Lettere, rubriche
e interventi


Alfonso Berardinelli
Paolo Bergamaschi
Stephen Eric Bronner
Francesco Ciafaloni
Michele Colafato
Vicky Franzinetti
Vittorio Gaeta
Bruno Giorgini
Wlodek Goldkorn
Giorgio Gomel
Belona Greenwood
Ilaria Maria Sala
Emanuele Maspoli
Gianni Saporetti
Lucetta Scaraffia
Marianella Sclavi
Massimo Tirelli
Michael Walzer

Libertà e malinconia

parole e musica Paola Sabbatani arrangiamenti Daniele Santimone
libretto + cd. Edizioni Una città, 2021 - 32 pagine

PER ACQUISTARE

I Libri di Una Città
Momenti magici Libri
Lisa Giua Foa

Momenti magici

scritti e interviste di Lisa Foa

Ed. Una città, 2023
167 pagine


12,00

Scritti e interviste di Lisa Foa a cent'anni dalla nascita

prefazione di Bettina e Anna Foa
I Libri di Una Città
L'epopea degli scarriolanti Opuscoli
Flavio Casetti, Gianni Sapretti, Lorenzo Cottignoli

L'epopea degli scarriolanti

Intervista a Lorenzo Cottignoli

Ed. Una città, 2022
56 pagine


5,00

"L'epopea degli scarriolanti", intervista a Lorenzo Cottignoli a cura di Flavio Casetti e Gianni Saporetti, pubblicata in due puntate su Una città n. 246 (febbraio 2018) e n. 247 (marzo 2018)

prefazione di Roberto Balzani

I Libri di Una Città
In difesa della cultura Opuscoli
Gaetano Salvemini, Nicola Chiaromonte

In difesa della cultura

Scritti in occasione del Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura

Ed. Una città, 2022
66 pagine


5,00

scritti di Gaetano Salvemini e Nicola Chiaromonte

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L'ultimo numero

Mensile di interviste e foto

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febbraio 2023

In copertina:
foto di Marco Mensa

Nessun diritto alla codardia
appello di R. Glucksmann e J. Y. Pranchère

Il lato oscuro della neutralità
di Slavoj Zizek

Il minimo di benessere
Su immigrazione e demografia
Intervista a Massimo Livi Bacci

Responsabilità e autonomia
Una casa per chi esce dai centri di accoglienza
Intervista sul progetto “Abitamondo”

Chi ha deciso i confini
Breve storia del separatismo del Donbass
di Konstantin Shorkin, da “meduza.io”

I nuovi fascismi
Il “rashism”, 
il nome del fascismo di Putin
di Antonella Salomoni
Il totalitarismo cinese
di Jean-Philippe Béja

Baraye
Iran: una rivolta delle donne
per i diritti di tutti
Intervista a Ahmad Rafat

Per “luoghi”
:
Berlino, quel che resta del muro
servizio fotografico di Jasmine Zanirato

Io spero di essere come lei
L’arrivo in Italia, il lavoro,
la scelta del velo
Intervista a Rkia Artoum

Alfred N. Whitehead,
scopi e metodi dell’educazione

di Alfonso Berardinelli

Salvemini, Croce
e la maestria di Pannunzio...

di Massimo Teodori

In ricordo di Joyce Lussu
di Matteo Lo Presti

Hilary e Jenny...
di Belona Greenwood

E noi non possiamo cambiare?
di Vicky Franzinetti

La Germania “malato” d’Europa...
di Edith Pichler, Neodemos

La visita è alla tomba di Angelo F. Formíggini

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La copertina è dedicata alle vittime dell’ennesimo naufragio di un barcone di immigrati, avvenuto, questa volta, a pochi metri dalle nostre spiagge. E, anche, a tutti coloro che nel mondo ci guardano. Di immigrazione ci parla Massimo Livi Bacci, secondo cui i flussi migratori, da regolare certo, sono inevitabili e assolutamente necessari nell’emergenza demografica (“per ogni figlio non nato, un ragazzo di vent’anni da adottare”); poi raccontiamo una buona pratica in Brianza per l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati, e la storia di Rkia, una giovane marocchina che vive in Romagna, dove ha messo su famiglia, dove vivono anche i genitori, tutti gran lavoratori perfettamente integrati e ben voluti da tutti, e che all’improvviso ha deciso di mettere il velo.

Pubblichiamo un appello di Raphael Glucksmann e Jean-Yves Pranchère che denuncia una sinistra incapace di schierarsi con chi lotta per la libertà, una sinistra che rinnega la lotta per la difesa della Repubblica spagnola e le resistenze europee antifasciste. Siamo stati a un “presidio” per l’Ucraina che l’associazione “Liberi oltre” aveva indetto in ogni città italiana. Ebbene, c’erano centinaia di ucraini e soprattutto di ucraine e una ventina, forse, di italiani. Con la tv che ogni sera ci fa vedere le nefandezze di una guerra imperialista per la conquista della terra altrui e la distruzione del popolo che la abita, com’è possibile che si resti passivi, indifferenti se non addirittura diffidenti e insofferenti? L’antiamericanismo d’accordo, il pacifismo, d’accordo, ma bastano a spiegare? Sul “Corriere” Ernesto Galli della Loggia ha sostenuto che ci deve essere per forza dell’altro, qualcosa che ha a che fare con la nostra storia e con la tempra morale di un popolo. A noi è venuta in mente una frase che ci disse Claudio Pavone, alla fine di un’intervista: “Il disastro è stato l’armistizio”. Ma stavamo uscendo e non c’era più tempo per chiedere cosa avesse voluto dire. Presumibilmente qualcosa a proposito della responsabilità, di cui si era parlato nell’intervista. Sì, forse siamo gente da armistizio, sempre, comunque e con chiunque. Da qui una specie di astio da invidia verso gli ucraini e la loro forza morale? Può essere?
La responsabilità poi, e ce lo ricorda Zizek nell’articolo “Il lato oscuro della neutralità”, riguarda anche le opinioni che ci facciamo, le parole che diciamo, casomai a cuor leggero perché seduti su un divano di fronte alla tv (e infatti l’accusa sprezzante ai “fautori delle armi” è quella di essere gente cui piace “far la guerra dal divano”). Attenzione, però, perché questa guerra, oltre che dall’eroica tenacia degli ucraini, sarà decisa proprio “dai divani” del resto del mondo, e in particolare dai nostri, quelli del campo democratico. Trump ha già parlato e Putin conta soprattutto su di noi, che siamo oggetti di sondaggi e ogni tanto andiamo pure a votare. Quindi assumiamoci la responsabilità di quello che pensiamo e diciamo, perché avranno conseguenze molto pratiche e durature per tanti.
Infine: su questa rivista abbiamo sempre chiamato fascismo sia quello di Putin che quello di Xi, perché pensiamo non ci sia un’altra parola per definire quei regimi: monopartitismo per legge o nei fatti, uso sistematico della violenza e della coercizione, culto della personalità, controllo statale di un’economia capitalistica, bavaglio all’informazione, e poi nazionalismo e persecuzione delle minoranze, demonizzazione di presunti nemici interni ed esterni, disprezzo per i valori liberali e democratici, oscurantismo e odio per gli omosessuali, eccetera. Che altro serve? Antonella Salomoni per la Russia e Jean-Philippe Béja per la Cina ci raccontano come ormai la consapevolezza che ci troviamo di fronte a regimi fascisti si stia diffondendo. E riguardo al terzo fascismo, quello verde, Ahmad Rafat, ci racconta come la rivolta partita dalle donne, che non si è piegata neanche di fronte a una repressione feroce, stia minando le fondamenta del regime iraniano.

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I NUOVI FASCISMI

Partiti unici o dominanti, uso sistematico di coercizione e violenza, controllo totalitario dei cittadini, culto della personalità del capo, controllo statale di un’economia capitalistica e poi odio per i valori liberali incarnati dalle democrazie, oscurantismo religioso, repressione delle minoranze etniche e Lgbt. Cosa ci vuole per definirli regimi fascisti? Pubblichiamo gli interventi sul tema al 900fest di Antonella Salomoni, sulla Russia, di Jean-Philippe Béja, sulla Cina.

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BARAYE

Alcuni minorenni uccisi durante le manifestazioni in Iran (Amnesty International)

Una rivolta scoppiata all’indomani della morte di una giovane donna curda, che dura ormai da diversi mesi e che, a differenza del passato, sta coinvolgendo grandi città e piccoli paesi, ricchi e poveri, giovani e vecchi, di etnia persiana, curda, belucia, turca, turcomanna, guidata dalle donne per i diritti di tutti, che continua malgrado la feroce repressione; Il ruolo dei social e i primi segni di cedimento di un regime corrotto irriformabile. Intervista ad Ahmad Rafat.

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DONNA VITA LIBERTA'

foto di Miki Jourdan/CC

Le massicce proteste in Iran, alimentate dall’audacia di giovani donne e bambini, affondano le radici in oltre un secolo di lotte; la questione del genere, dalla proibizioni del velo ma anche dell’omosessualità da parte dello Scià all’obbligo del velo, ai matrimoni precoci, al divorzio facile per i maschi, introdotti dalla rivoluzione islamica; le feroci guardie della rivoluzione che hanno in mano l’economia. Dal sito di “Dissent”, un saggio di Janet Afary e Kevin Anderson.

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LA QUESTIONE TEDESCA

A fine Ottocento, nel cuore d’Europa un sistema di regni divisi si unifica e nasce una potenza continentale che, per dimensioni economiche e demografiche, sbilancia tutto il continente; la questione tedesca: un paese troppo grande per essere uguale agli altri e troppo piccolo per svolgere un ruolo egemone; il rapporto con il passato, ormai risolto, e una Germania che oggi preoccupa più per la sua debolezza che per la sua forza. Intervista a Angelo Bolaffi.

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UNA SINISTRA SENZA OPERAI?

Intervento di Michael Walzer

Intervento tenuto al 900fest svoltosi a Forlì negli ultimi giorni di ottobre, con il titolo “Il populismo di destra e la socialdemocrazia. Comparazione e differenze”. Leggi di più

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Pensieri censurati

Una satira spietata dell’ondata oscurantista, questa volta proveniente da sinistra, contro la letteratura del passato, accusata di razzismo, sessismo, classismo e di quant’altro; un desiderio di censura, questa volta “progressista”, che ricorda tempi andati e da cui non si salva nessuno dei capolavori del passato, neppure Shakespeare. Di Stephen Eric Bronner. Leggi di più

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IN MEMORIA

Clotilde Pontecorvo

Una cara amica, Clotilde Pontecorvo, ci ha lasciato. La ricordiamo ripubblicando un suo intervento del 1995 su come “insegnare Auschwitz” a scuola, e con le testimonianze di Vittoria Gallina e Lucia Giovannini, che ripercorrono il suo insegnamento pedagogico.
Questa, invece, è l'ultima intervista che ci ha concesso, pubblicata nel n. 278, dal titolo "Insegnare a fare le domande"

Giovanni Mottura

Il 3 ottobre Giovanni Mottura ci ha lasciato. Pubblichiamo il ricordo dell’amico Stefano Boffo e brani dell’intervista, ancora inedita, che ci concesse, in più riprese, nei mesi passati; l’intera intervista verrà pubblicata in un libretto dedicato.

Il sud di Dolci e la Fiat di Panzieri
intervista, inedita, a Giovanni Mottura

Learco Andalò

Il 1° ottobre ci ha lasciato Learco Andalò. Ci eravamo conosciuti intervistandolo sulla sua vicenda politica legata a quella di Magnani e Cucchi. Era un fedele abbonato della rivista.


L’ultimo dei magnacucchi
Intervista a Learco Andalò
 

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IL CUORE DELL'EUROPA

Ricordiamoci che gli ucraini nel 2014 scesero in piazza con le bandiere dell’Unione europea; ora lì è in gioco l’avvenire dell’Europa per i prossimi decenni; oltre al sostegno militare, a sanzioni più efficaci, è decisiva l’entrata dell’Ucraina nella Ue; la necessità di una forte difesa europea a fronte del fascismo espansionista russo e quella di liberarsi della mentalità da puri “consumatori”, innanzitutto nei rapporti con la Cina.
Intervista a Raphaël Glucksmann. Leggi di più

La nostra Ucraina

L’invasione russa ha costretto persone pacifiche, gente comune, a rischiare la propria vita. In tanti stanno combattendo perché credono in un’Ucraina che sappia accogliere tutti i suoi cittadini e riconoscere i loro diritti.
Intervento di Michael Walzer. Leggi di più

Una guerra giusta?

Due mesi fa, quando ho scritto “Una lettera da Kiev alla sinistra occiden­tale”[NdR: articolo pubblicato su “Dissent” e uscito anche nel n. 282 di “Una città” con il titolo “Noi vi opporremo resistenza”] speravo che lo shock provocato dall’invasione russa e le voci della sinistra ucraina avrebbero spinto la sinistra occidentale a ripensare al proprio approccio. Sfortunatamente, sono troppi quelli che non ci sono riusciti. Intervento di Taras Bilous.Leggi di più

Fra Putin e la democrazia liberale

Il necessario sostegno, anche militare, della Nato a un’Ucraina che deve difendersi dall’invasione ingiusta e brutale e, insieme, la prudenza nell’evitare una precipitazione possibile in una guerra generale, potenzialmente anche nucleare; le sanzioni da inasprire, ma anche il rischio di conseguenze che potrebbero minare la solidarietà agli ucraini; il problema delle sinistre rispetto alla Nato e il paragone con l’Iraq.
Intervista a Jeff C. Isaac. Leggi di più

l'altra tradizione

Scelgo l'Occidente

"Nel corso dell’ultima guerra non ho scelto, dapprima perché ero un socialista rivoluzionario trotzkista, in seguito perché mi stavo trasformando, in particolar modo dopo la bomba atomica, in un pacifista. Ma ora nessuna di quelle due posizioni mi appare valida"
Per il "reprint" del n. 283, un testo di Dwight Macdonald.

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Marca, terra di confine

"Volevo parlare dell’Ucraina. Per molti l’Ucraina -trentacinque milioni di uomini- non esiste neanche!"
Per il "reprint", una lettera di Andrea Caffi a Prezzolini presumibilmente nel 1915.

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pagine di storia

HOLODOMOR

bambina affamata di Kharkiv

Lo sterminio per fame di milioni di ucraini, voluto da Stalin, per imporre la collettivizzazione della terra; la criminalizzazione dei contadini, a cui fu impedito per legge di tenere per sé anche poche spighe di grano e che, già debilitati, furono oggetto, durante le sistematiche perquisizioni, di violenze e torture; gli atroci effetti della fame. Pubblichiamo alcuni brani tratti da “La grande carestia” di Anne Applebaum (Mondadori, 2019). Leggi di più

la guerra in Ucraina

Ucraina, l'invasione e il futuro

Le bombe cadono su Kharkiv e su Kiev in ciò che è diventato il più grande e sanguinoso conflitto che l’Europa abbia sperimentato sin dalla Seconda guerra mondiale. Sono circa duemila gli ucraini uccisi o feriti, un po’ meno i russi, e presto saranno centinaia di migliaia quelli che diventeranno rifugiati. Il Presidente Vladimir Putin ha circondato l’Ucraina con 190.000 truppe, un primo passo per ricreare la posizione russa di superpotenza e la vecchia sfera di influenza sovietica.
Intervento di Stephen Eric Bronner (1 marzo)

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Bandiere

Cari amici,
vi mando poche righe che ho scritto ieri, anche se dopo questo fine settimana mi direte che colleziono manifestazioni. Sarà per nostalgia.
La terza a cui sono andato con Silvia, ieri, è stata quella degli ucraini di Roma a Piazza della Repubblica, che si è poi trasformata in corteo fino ai Fori.
Lettera di Umberto Cini

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Mi scopro sempre più europeista

Se scoppia una guerra vera, l’Occidente potrà fornire sostegno morale, politico e diplomatico agli ucraini, e ovviamente rifornimenti militari; ma non potrà impegnarsi direttamente militarmente contro una potenza nucleare; l’auspicio che, come avvenne nel 1936 per la Spagna, nasca una brigata internazionale che si unisca all’esercito ucraino... Le rinnovate speranze sull’Europa e la crisi della democrazia americana.
Intervista a Michael Walzer.

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L'Ucraina esiste, eccome...

una lettera di Andrea Caffi a Prezzolini del 1915 (conservata nel fondo Caffi della Biblioteca Gino Bianco-Fondazione Lewin) in cui, per smentire un articolo apparso su "La Voce", fa una precisa disamina dei motivi per cui l’Ucraina è una nazione e gli Ucraini un popolo.
(Andrea Caffi, nato in Russia da genitori italiani immigrati, socialista libertario, volontario nella Prima guerra mondiale, nella sua vita ebbe modo di conoscere le carceri zariste e leniniste in Russia e quelle naziste in Francia. Era un grande studioso di storia bizantina e del mondo slavo).

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MEMORIAL

 

L’infanzia in una famiglia ebraica molto politicizzata, i primi ricordi legati alla morte di Stalin e al ‘disgelo’, la frequentazione con i dissidenti e i codici inventati per non far sapere che si leggevano libri proibiti, la lettura di Arcipelago e la decisione di raccogliere la voce dei sopravvissuti e quindi l’impegno nell’associazione Memorial, fondata da Sacharov, che dopo tanti anni di tenace impegno è oggi a rischio chiusura. Intervista a Irina Lazarevna Scerbakova.
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in memoria

in memoria
Chiara Frugoni ci ha lasciato. Già docente di Storia medievale all’Università di Roma II, esperta stimata in tutto il mondo per gli studi su san Francesco e santa Chiara e sul ciclo di Giotto di Assisi, fu degna allieva del padre Arsenio, grande storico. La ricordiamo con rimpianto.
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Chiara Frugoni (Pisa, 4 febbraio 1940 – Pisa, 9 aprile 2022)

Le interviste a Chiara Frugoni

QUEI LUMINI

pagine di storia
Una città n. 65/1998

COSA INTENDI DIRE?

ricordarsi
Una città n. 78/1999

LE CHIAVI DI PIETRO

pagine di storia
Una città n. 91/2001

GIOIA, MOLTO POCA

pagine di storia
Una città n. 118/2004

IN LAMBRETTA
COL BABBO

storie
Una città n. 211/2014

una nuova iniziativa delle edizioni Una città

Libertà e malinconia

parole e musica di Paola Sabbatani - arrangiamenti di Daniele Santimone
libretto + cd. Edizioni Una città, 2021 - 32 pagine

Aspettative e sogni delusi, perché qualcosa, nell’idea, non ha funzionato, eppure il sentire, che resta, di non potersi chiamare fuori. Vite che a volte si incatenano male, senza lasciare vie d’uscita, ma anche la seconda possibilità che c’è e un fidanzato che non scappa quando il peggio arriva.
La ribellione da giovani, i padri ritrovati e il “fare insieme” che dà senso e forza, ma pure stanchezza e desiderio di un “recinto” di pace. Amori impossibili, per età, per sesso e circostanze, tenuti segreti a nascondere la propria vulnerabilità. La lotta contro la sfortuna, così necessaria e spesso anche vittoriosa, ma comunque impari, che lascia nel cuore un fondo di malinconia

PER ACQUISTARE (10 EURO)

Paola Sabbatani, voce
Roberto Bartoli, contrabbasso
Tiziano Negrello, contrabbasso e percussioni
Daniele Santimone, chitarra sette corde e voce

 

per abbonati

Ho bisogno di una persona...

Una legge, quella sulla non autosufficienza, attesa da anni e rispetto alla quale, nella recente legge di bilancio, attraverso i Leps, livelli essenziali, si puntella qualche principio, come la scelta della domiciliarità, che non è soltanto il poter stare a casa, ma un progetto integrato fra le attività della vita quotidiana, compresa la compagnia, il non essere soli, fino al disbrigo delle pratiche burocratiche e all’assistenza sanitaria vera e propria. Intervista a Livia Turco.

per abbonati

La fame di studio

I dubbi su una scuola sempre più vocata all’accoglienza, all’aiuto per gli alunni in difficoltà, e che per rispondere a tale vocazione, ha smesso di chiedere agli studenti di fare fatica, di offrire loro obiettivi ambiziosi; la convinzione che allargare la platea non comporti affatto l’abbassamento di livello; la proposta di una scuola dell’obbligo fino a 16 anni uguale per tutti e di alto livello dove anche il futuro falegname impari il latino. Intervista a Paola Mastrocola.

archivio

Il supermercato dell'energia

La situazione del Kazakistan, ricchissimo di risorse energetiche e non solo, che, a causa della politica predatoria delle sue classi dirigenti, ha ridotto la popolazione alla fame; l’ambizione di Putin: un’Unione economica euroasiatica, speculare all’Unione europea; l’urgenza per l’Europa di ridisegnare il proprio ruolo prima delle elezioni americane del 24, nel dilemma tra allargamento e integrazione; la crisi, grave, della Bosnia. Intervista a Paolo Bergamaschi.

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foto di Nasa Earth Science/CC

Sono stati Karl Polanyi e Keynes, suo contemporaneo, a sostenere che il mercato capitalistico, senza un intervento lungimirante della politica e dello stato, non è in grado di “tenere insieme” la società; la strada maestra di un liberalismo inclusivo, riformista, da contrapporre sia alla via del “lasciar fare” al mercato, cara a conservatori e privilegiati, così come a qualsiasi idea di rivoluzione; l’illusione di un nuovo Trentennio glorioso. Intervista a Michele Salvati.

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Insegnare
a fare le domande

foto di Guia Biscàro

L’inadeguatezza dell’attuale sistema di formazione degli insegnanti, in particolare delle secondarie, che tradisce l’idea, ancora invalsa, che basti conoscere una materia per saperla insegnare; le figure del tutor e dell’insegnante accogliente, che vanno tuttavia potenziate; il problema della motivazione e del rapporto scuola-università; il rischio, grave, di sprecare l’enorme potenziale delle nuove leve. Una conversazione tra Clotilde Pontecorvo e Anna Lona.

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Veni foras

Immagine tratta da Jacob Ruf: De conceptu et generatione hominis, 1554

Nella scena del parto medievale, affollata di donne, con i mariti fuori a pregare che sia un maschio, centrale è la figura dell’ostetrica; le storie dei miracoli e i testi medici e giuridici, fonti preziosissime; la vicenda del parto cesareo, che viene adottato originariamente per estrarre il bambino dalla madre già morta, per salvare l’anima del neonato o, più spesso, per trasferire l’eredità dalla madre al padre. Intervista ad Alessandra Foscati.

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domande

a Tiziana Dal Pra
n. 277
Luciano Benadusi
e Oreste Giancola
n. 277


Siamo destinati a una sempre maggiore centralizzazione?
E che fare?

Intervista
a Marco Cammelli
n. 275

Recovery fund: l'occasione per un cambiamento radicale della società?
Intervista
a Salvatore Biasco
n. 271

Identità di genere,
un'identità a testa?

Un webinair dal titolo: “Il ddl Zan: cosa c’è in gioco?”
e un'intervista a Francesca Izzo

n. 275

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La quarta rivoluzione

Dopo la copernicana, la darwiniana, la freudiana, internet; perché internet non è un aggiornamento di Gutenberg, ma un vero e proprio nuovo habitat, fondato sulle relazioni, sulla rete e i suoi nodi, dell’esigenza di un progetto comunitario umano basato sul verde e il blu, sull’ambiente e sul digitale e sulle tre “C”: coordinamento, collaborazione, cooperazione.
Intervista a Luciano Floridi.
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Disuguaglianze
e scuola

Nonostante le speranze riposte nell’istruzione pubblica come “great equalizer”, l’evidenza ci dice che la scuola riesce a combattere le disuguaglianze solo in alcuni casi e date alcune condizioni, tra cui sicuramente un’alta spesa pubblica, ma anche un solido curriculum comune; i rischi sottesi ai concetti di merito ed eccellenza e il dibattito sorto sulle competenze e attorno alla domanda: a cosa serve la scuola? Intervista a Luciano Benadusi e Orazio Giancola.

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Cosa ci fa lì l'imam?

Il problema dei matrimoni combinati era evidente da anni, chi si impegna con gli immigrati vedeva sparire all’improvviso le ragazze, ma, soprattutto a sinistra, non si è mai voluto affrontare il problema per evitare l’accusa di islamofobia; il rischio che i diritti delle donne vengano considerati un patrimonio solo occidentale; il dramma di un’adolescente che si rivolge alle autorità italiane e queste chiamano i genitori. Intervista a Tiziana Dal Pra.

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Contro ogni dittatura

Roselyne Chen
In lotta contro le dittature
Il Congresso per la libertà della cultura (1950-1978)
Ed. Una città, 2021 - 216 pagine

Roselyne Chenu è stata testimone diretta, dal 1964 al 1975, partecipando a numerose (e pericolose) missioni all’estero, delle vicende del Congresso per la libertà della cultura, che vide impegnati, tra i tanti altri, Raymond Aron, Arthur Koestler, Arthur Schlesinger, Louis Mercier Vega e, in Italia, Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte; le sue memorie vengono ora pubblicate in italiano in collaborazione con l’Associazione “Amici di Nicola Chiaromonte”.

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di carcere

Ma poi si incontrano
di nuovo, vero?

intervista ad Amedeo Savoia

Essere un po' rivoluzionari
per fare le cose normali

intervista a Carmelo Cantone

Il sonetto in carcere
intervista ad Edoardo Albinati

Il cesto marcio
Intervista a Michele Passione

La pena della lettura
Intervista a Stefania Amato

(foto di Alessio Duranti)

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Israele
e i territori

La questione demografica
Intervista a Davide Lerner

Ma noi già ci parliamo!
Intervista a
Manuela M. Consonni

Interventi

Eccezione

Le origini del discorso sulla arretratezza dell’Est risalgono a una certa retorica comunista, italiana, non ufficiale, ma presente nelle discussioni, conversazioni, nella propaganda insomma. Il Pci, notoriamente, in Italia difendeva la democrazia, il rispetto delle regole del gioco, non elogiava la dittatura del proletariato e simili. Era insomma un partito di sinistra, per il quale l’unica via verso il potere non poteva essere altra che quella parlamentare. Ma allora, come si conciliava il rispetto delle “regole borghesi”, oggi diremmo liberali, con una certa simpatia nei confronti dei regimi dei paesi dell’Europa centrale?

intervento di Wlodek Goldkorn

Il piccolo principe

C’è stato un cambiamento negli ultimi anni: si è passati da oppressi/e, subordinati/e e sfruttati/e a vittime. Nel mondo ci sono delle vere vittime, ma l’essere vittima non dà diritti in quanto tale, anzi è il risultato di averli persi. Mi diceva un mio conoscente che lavora per un’associazione di rifugiati (essendolo stato anche lui) che quando è arrivato lui molti anni fa i richiedenti parlavano delle loro lotte, adesso cercano solo di dire quanto sono vittime. L’occidente compra vittime altrui ed anime di ribelli? L’idea dell’oppressione era legata al cambiamento della relazione e del problema, l’oggetto dell’oppressione.

intervento di Vicky Franzinetti

In questa foto, in piedi da sinistra: Heinrich Blucher, Hannah Arendt, Dwight Macdonald e la sua seconda moglie Gloria Lanier; seduti: Nicola Chiaromonte, Mary McCarthy e Robert Lowell, 1966

Una conversazione che non è finita
Wojciech Karpinski

Appunti sulla politica antitotalitaria in italia - seconda parte
Massimo Teodori

Muska carissima...
Nicola Chiaromonte

L'inserto sull'altra tradizione

Nelle pagine al centro, in via eccezionale riproponiamo l’inserto dell’Altra tradizione. Non potevamo ignorare un avvenimento che aspettavamo da anni e a cui amici come Gino Bianco e Wojciech Karpinski, e ovviamente Miriam Rosenthal Chiaromonte, avevano dedicato l’impegno di una vita: quello di far conoscere in Italia l’opera e la vita di un intellettuale militante come Nicola Chiaromonte, famoso in Polonia e negli Stati Uniti e pressoché sconosciuto in Italia. Il motivo lo conosciamo: in Italia era proibito essere antitotalitari e di sinistra contemporaneamente. L’uscita del Meridiano Mondadori con una raccolta dì saggi sancisce la fine di un boicottaggio vergognoso. Siamo orgogliosi di avere dato una mano a Gino Bianco a Wojciech Karpinski e a Miriam Chiaromonte in questa dedizione, i cui frutti, purtroppo, nessuno di loro ha potuto raccogliere. Nell’inserto ripubblichiamo l’intervento “Una conversazione che non è mai finita”, che Karpinski tenne al convegno dedicato a Chiaromonte organizzato da “Una città” nel lontano 2002. Ricordiamo i partecipanti, da Enzo Golino, che purtroppo non c’è più, a Irena Grudzińska Gross che in fuga dalla Polonia trovò, come tanti altri polacchi, rifugio in via Ofanto; a Ugo Berti, il primo a pubblicare per il Mulino testi di Chiaromonte; a Pietro Adamo, Gregory Sumner, Marino Sinibaldi. Ricordiamo la soddisfazione di Gino Bianco per il fatto che, con quel convegno, avevamo scongiurato un tentativo della destra di “impossessarsi” di Chiaromonte. Pubblichiamo inoltre la seconda puntata degli “appunti sull’antitotalitarismo italiano” di Massimo Teodori.

in memoria

Ricordiamo Giorgio Bacchin

Giorgio Bacchin, uno dei fondatori della nostra rivista, dopo un mese di ricovero in ospedale per un’emorragia all’aorta, quando sembrava ormai fuori pericolo, è morto nella notte fra il 26 e il 27 novembre. Aveva 65 anni.

Giorgio Bacchin (a destra) e Gianni Saporetti (foto di Fausto Fabbri, 1999)

La prima volta che andai a Firenze a intervistare Michele Ranchetti, non ero ancora entrato nella casa che mi chiese: “Come sta Giorgio?”. Io sapevo solo che era stato suo professore all’Università di Firenze, dove Giorgio si era laureato con una tesi sul Guicciardini, ma rimasi sorpreso che si ricordasse così di un suo studente di più di vent’anni prima. E non solo lo ricordava, ma sapeva delle sue vicissitudini e anche che collaborava alla rivista. Mi disse che era stato uno degli studenti più intelligenti che avesse avuto.

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In memoria di Jovan Diviak

Lo scorso 8 aprile 2021 è morto a Sarajevo Jovan Diviak, generale serbo che si schierò con i bosniaci e difese la sua città durante l'assedio. Lo ricordiamo con un'intervista che gli avevamo fatto nel 1995 e una lettera da lui scrittaal Presidente della Bosnia Erzegovina, Alija Izetbegovic, nel 1998.

 

SARAJEVO, MAGGIO 95

storie
Intervista a Jovan Diviak.

Probabilmente lei conosce i comandanti che circondano e bombardano questa città.
E’ un fatto molto triste, che si aggiunge agli altri dolori: ma fra quelli che dalle colline tentano di distruggere questa città e i suoi abitanti ci sono tanti giovani ufficiali che sono stati miei allievi all’accademia militare. A quei tempi non si parlava mai di serbi e di croati, di bosniaci e di mussulmani, ma solo di esseri umani, di popolo, di come essere un esercito popolare a difesa di tutta la nostra gente. Così è una sorpresa trovarli oggi dalla parte degli aggressori serbo-montenegrini, dalla parte dei fascisti. [...].

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Egregio Izedbegovic

lettera di Jovan Diviak.

Egregio Izedbegovic,

le comunico la mia decisione di restituire il grado di generale di brigata al quale ero stato promosso nel dicembre del 1993. Eccone i motivi: La pubblicazione di documenti ufficiali che mostrano come membri dell'esercito della Bosnia Erzegovina abbiano ucciso dei civili a Sarajevo, e di testimonianze di singoli individui sui crimini commessi a Grabovica, Uzdol, Doljani etc... Tutto ciò rappresenta una ferita profonda nella mia coscienza e per i valori in cui ho sempre creduto [...].

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Addio Franco

Il 24 marzo è morto Franco Travaglini, un carissimo amico che da tanti anni prestava la firma come direttore responsabile di "Una città". Lo vogliamo ricordare con le bellissime parole che ci ha mandato Karl Schibel, un amico.
Care e cari,
è morto stamattina Franco Travaglini.
Ci sentiamo vicini a sua moglie Ildico e al figlio Michele.
Non ha ancora parole il dolore della perdita dell’amico e fratello di decenni.
Un senso di vuoto e di amore che ci unisce per una persona che lottava per la vita e la dignità di tutti gli esseri viventi con tenerezza e determinazione.
In lutto, Karl-Ludwig

Abbiamo pubblicato nel n. 273
alcune testimonianze che lo ricordano.

Franco Travaglini in una riunione di Una città, maggio 2017

LE FORMICHE
DELLA MADONNA

Reprint da "Reporter", settembre 1985
di Franco Travaglini
Pubblichiamo anche un suo reportage molto bello sul Monte delle Formiche (Bologna) apparso nel settembre 1985 sul quotidiano “Reporter”.
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discussioni
di questi giorni

appunti del direttore

25 novembre
Per una rivista come “una città” che ha fatto dello slogan “le domande vengono prima delle risposte” il suo principio fondativo, in trentuno anni sono capitate solo quattro occasioni in cui abbiamo scritto che la risposta era una e una sola e veniva prima di tutto: la guerra di Bosnia con l’infame assedio di Sarajevo e l’eccidio di Sebrenica, il tentativo genocidiario dei serbi contro i Kossovari, la guerra degli islamisti contro i civili e le femministe algerine e ora, infine, l’invasione nazistalinista dell’Ucraina.

In ognuna di queste occasioni qualche amico ci ha consigliato di moderare i termini, per non ricevere disdette. Ma siamo ancora qui. Questo il testo della lettera che abbiamo spedito ai nostri abbonati, in occasione della campagna abbonamenti di fine anno:

Stiamo con gli ucraini.
Siamo antifascisti, che il fascismo sia nero, rosso o verde.
Non diamo, però, del fascista al primo che passa, sia pure per la strada del governo del paese.
Vogliamo anche stare in guardia da noi stessi; da spettatori impotenti ci vuol poco a diventare squadristi,
capaci di incitare alle gogne o di accanirsi con chi è già a terra.
L’orizzonte è scuro,
ma poi arrivano giorni luminosi in cui torna a soffiare la speranza,
da Kherson al Nevada.
Malgrado tutto ci dicono che a qualcosa serviamo.
Continuiamo a pensare che il futuro,
se c’è, sarà innanzitutto nella rete di piccoli gruppi indipendenti,
amici e confederati fra loro. E negli ideali
democratici di un passato remoto.
Vogliamo crederci. Andiamo avanti.


14 novembre
Che giorni questi! Kherson e Nevada! Il mondo può tornare a sperare. Faccia ammenda chi ha irriso il “comico presidente” e il “presidente rimbambito”.

12 novembre
Se fosse vero che il batterio del fascismo alberga nell’animo umano, come la scarlattina, faremmo bene, periodicamente, a fare un controllo per sincerarci che non si sia attivato. Il “tampone” ce lo fornisce gratuitamente quel che succede intorno a noi. Oggi è un’occasione per farlo: in cuor nostro siamo contenti della liberazione di Kherson? O no?


6 novembre
Mentre la guerra di liberazione di un intero popolo contro un orribile aggressore, che non si fa scrupolo di usare ogni mezzo per terrorizzare e martirizzare la popolazione civile, ha più di una possibilità di vincere, a Roma si è manifestato per la pace, per un immediato cessate il fuoco e per la sospensione dell’aiuto militare alla resistenza ucraina. Prima agli ucraini si chiedeva la resa perché non potevano vincere, ora gliela si chiede perché possono vincere. Mi vergogno di far parte della sinistra italiana.

 
13 ottobre

Che pacifisti e pacifiste facciano proprio l’articolo in cui Travaglio si accanisce contro Zelenski è un pugno nello stomaco. Il connubio fra il pacifismo e il peggior cinismo geopolitico sta partorendo un mostro, per il quale eroici difensori delle loro case e del loro paese diventano stupide pedine di potenze e interessi stranieri, spesso occulti, e vittime non solo dell’aggressore ma anche dei loro leader corrotti. Se poi i resistenti, già giudicati irresponsabili quando erano dati senza speranza, cominciano ad avere la meglio, il merito non è del loro coraggio e spirito di sacrificio ma solo di armi micidiali fornite loro da altri imperialismi per secondi fini, mentre sarà tutta loro la colpa delle criminali rappresaglie del prepotente umiliato e comunque sempre invincibile. Vengono alla mente i processi per stupro d’un tempo, quando la vittima era la colpevole e lo diventava doppiamente se osava alzare la voce. Così, pur di non nobilitare una guerra di liberazione, si nega quel che tutti i generali sanno, che a decidere le guerre possono essere anche “il morale e la morale”, cioè il sentirsi, e l’essere, dalla parte del giusto. C’è il desiderio recondito che tutti siano cattivi per poi, dall’alto della propria benevolenza, promuoverli in blocco a vittime della stessa malattia: la guerra. E’ quella che va debellata. La legittima deontologia della professione medica, che impone di curare allo stesso modo la SS ferita e il prigioniero torturato in fin di vita, diventa così una mostruosa deontologia dell’universale professione umana. Così parole come libertà, giustizia, responsabilità, onore, solidarietà, verità, patria, perdono ogni rilevanza e a valere ne restano solo due, vita e pace, a cui tutto deve essere piegato.

9 ottobre
Quindi il problema dell’atomica è quello decisivo, che cambia tutto. E’ così? La domanda è semplice: e se avessimo di fronte un Hitler? E facciamo il caso che allora Hitler, e anche gli alleati, avessero avuto le atomiche. Su cosa avremmo potuto trattare per fare la pace? Sulla Cecoslovacchia, la Polonia, su cosa? Casomai anche sul numero di ebrei? Sulla chiusura di Auschwitz?

4 ottobre
Molto bello, e urticante per noi come al solito, il fondo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere sulla “mancata abiura” del fascismo da parte dell’Italia. Mi è tornata in mente un’intervista a Claudio Pavone, alla fine della quale ci disse che tanti mali italiani derivavano dall’armistizio e, quindi, dalla mancata punizione. In Germania le cose sono andate diversamente (basti pensare, per esempio, ai consigli di sorveglianza nelle fabbriche, imposti dagli americani). Allora la domanda inevitabile, malgrado il timore, se non la ripugnanza, per una delle possibili risposte è: perché Germania e Giappone sono oggi due delle democrazie più solide e affidabili del mondo?

17 settembre
Bravo Biden. Tira la linea rossa. E così faccia la Nato.

E' solo così che si potrà salvaguardare il tabù. E troviamo il modo di farlo sapere al popolo russo.

12 settembre

Certo, il pericolo non è passato, anzi, ma che gioia intima, quasi infantile, nel vedere il piccolo, aggredito, violentato, dato per sopraffatto, atterrare il grosso e feroce prepotente. Peccato per chi ha inibito in sé quel sentimento di giustizia così innato, per indifferenza o per fedeltà a un principio disincarnato e raggelato.

15 luglio

Ci rivolgiamo

a chi ha in orrore le armi, anche se in mano a chi si difende

a chi riserva all’America tutto l’odio di cui è capace

a chi ha nostalgia di Lenin e di Stalin

a chi ragiona solo di interessi

e vuol pensare che così facciano tutti:

se fosse vero che hanno deportato 200.000 bambini

se fosse vero che a Bucha hanno ucciso tutti gli uomini abili, come a Srebrenica

se fosse vero che gli stupri sono di fatto autorizzati, come in Bosnia

se fosse vero che l’obiettivo è un genocidio analogo a quello armeno

cosa direste? Cosa proporreste?

12 giugno
Ecco a cosa ci porta la demonizzazione della guerra, la guerra come male assoluto: alla banalizzazione della prepotenza, della cattiveria, del sopruso, della violenza contro gli inermi, dell’uso del terrore. Ci stiamo anestetizzando. Abbiamo visto civili costretti a correre in fila indiana ognuno con una mano sulla spalla dell’altro e poi il mucchio dei loro corpi, e veniva in mente quel video dove i serbi di Mladic fanno scendere da un camion dei giovani prigionieri, li fanno stendere nel fossato e fanno finta di sparare e ridono e tu speri che sia stato solo un gioco crudele, ma poi in fila indiana li fanno entrare nel bosco. Ma è la guerra. Le fosse comuni di civili giustiziati, i torturati, gli stupri, la distruzione sistematica di intere città, le deportazioni, le condanne a morte di soldati prigionieri sono guerra. Tutto è colpa della guerra. Anche Auschwitz, ci ha detto un professore universitario. L’espressione “crimini di guerra” è insensata, perché è la guerra il crimine. Così i crimini contro l’umanità. Marzabotto, Stazzema, le fosse Ardeatine sono guerra. Così le pulizie etniche, gli stupri etnici. Alla fine il genocidio sarà solo guerra. E avremo toccato il fondo.
 

30 maggio
Piergiorgio Bellocchio, Chiara Frugoni, ora Andrea Canevaro. Quando ad andarsene sono quelli “più grandi” di te, quelli che ti hanno insegnato delle cose, che ti hanno aiutato a capire, che ti hanno incoraggiato, ti assale un senso di perdita, di vuoto. E la sensazione, anche un po’ ridicola visto che hai più di settant’anni, che “ora devi fare da solo”.

26 maggio
Alcuni amici ci rimproverano di chiamare fascista il regime russo. Ne discuteremo. Qui riporto, intanto, una citazione di André Glucksmann che fu il primo a parlare dei tre fascismi, quello nero, quello rosso e quello verde, cioè islamico.

“[...] Da dieci anni, i nostri dirigenti disprezzano le indignazioni «morali». Da dieci anni, affermano di fare della «realpolitik»: non sarà per Grozny che il mondo smette di girare, evitiamo di urtare il gigante Russia, lasciamo agli illuminati il loro «ritornello moralistico» d’impotenti. Scusatemi, ma senza principio etico, non c’è politica a lungo termine. Morale e politica non si dissociano come credono i Machiavelli da strapazzo. La «politica» degli Airbus e degli idrocarburi, la «politica» delle riverenze, la «politica» del «me ne infischio altamente che un popolo sia sterminato» portano a Beslan. Questa non è politica, è cecità. La «belle âme» che loro deridono e che io assumo per aver combattuto, con qualche raro amico, i fascismi nero, rosso e verde, per aver sostenuto all’epoca della loro persecuzione Solzenicyn, Sakharov, Havel, Massud, i boat people, gli assediati di Dubrovnik e di Sarajevo, gli espulsi del Kossovo, gli sgozzati d’Algeria, tutti quei «senza potere» sui quali i sostenitori della realpolitik non scommettevano un chiodo, la mia anima pietosa vi dice che non si cancella un popolo dalla carta, fosse pure irrisoriamente piccolo a giudizio delle nostre grandi nazioni”.

“Corriere della sera”, 16 settembre 2004

20 maggio
Una domanda ancora ai pacifisti. Visto che prima di perorare diplomazia, negoziato, compromessi, per fermare la guerra, premettete sempre di considerare Putin colpevole di un’aggressione criminale, anche voi, evidentemente, non vi fidate di lui. Quindi, qualora gli ucraini si decidessero a cedere parte del loro territorio, che garanzie avrebbero che un domani non si potrebbe ripetere un’altra aggressione? Perciò sareste d’accordo a rassicurare gli ucraini con una specie di articolo 5, per cui, in quel caso, si interverrebbe militarmente immediatamente al loro fianco?

13 maggio
Ci risiamo. Perché mai la Finlandia, dopo quel che è successo e continua a succedere, non dovrebbe entrare nella Nato? Risposta pacifista: perché confina con un prepotente molto pericoloso. Già.

11 maggio
Finirà che gli ucraini, siccome forse stanno vincendo, dovranno perdere? Biden, aiuta tu l’Europa a tener la schiena dritta.

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video

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Valdo Spini
sui fratelli Rosselli

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Gianni Saporetti
intervistato l'11.05.17 sul '68 a Forlì

Jamila Hassoune presenta il libro "Dove i libri sono rari come la pioggia"

Edoardo Albinati presenta il suo libro "La scuola cattolica"

Alberto Saibene presenta il libro "L'Italia di Adriano Olivetti"

Cesare Panizza presenta il libro "Piero Gobetti: l'autobiografia di una nazione"

Pietro Polito presenta il libro "Il dovere di non collaborare"

Roberto Balzani, Nicola Del Corno e Carlo De Maria
"I fratelli Rosselli nella storia d'Italia"

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