Cari amici,
vogliamo credere che stiate tutti bene e che siete tornati a respirare con più leggerezza. La situazione qui da noi è molto migliore rispetto alla vostra, però nell’aria si avverte comunque una specie di pesantezza e di incertezza.
Siamo con voi con tutto il cuore. Sappiamo che molti hanno perso parenti, amici, persone care. Abbiamo ricevuto con grande tristezza la notizia della morte di Carlo, persona a noi tanto cara; non eravamo preparati ad accettare il fatto che non l’avremmo visto più. Mancherà tanto a noi, ma anche a Sena, Edina e alle tante persone per le quali era un grande amico.
I ragazzi stanno bene. Stiamo provando a vivere e a lavorare nel modo più normale possibile, ma sicuramente avremo bisogno di tanto tempo per abituarci a rispettare le tante limitazioni che chissà fino a quando saranno in vigore.
Nel Cantone di Tuzla per un mese non ci sono stati contagi, ma già ora ci sono nuovi casi a Tuzla, Zivinice e Gradacac. Piano piano vengono tolte le restrizioni, ma il numero dei contagiati è già iniziato a crescere. Per alcuni giorni il numero dei contagiati è rimasto sotto i dieci, ora sono già 28...
Per ora la situazione non è ancora allarmante e speriamo che così rimanga.

Qualche giorno fa, anche se in modo diverso, è stato ricordato il venticinquesimo anniversario del massacro della Kapija, la piazzetta del centro di Tuzla, quando nella Giornata della gioventù, e del compleanno di Tito, vennero uccisi 71 giovani. Anche quest’anno la tristezza era percepibile in tutta la città.
Enam e Nihad sono stati a Srebrenica. Il tempo è brutto, piove e fa freddo. Quest'anno saranno 25 anni dal genocidio di Srebrenica. A causa della situazione legata al Coronavirus, la tradizionale Marcia della pace sarà diversa: parteciperanno solo cento persone che quella traversata, nel 1995 la fecero e che sono sopravvissute.
Per la prima volta verrà allestita una mostra del pittore bosniaco Safet Zec, intitolata “Exodus”.
Nei villaggi la gente vive in modo molto più rilassato rispetto a quanto accade in città e, di conseguenza, quando qualcuno della nostra squadra si presenta con la mascherina, lo guardano come se fosse un alieno. Ciononostante, mai come quest’anno tutti hanno tentato di rispettare le misure e le regole, a spaventarli era la fame.
Grazie ad Adottando e ad Affido per Affido (associazioni che hanno adottato a distanza i bambini segnati dalla guerra in Bosnia), li stiamo aiutando e in questi giorni stiamo provvedendo ai mezzi necessari per l’irrigazione e per le serre. Dato che hanno riaperto i centri commerciali, confidiamo di completare gli acquisti e portarli alla famiglie entro la settimana prossima.

In questi tempi di incertezze, attesa e ricordi dolorosi, legati al nostro -non tanto lontano- passato, ho riletto la lettera di Alexander Langer a San Cristoforo, tradotta da Liliana (la Fondazione Alexander Langer prepara una pubblicazione in lingua bosniaca e la lettera ne farà parte).
Per l’ennesima volta, questo uomo strordinario mi ha costretto a riflettere. Durante la guerra continuavamo a ripetere che, una volta finita, sarebbero cambiate molte cose nella nostra vita, perché la guerra ci avrebbe “insegnato” quali sono le cose importanti e che le cose materiali non possono sostituire quei piaceri che possiamo trovare nei piccoli gesti quotidiani, perfino nel pane fatto in casa.
Purtroppo, in realtà, nulla è cambiato: anche oggi è considerato fondamentale avere la casa, il cellulare, i vestiti griffati...  Ora stiamo sentendo le stesse frasi, le stesse storie e non solo da parte dei bosniaci e però...
Speriamo sinceramente di vedervi presto. Dobbiamo...