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Scritto in collaborazione con l’Humanita-
rian Law Center, Belgrado, School on tran-
sitional justice, 2011, Icty (International
Criminal Tribunal for the former Yugosla-
via) col titolo
Il caso Srebrenica
, docente Du-
san Janovic.
All’inizio del 1992 ci fu un’assemblea nel
Parlamento della Republika Srpska nel
corso della quale furono prese una serie di
decisioni. L’obiettivo principale era, per la
popolazione serba, essere separata dal re-
sto della Bosnia-Erzegovina e per raggiun-
gere questo obiettivo si dovette affrontare il
problema costituito principalmente dalle
municipalità di Zvornik, Bratunac, Srebre-
nica, Vlasenica, Visegrad e Gorazde, che si
trovano tutte nella Bosnia orientale. Per-
ché erano un problema? Perché, a differen-
za di altri luoghi della Republika Srpska, la
popolazione di queste città era prevalente-
mente musulmana. Il risultato fu che si de-
cise di allontanare la popolazione musul-
mana da quell’area. È importante precisare
che in quella fase ancora non esistevano
precisi piani politici per omicidi di massa.
La guerra nella regione di Srebrenica
nel 1992-1994 e la costituzione della zo-
na protetta dalle Nazioni Unite
All’inizio della guerra, ad aprile 1992, la po-
polazione musulmana si ritrovò circondata
dalle forze armate serbe e di conseguenza
fu costretta a confluire in massa a Srebre-
nica. Nel 1992 la popolazione musulmana
di Srebrenica formò un’unità dell’Esercito
della Bosnia-Erzegovina che aveva il com-
pito principale di proteggere la popolazione
di Srebrenica e quella di tutte le città e di
tutti i villaggi vicini che si era dovuta trasfe-
rire a Srebrenica. Tale unità conduceva an-
che attacchi di guerriglia ai villaggi vicini.
Risultò chiaro all’establishment politico-mi-
litare della Republika Srpska che il proble-
ma principale rispetto al raggiungimento
dell’obiettivo di creare una Republika
Srpska autonoma e indipendente era costi-
tuito da Srebrenica. In una lettera inviata
dal presidente Karadzic al suo generale,
Mladic, poi usata come prova davanti alla
giustizia internazionale, egli diede l’ordine
specifico di usare la forza militare contro la
città di Srebrenica.
Visto l’inasprimento della crisi nell’area,
nel 1993, il Consiglio di Sicurezza delle Na-
zioni Unite dichiarò Srebrenica “zona pro-
tetta” (risoluzione 819). Le Nazioni Unite
promossero anche il processo di demilitariz-
zazione, che però non fu mai completato. La
risoluzione 819 prevedeva il divieto di at-
taccare la zona protetta. Negli anni 1994 e
1995 le forze armate della Republika
Srpska hanno violato continuamente que-
sto accordo.
L’inizio dell’operazione “Krivaja 1995”
Quest’operazione fu condotta dalle forze ar-
mate della Republika Srpska nell’area di
Srebrenica dal 3 marzo al 10 luglio 1995.
Dal momento che l’Esercito della Republika
Srpska si era mostrato incapace di costrin-
gere la popolazione musulmana ad abban-
donare la zona protetta, il gruppo dirigente
politico-militare della Republika Srpska de-
cise di avviare l’operazione “Krivaja 1995”;
si trattava di un nome in codice per azioni
militari contro la popolazione musulmana.
L’operazione comprendeva l’intensificazio-
ne degli attacchi per restringere ancora di
più la zona protetta e per ridurre al minimo
gli aiuti alla popolazione. L’Esercito della
Republika Srpska progettava anche l’occu-
pazione di posizioni strategiche all’interno
dell’area di Srebrenica.
All’epoca dei fatti Srebrenica era protetta
da un contingente di caschi blu olandesi.
Durante il corso dell’operazione “Krivaja
95” non arrivò nessun aiuto alla “zona pro-
tetta” di Srebrenica da parte di altri corpi
d’armata dell’Esercito della Bosnia-Erzego-
vina. Anche i soldati olandesi dislocati a
Srebrenica chiesero ripetutamente l’inter-
vento della Nato ma, come sappiamo, tale
aiuto non è mai arrivato. Per questo perio-
do, e fino al 10 luglio 1995, non sono state
trovate prove dell’esistenza di piani per
omicidi di massa.
L’occupazione della zona protetta di
Srebrenica da parte delle forze armate
della Republika Srpska, 11 luglio 1995
Dopo che le forze armate della Republika
Srpska si resero conto che l’operazione
“Krivaja 1995” stava avanzando meglio di
quanto ci si aspettasse, i vertici militari
presero la decisione dell’attacco finale per
occupare tutta la città. In quel periodo,
Mladic e Karadzic stavano perdendo la te-
sta ed erano ebbri di potere, come hanno te-
stimoniato molti generali e persone che
erano loro vicine. Ciò risultò evidente da
due fattori. Innanzitutto smisero di dare
ascolto al loro padrino politico Slobodan Mi-
losevic, del quale fino a quel momento ave-
vano seguito indicazioni e consigli. Il secon-
do punto è costituito dal fatto che il rappor-
to tra Mladic e Karadzic peggiorò in seguito
alla loro permanenza a Srebrenica.
Con minimi sforzi e scarse perdite, le forze
militari della Republika Srpska presero il
sopravvento; iniziarono a usare l’artiglieria
pesante per attaccare Srebrenica dal villag-
gio di Skelani, sulle colline. Quando entra-
rono a Srebrenica, la popolazione cercò di
fuggire dirigendosi verso la base delle Na-
zioni Unite, a Potocari. A Srebrenica i mili-
tari serbi fecero saltare in aria le moschee
e distrussero qualsiasi edificio identificabi-
le come musulmano.
Durante il giorno i civili musulmani venne-
ro rassicurati dai soldati serbi sul fatto che
avrebbero potuto lasciare l’area protetta in
sicurezza, ma nel corso dell’11 luglio alcuni
singoli soldati delle forze militari della Re-
publika Srpska iniziarono ad assassinare a
caso alcuni dei civili musulmani rifugiati a
Potocari. Non si può ancora parlare dell’esi-
stenza di un piano, gli omicidi erano casua-
li, eseguiti da singoli soldati. I militari delle
Nazioni Unite riuscirono a salvare un pic-
colo numero di civili, facendoli entrare nel
perimetro della base Onu che però, secondo
gli olandesi, non era abbastanza grande e
quindi lasciarono il resto della popolazione
di Srebrenica fuori dalla base.
Incontri tra i militari della Republika
Srpska e Unprofor e tra militari della
Republika Srpska, Unprofor e la popo-
lazione civile musulmana di Srebreni-
ca, nei giorni 11 e 12 luglio 1995
Il tenente Karremans, al comando dei ca-
schi blu olandesi, organizzò un primo in-
contro con il generale Ratko Mladic, la sera
dell’11 luglio 1995, per discutere sulla si-
tuazione a Potocari e su come evacuare in
sicurezza i civili. Esistono alcune riprese vi-
deo dalle quali si vede chiaramente come
Mladic dominasse l’incontro e come il te-
nente Karremans avesse paura. Nel corso
dell’incontro Mladic garantì a Karremans
che non ci sarebbero state vittime civili se i
musulmani avessero acconsentito al nego-
Intervento di Nemanja e Zarko Zekic di Adopt, Srebrenica
Srebrenica 1992-1995
Il Centro identificazione di Tuzla
A Tuzla ha sede il Centro d’identificazio-
ne Icmp-Pip (Commissione Internaziona-
le per le Persone Scomparse-Podrinje
Identification Program), promossa dagli
Usa (1996) e sovvenzionata dalla comu-
nità internazionale. Il Centro di Tuzla ha
il compito di dare un’identità alle vittime
riesumate del genocidio di Srebrenica. Il
dna dei “resti” è confrontato con il dna
dei parenti delle vittime. Dopo l’interra-
mento nelle “fosse comuni primarie” per
occultare le prove, le fosse furono infatti
riaperte dai miliziani, i corpi smembrati
con trattori e di nuovo nascosti in tante
“fosse comuni secondarie”, sparse in tut-
ta la Bosnia orientale.
In totale, al luglio 2013, il Centro di Tu-
zla ha identificato circa 14.000 vittime
della guerra in BiH. E tra queste circa
7.000 risultano uccise a Srebrenica, degli
8.372 scomparsi denunciati ufficialmente
dai parenti. Al Centro di Tuzla sono con-
servati ancora 1.500 sacchetti di plastica
contenenti i resti di circa un migliaio di
vittime, parzialmente ricomposte o non
ancora identificate, estratte dalle fosse
comuni. Le analisi proseguiranno per
due o tre anni ancora.
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