Dopo il Manifesto dei comunisti (e dopo Saint Simon, Robert Owen, Sismondi, Proudhon) sembrava assodato che, nei paesi abbastanza evoluti per determinare ormai il "progresso storico dell'umanità" — paesi che nel 1847 rappresentavano meno di un ottavo della popolazione del globo — non ci fossero ormai che due classi antagoniste: la borghesia e il proletariato.
La borghesia, il suo sistema economico (il "capitalismo"), il suo sistema politico (la "democrazia", falsata dovunque dalle limitazioni del corpo elettorale, e più ancora dal controllo efficace dei plutocrati sull'apparato legislativo, governativo e giudiziario) trionfavano allora in Francia in conseguenza delle conquiste del 1789-1795; in Inghilterra, attraverso le tappe successive percorse dal 1688 al 1832; negli Stati Uniti d'America, in seguito all'emancipazione del 1774-1783. Si presumeva che la borghesia di Germania fosse alla vigilia di un trionfo analogo, e che in altri paesi come l'Olanda, la Svizzera, la Svezia, la Danimarca, il Piemonte, il trionfo completo del regime borghese non potesse tardare. Il Belgio aveva già raggiunto la meta nel 1831.
Le configurazioni concrete della realtà storica sembravano confermare in modo inconfutabile un tale quadro: i grandi mercanti e padroni d'officina che dominavano effettivamente l'Inghilterra agli inizi dell'era vittoriana, i gros ventres caricaturati da Daumier e ai quali Guizot lanciava il suo enrichissez-vous, tutta la "commedia umana" — da Fielding a Dickens, da Balzac a Flaubert — mostravano la vitalità insolente del mondo borghese. Di fronte, c'erano la disperazione dei luddisti, le insurrezioni di Lione, le orribili "cose viste" da Engels a Manchester, da Melville a Liverpool, dal dottor Villermé a Nantes, a Lille e in tanti altri centri industriali, e tali spettacoli non lasciavano alcun dubbio quanto a ciò che dovesse intendersi per "proletariato" moderno. Tuttavia, appena si osservassero le cose un po' più da vicino, non si riusciva più a circoscrivere con sufficiente nettezza questa borghesia che avrebbe dovuto essere la "classe dominante", ma che poi tanto spesso veniva designata le classi medie, il che indicava la presenza di elementi eterogenei nel suo conglomerato. C'era in primo luogo una linea di demarcazione abbastanza incerta fra i "residui delle classi feudali" e la borghesia autentica: il "vero gentleman" (nei romanzi di Trollope e altrove echeggia spesso l'affermazione che ci volevano tre generazioni per fare un gentleman), il direttore di una banca, il padrone di una birreria non accettavano affatto di esser considerati membri della medesima classe; c'era poi la classe contadina (specie in Francia, in Svizzera, in Scandinavia, dove i contadini erano proprietari): il Manifesto dei comunisti evita manifestamente di classificarla con precisione, e più tardi i marxisti diranno semplicemente che è una classe che deve sparire; ma i primi kolkhoz non sorgeranno che nel 1931, in un paese senza borghesia; ed è ancora sui contadini che oggi si sostiene la "reazione clericale" di Adenauer, di De Gasperi, di Bidault. Infine, visto che la distinzione fra upper e lower middle
class era assolutamente evidente, si è ficcato alla rinfusa nel purgatorio della "piccola borghesia" tutto quello che non si adattava allo schema grandioso dell'antagonismo borghesia-proletariato.
Prima di cercar di definire meno vagamente la nozione di borghesia, conviene notare l'imprecisione con la quale si è in genere definito il sistema economico, sociale e politico che, a partire dal XVI secolo circa, la borghesia avrebbe minato, disintegrato e infine abbattuto: la "società feudale". Marc Bloch ha dimostrato con rigore che il termine "feudalismo" non si può applicare che a un insieme di rapporti sociali (il quale comprende sia l'economia che il governo degli uomini, con tutta una gamma di riflessi collettivi nel campo della morale, della religione, dell'estetica e, insomma, della "mitologia" che, creando un linguaggio comune, mantiene la coesione di una struttura sociale) il quale si è sviluppato dal IX al XII secolo, molto vigorosamente in Francia e in Inghilterra, alquanto imperfettamente in Germania e nell'Italia del Nord e solo con talune imitazioni embrionarie in altri paesi quali la Polonia, l'Ungheria, la Russia di Suzdal, i Balcani, mentre per la Spagna Ortega y Gasset sostiene che il sistema feudale non vi s'impiantò mai. Nel XIV secolo, di tutto questo sistema non restava quasi nulla, tranne ...[continua]

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