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con la propaganda sull’ultima “terra pro-
messa” e quindi erano arrivati da varie par-
ti della Bosnia-Erzegovina.
Di lì a qualche tempo però anche loro han-
no capito che le abitazioni private doveva-
no essere restituite ai legittimi proprietari
e da quel momento i serbi arrivati dopo la
guerra hanno cominciato a rientrare nei lo-
ro luoghi di provenienza o ad andare altro-
ve. Contemporaneamente i bosgnacchi han-
no cominciato a tornare.
Purtroppo, nei confronti di chi torna, i co-
muni hanno grosse responsabilità, ma poco
potere.
Durante la guerra qui sono state distrutte
6.300 case. Parliamo di grandi investimen-
ti, di cui dovrebbero occuparsi le istituzioni
nazionali o i donatori internazionali. So-
prattutto perché la ricostruzione di queste
case è condizione primaria per il rientro.
Sfortunatamente, il lavoro è proprio quello
che oggi non possiamo garantire, sicura-
mente non nella misura in cui ce ne sareb-
be bisogno. Per esempio, c’è la miniera di
Sasa a Srebrenica, che dà lavoro a 400 per-
sone di cui 63 di Srebrenica e le altre di al-
tri luoghi. Noi però su queste cose non pos-
siamo fare niente, non possiamo imporre
che venga assunta più gente di Srebrenica.
È possibile risolvere la situazione se
Srebrenica resta formalmente un co-
mune della Republika Srpska?
Beh, noi una soluzione, un’idea ce l’avrem-
mo. Già in passato abbiamo tentato di pro-
muovere il progetto di un distretto autono-
mo indipendente dentro la Bosnia-Erzego-
vina, di uno statuto speciale, come nel di-
stretto di Brcko, ma non ci siamo riusciti.
I figli dei bosniaci musulmani che ri-
tornano, dove vanno a scuola?
La maggior parte frequenta le scuole locali
che adottano i programmi scolastici serbi.
Il problema è che qui è tutto serbo: i boschi
sono serbi, le acque sono serbe, l’elettricità
è serba, le strade sono serbe, le poste sono
serbe, le scuole sono serbe, i medici... è tut-
to dei serbi!
Evidentemente a qualcuno va bene così.
Ma questo è il principale impedimento a
che la gente torni. Cioè qui il 95% degli in-
segnanti è serbo, solo il 5% è bosgnacco e
comunque il programma è quello serbo.
La municipalità com’è organizzata?
Qui siamo riusciti a bilanciare: siamo metà
e metà. Nel 2005 anche nel Comune c’erano
il 95% di serbi e il 5% di bosgnacchi. Quan-
do sono tornato, nel 2005, nella mia via c’e-
rano tre famiglie, ora è pieno di bambini.
Le cose si muovono, ma per vedere dei ri-
sultati, bisognerebbe poter lavorare in mo-
do sistematico. Io non ho dubbi: se potessi-
mo riappropriarci dei boschi, delle miniere
e delle terme, nell’arco di cinque anni di-
venteremmo uno dei comuni più sviluppati
e questo lo sanno tutti.
Attualmente il 95% di queste risorse è fuo-
ri gioco. E qualcuno ci sta mantenendo in
questa condizione di proposito.
(tratto da “Dieci all’anno”,
intervista a cura di Barbara Bertoncin
pubblicata in Una città n. 197 del 2012.
Traduzione di Liliana Radmanovic)
Censimento 2013
Il censimento, sempre rimandato nei 20
anni trascorsi dalla fine della guerra, era
stato sollecitato dall’Unione Europea, che
poi lo ha parzialmente finanziato, vista la
disastrosa situazione dei conti pubblici bo-
sniaci. I primi dati ufficiali sono stati pub-
blicati nel novembre 2013, ma riguardano
solo la cifra complessiva dei residenti e le
percentuali di popolazione per alcune loca-
lità: 3.791.622 abitanti attuali contro i
4.377.033 del 1991, prima dello scoppio
della guerra, quando fu realizzato il prece-
dente censimento. Mancano all’appello
585.411, di cui 100 mila all’incirca le vitti-
me della guerra. I restanti 480 mila sono
emigrati. È “la più grande catastrofe de-
mografica del paese” secondo “Slobodna
Bosna (Bosnia Libera)”, il periodico che ha
pubblicato i dati governativi. Il nodo cen-
trale resta quello delle identità “etniche”.
Il censimento, non diversamente dal pas-
sato, è stato concepito dai partiti di rappre-
sentanza etnica al potere in modo da esal-
tare le differenze “nazionali” della popola-
zione bosniaca. Erano previste quattro op-
zioni etniche: serbo, croato, bosgnacco, op-
pure “altro” (casella prevista per le dicias-
sette minoranze nazionali). Solo in que-
st’ultima casella si poteva inserire la dici-
tura “bosniaco”, ovvero lo status di chi si
sente semplicemente cittadino della Bo-
snia-Erzegovina e non intende qualificarsi
etnicamente. Analoghe forzature sono sta-
te previste per la dichiarazione di religione
e di lingua. Si tratta di forme d’identifica-
zione basate sulla “logica dei blocchi (etnici)
che blocca la logica”, come scriveva Langer
a proposito del censimento in Sudtirolo. Nel
censimento jugoslavo del 1991, il 43,7%
degli abitanti si era dichiarato musulmano
(bosgnacchi dal 1992), il 31,3% serbo, il
17,3% croato. Jugoslavi e altre “nazionali-
tà” risultavano il 7,7%. I primi macro-dati
ufficiali a proposito del peso specifico dei
tre principali gruppi nazionali registrano:
48,4% di bosgnacchi, 32,7% di serbi, 14,6%
di croati e 4,3% di “altri”. Dopo oltre venti
anni dall’inizio della guerra, il censimento
fotograferà l’attuale distribuzione della po-
polazione dopo il conflitto, i risultati delle
pulizie e della creazione forzosa di territo-
rio omogenei dal punto di vista della com-
posizione etnico-nazionale.
Fonte: Agenzia statistica di B-E. (5/11/2013)
Rep. di BiH
2013
1991 Differenza Tre entità federali
3.791.622
4.377.033 - 585.411 Totali
2.371.603
...
Federazione di BiH
1.326.991
...
Republika Sprska
93.028
87.627
+ 5.401 Dist. autonomo di Brcko
Località
Sarajevo Cantone
438.443
... + 20.000 ca Federazione di BiH
Banja Luka
199.191
195.692
+ 3.499 Republika Sprska
Tuzla
120.441
131.618 - 11.177 Federazione di BiH
Mostar
113.169
126.628 - 13.459 Federazione di BiH
Bijeljina
114.663
96.988 + 17.675 Republika Sprska
Srebrenica (area)
15.242
36.666 - 21.424 Republika Sprska
1...,13,14,15,16,17,18,19,20,21,22 24,25,26,27,28,29,30,31,32,33,...48
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