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Critica della violenza. Bompiani/1966
Sul despotismo burocratico
Caffi Andrea
Da Lenin, il pensiero torna indietro ai suoi legittimi antenati, i Giacobini. Si sa quanto Albert Mathiez ammirasse Robespierre e l'opera dei Giacobini. Tuttavia, egli non può fare a meno di constatare con tristezza che la dittatura del Comitato di salute pubblica non potè stabilirsi fermamente, nell'aprile 1794, che sopprimendo il tessuto di autonomie comunali e dipartimentali che la Costituzione del 1791 aveva messo in vigore e che la Costituzione repubblicana aveva — teoricamente — rafforzato. Le necessità della lotta contro gli eserciti stranieri e contro la Vandea all'interno costrinsero i Montagnardi del 1793 a ritornare ai metodi di Richelieu e dei trentasei intendenti di Luigi XIV, così come il blocco della Russia da parte della Francia e dell'Inghilterra, unito all'appoggio dato da queste potenze all'insurrezione dei generali "bianchi" dovevano rendere urgente — secondo la lucida espressione di Trotzki — la sostituzione di un "apparato di governo indipendente dalle masse" ai Soviet... Di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Sulla nozione di diritto
Caffi Andrea
Il fatto è là nella sua "materialità" naturale e storica: degli organismi in stato d'eccitazione hanno speso una certa quantità di energia, subendo una certa alterazione fisiologica; l'aria è stata smossa da vibrazioni sonore, uno o più rapporti fra persone nei quali un'esistenza sociale assumeva un aspetto "normale" hanno subito una trasformazione più o meno violenta e certe attività (per esempio una forma di collaborazione domestica) si sono fermate o modificate; un certo numero più o meno grande di persone è stato influenzato dal mutamento, le une per un momento, le altre forse per tutta la loro vita, dall'episodio in questione. Tutto questo finirà forse nel modo più banale con una breve seduta in pretura; ma forse ne nascerà una tragedia comica come la "Disputa di Ivan Ivanovitch con Ivan Nikiforovitch", oppure una lunga catena di vicissitudini, come quella del processo "Jarndyce e Jarndyce", in Bleak House di Dickens. ... Di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Borghesia e ordine borghese
Caffi Andrea
c'era poi la classe contadina (specie in Francia, in Svizzera, in Scandinavia, dove i contadini erano proprietari): il Manifesto dei comunisti evita manifestamente di classificarla con precisione, e più tardi i marxisti diranno semplicemente che è una classe che deve sparire; ma i primi kolkhoz non sorgeranno che nel 1931, in un paese senza borghesia; ed è ancora sui contadini che oggi si sostiene la "reazione clericale" di Adenauer, di De Gasperi, di Bidault. Infine, visto che la distinzione fra upper e lower middle class era assolutamente evidente, si è ficcato alla rinfusa nel purgatorio della "piccola borghesia" tutto quello che non si adattava allo schema grandioso dell'antagonismo borghesia-proletariato... Di Andrea Caffi

Critica della violenza. Bompiani/1966
Intorno a Marx e al marxismo
Caffi Andrea
Tutti questi discorsi e queste digressioni per concludere che quasi tutte le scuole socialiste del 1848 si pretendevano 'scientifiche' quanto il marxismo. D'altra parte, tutti i temi principali del Manifesto dei Comunisti sono ricavati da 'precursori': l'idea che la storia è storia di lotte di classe dagli storici francesi della Restaurazione; la serie schiavo-servo-salariato dalla dottrina di Saint Simon; la necessità di dare alla lotta di classe una forma politica e di fare democrazia il trampolino della rivoluzione sociale da Victor Considérant; e via dicendo. Engels ha rivendicato per Marx un posto accanto a Copernico e a Darwin in quanto egli avrebbe scoperto e dimostrato rigorosamente il meccanismo della storia umana: come i pianeti girano attorno al sole, così tutta la vita collettiva degli uomini è imperniata sulla tecnica e i suoi progressi; come l'uomo discende dalla scimmia, così il socialismo deriva dal capitalismo… di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Mito e mitologia
Caffi Andrea
Per il solo fatto di esser messo in forma di racconto o di simbolo, il mito esclude dall'esistenza nel mondo gli esseri, gli eventi, le norme di condotta, le possibilità di successo, le catastrofi, eccetera, che costituiscono il suo contenuto: son tutte cose che sono accadute nel mondo "quando io non esistevo", o che accadono in un mondo diverso da quello nel quale "io esisto". Tuttavia, io ne partecipo, voglio e devo parteciparne, ma secondo modalità assai diverse da quelle dell'azione o dell'" impegno" in virtù del quale peno per sussistere, coopero (o litigo) con i miei simili, lotto contro la natura, e via discorrendo... di Andrea Caffi

Critica della violenza. Bompiani/1966
"Homofaber" e "homo sapiens"
Caffi Andrea
quella che Marx chiama "la produzione sociale della loro esistenza" da parte degli uomini. Vi si constatano infatti dei rapporti "determinati e necessari". Marx aggiunge "indipendenti dalla loro volontà", il che sembrerebbe sottintendere una distinzione fra una facoltà di decisione assoluta, spontanea, della coscienza, che sola meriterebbe il nome di "volontà", e le volontà disciplinate, canalizzate, coordinate che si manifestano regolarmente nell'attività degli uomini organizzati in società. Per rendere più precisa l'analisi, bisognerebbe forse distinguere in concreto, secondo propone Georges Gurvitch, fra rapporti di comunione, di comunità e di massa... Di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Divagazione sugli intellettuali
Caffi Andrea
Nell'apprezzamento dei fatti dello spirito, l'atteggiamento di Lenin coincide perfettamente con la frase attribuita a un giudice giacobino: "La rivoluzione non ha bisogno di scienziati." Prima del 1917, i bolscevichi sarebbero difficilmente stati ammessi in quell'"ordine" che era l'intellighentsia russa, mentre non si esitava a riconoscere che uomini come Kropotkin e Plekhanov vi appartenevano di pieno diritto. Un mio amico, che era stato corrispondente a Sofia durante la prima guerra balcanica, mi raccontava che fra i giornalisti c'era Trotski, inviato dalla Kievskaia Mysl; ma si teneva in disparte dagli altri (fra i quali c'erano uomini come Ossorghin e Nemirovich-Dancenko), e gli altri preferivano che così fosse: "Noi eravamo là per vedere e informare il meglio possibile, lui condiscendeva a fare quel mestiere; lo faceva, bisogna dirlo, in maniera brillante, ma teneva a rammentarci (e a rammentare ai suoi lettori) che la sua vera missione era 'di cambiare il mondo, non di conoscerlo'". ... Di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Sull'educazione
Caffi Andrea
Ai programmi d'educazione obbligatoria e inesorabilmente razionale che Platone ha esposto nella Repubblica e nelle Leggi si fa risalire tutto il sistema occidentale delle scuole pubbliche, cioè controllate e dirette secondo certi criteri d'ideale convenienza per fornire sia un ben addestrato personale di governo sia dei cittadini (o sudditi) ben pensanti. Si suppone, cioè, che l'esempio dell'Accademia avrebbe indicato allo Stato (laico o ecclesiastico) il mezzo di dominare anche le coscienze. Qui, per cominciare, si dimentica che, per rigorosa che fosse la disciplina immaginata da Platone nel suo Stato ideale, la nozione della rigidità di un dogma qualsiasi è del tutto assente dalla sua filosofia... Di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Critica della violenza
Caffi Andrea
La mia tesi è che un "movimento" il quale abbia per scopo di assicurare agli uomini il pane, la libertà e la pace, e quindi di abolire il salariato, la subordinazione della società agli apparati coercitivi dello Stato (o del Super Stato), la separazione degli uomini in "classi" come pure in nazioni straniere (e potenzialmente ostili) l'una all'altra, deve rinunciare a considerare come utili, o anche possibili, i mezzi della violenza organizzata, e cioè: a) l'insurrezione armata; b) la guerra civile; e) la guerra internazionale (sia pure contro Hitler, o... Stalin); d) un regime di dittatura e di terrore per "consolidare" l'ordine nuovo... di Andrea Caffi.

Critica della violenza. Bompiani/1966
Introduzione a "Critica della violenza" di Andrea Caffi
Chiaromonte Nicola
Parlo di Andrea Caffi come dell"'uomo migliore, e inoltre il più savio e il più giusto" che nel mio tempo io abbia conosciuto. Ne parlo per essergli stato amico durante ventitré anni, dal maggio 1932 quando, a Parigi, Alberto Moravia me lo fece incontrare, al luglio 1955, quando morì nella stessa città, e perché alla sua amicizia devo quel che di meglio posso aver acquistato nel corso della mia vita; ne parlo perché penso che le poche tracce scritte della sua personalità che si sono potute conservare o recuperare meritano di essere conosciute, ma d'altra parte hanno bisogno di essere accompagnate da qualche notizia.