingBook