Leggo in un giornale l'affermazione categorica: "La burocrazia è il nemico numero uno della democrazia. " Non si potrebbe dir meglio e più brevemente. L'affermazione, e i termini coi quali nell'articolo si denuncia l'" apparato centralizzato di uffici onnipotenti che serve a tutti i regimi e li mina tutti", ricordano da vicino l'ultimo articolo che Lenin dettò nell'autunno 1922, prima della ricaduta che doveva portarlo alla tomba, sull'" Ispettorato operaio e contadino", enorme gerarchla di funzionari istituita per controllare, unificare e mantenere nel retto cammino tutti gli ingranaggi dello Stato sovietico. Con un'asprezza che rivelava un'angoscia profonda, il grande capo della rivoluzione da cui quello Stato era uscito accusava il sistema degli uffici di essersi già incrostato nella routine, nella grinta autoritaria, nel formalismo meticoloso e di soffocare le iniziative spontanee delle forze economiche e sociali, scoraggiando le capacità e le competenze e allontanando ogni giorno di più il governo dal popolo.
Da Lenin, il pensiero torna indietro ai suoi legittimi antenati, i Giacobini. Si sa quanto Albert Mathiez ammirasse Robespierre e l'opera dei Giacobini. Tuttavia, egli non può fare a meno di constatare con tristezza che la dittatura del Comitato di salute pubblica non potè stabilirsi fermamente, nell'aprile 1794, che sopprimendo il tessuto di autonomie comunali e dipartimentali che la Costituzione del 1791 aveva messo in vigore e che la Costituzione repubblicana aveva — teoricamente — rafforzato. Le necessità della lotta contro gli eserciti stranieri e contro la Vandea all'interno costrinsero i Montagnardi del 1793 a ritornare ai metodi di Richelieu e dei trentasei intendenti di Luigi XIV, così come il blocco della Russia da parte della Francia e dell'Inghilterra, unito all'appoggio dato da queste potenze all'insurrezione dei generali "bianchi" dovevano rendere urgente — secondo la lucida espressione di Trotzki — la sostituzione di un "apparato di governo indipendente dalle masse" ai Soviet.
In ambedue i casi l'operazione si compì rapidamente e quasi senza urti, grazie alla lunga abitudine che aveva la nazione a lasciarsi amministrare passivamente da una burocrazia estremamente centralizzata: Pietro il Grande aveva saputo applicare gli stessi princìpi e la stessa tecnica d'oppressione di Colbert e di Louvois.
In Francia, questa restaurazione del centralismo autoritario si è cristallizzata nella Costituzione dell'Anno VIII, le cui invenzioni fondamentali — prefetture e sottoprefetture, statuto dell'esercito, distinzione fra polizia nazionale (Sûreté) e prefettura di polizia (nella quale si accentrano le funzioni della polizia e quelle della prefettura civile a Parigi), controllo fiscale, statuto dell'Università, Banca di Francia, magistratura asservita all'esecutivo, eccetera — hanno sopravvissuto a tre rivoluzioni, due o tre colpi di Stato, quattro ingressi di truppe nemiche a Parigi, dieci cambiamenti o rimaneggiamenti delle leggi costituzionali. L'immobilità politica della Francia contemporanea, il fallimento finale di ogni tentativo riformatore, sono certo dovuti al peso schiacciante di
questa impalcatura essenzialmente dispotica perché essenzialmente fondata sulla potenza imperturbabile dei regolamenti, degli incartamenti e della routine. Né sarebbe giusto tralasciare il fatto che un tale meccanismo, una volta che funzioni regolarmente e con sufficiente imparzialità (o impersonalità), entra nelle abitudini della società e degli individui, i quali collaborano volenterosi al suo buon funzionamento pur di ottenere i vantaggi che esso promette.
L'elogio di tale sistema lo si può trovare in più di un passo del Memoriale di Sant'Elena, e particolarmente in questo: "Bisogna anzitutto arrivare all'unità... L'organizzazione delle prefetture, la loro azione, i risultati erano ammirevoli e prodigiosi. Il medesimo impulso veniva dato, nel medesimo istante, a più di trenta milioni di uomini. I prefetti erano essi stessi dei piccoli imperatori... Nel mio pensiero, la maggior parte di questi meccanismi — precisa Napoleone — non erano che degli strumenti di dittatura, delle armi di guerra... Io non potevo mantenermi al potere che con la forza".
Queste chiare parole fanno subito venire in mente due osservazioni: la prima è che la grande scoperta dei totalitari di sinistra o di destra era stata già fatta da Napoleone imperatore; la seconda è che, se si tien conto del fatto che il sistema napoleo ...[continua]

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