Una Città n° 270 / 2020
novembre
C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro modo di vivere, oggi. Per trent’anni abbiamo trasformato in virtù il perseguimento dell’interesse materiale personale: anzi, ormai questo è l’unico scopo collettivo che ancora ci rimane. Sappiamo quanto costano le cose, ma non quanto valgono. Non ci chiediamo più, di una sentenza di tribunale o di una legge, se sia buona, se sia equa, se sia giusta, se sia corretta, se contribuirà a rendere migliore la società o il mondo. Erano queste, un tempo, le domande politiche per eccellenza, anche se non era facile dare una risposta. Dobbiamo reimparare a porci queste domande. Abbiamo visto come lo spettro del terrorismo sia sufficiente a seminare lo scompiglio in democrazie stabili. I cambiamenti climatici avranno conseguenze ancora più drammatiche. Le persone saranno costrette a far ricorso alle risorse dello Stato, si rivolgeranno ai loro leader e rappresentanti politici per chiedere protezione: le società aperte torneranno a ripiegarsi su se stesse, sacrificando la libertà in nome della ‘sicurezza’. La scelta non sarà più fra Stato e mercato, ma fra due tipi di Stato. Spetta a noi, dunque, riconsiderare il ruolo del governo. Se non lo faremo noi, lo faranno altri.
(Tony Judt, tratto da Guasto è il mondo, Laterza, 2011)
Novembre 2020
Un Islam dei lumi
Su Islam e democrazia
Intervista a Hocine Drouiche
Requiem per un insegnante
Sulla libertà d’espressione
Stephen Eric Bronner
Tradizione Famiglia Proprietà
Su cosa sta succedendo in Polonia
Intervista ad Agnieszka Graff
Gli avete risposto?
Un piccolo comune alle prese con la pandemia
Intervista a Claudio Cancelli
Un pensiero insopportabile
Sulle malattie infettive
Intervista a Silvano Esposito
Il cellulare acceso
Una buona pratica di medicina solidale
Intervista a Alessandro Lanzani
Liberare e federare
Sulla figura di Silvio Trentin
Intervista a Fulvio Cortese
Un nuovo patto tra maschi?
Sulle insidie del multiculturalismo
Vicky Franzinetti
Il piano Vance-Owen
Un testo di Alexander Langer
L'uomo-massa di José Ortega y Gasset
Alfonso Berardinelli
L’incontro tra culture, l’Occidente, l’Islam
Giorgio Gomel
#BoycottFrance
Emanuele Maspoli
Maradona
Wlodek Goldkorn
Pensieri bui
Belona Greenwood
Virus e migranti
Massimo Livi Bacci
Lettere
Lettera aperta degli scrittori bielorussi
Dagli scrittori polacchi agli scrittori bielorussi
La visita è alla tomba di Angelica Balabanoff
In copertina un frammento di una pagina del Corano, un libro che di per sé, forse, è un problema per chi crede in un mondo di donne e uomini liberi e pacifici, ma che lo diventa certamente, e all’ennesima potenza, se tanti uomini lo prendono alla lettera, per fanatismo politico o per credulità o per interesse. Bisogna prenderne atto e agire di conseguenza. Non si tratta solo di far sì che i musulmani in Occidente rispettino le nostre libertà, si tratta di scardinare nei paesi musulmani la sharia e i codici della famiglia, e lottare perché lì si affermino i diritti umani, a cominciare da quelli delle donne tuttora ridotte per legge allo stato di minori. Non basta che gli imam predichino in italiano o in francese in Europa, dobbiamo essere noi, in quei paesi, a “predicare in arabo”, e nelle loro lingue, la religione della libertà per tutti, dalle donne agli omosessuali, ai non credenti, ai “blasfemi”. Dovremmo metter su una “radio Londra” planetaria per sostenere con forza i democratici, e i “laici”, di quei paesi, costretti al silenzio, carcerati o uccisi. La sinistra in particolare deve smettere di avere, per gli islamisti e per i regimi arabi, un occhio di riguardo, per senso di colpa o, peggio, per antiamericanismo o antisionismo: abbiamo a che fare con regimi clerico-fascisti. Qui a fianco, Hocine Drouiche, imam francese illuminato, ci dice che c’è una maggioranza, purtroppo silenziosa, che inorridisce di fronte a uccisioni come quella di Samuel Paty e a quelle perpetrate a Nizza. Lo crediamo, vogliamo crederlo, e dobbiamo far di tutto, a cominciare dall’impegno per rendere civili le nostre periferie, perché questo sia sempre più vero e perché si rompa quell’inaccettabile silenzio. Ma bisogna anche che nella politica internazionale i paesi democratici facciano calare il gelo nei rapporti con tutti quei paesi che applicano la sharia e incarcerano e uccidono gli oppositori.
A seguire Agnieszka Graff, femminista polacca, ci fa volgere lo sguardo in “casa nostra” dove non c’è da stare affatto tranquilli in quanto a fondamentalismo, questa volta cattolico, e alla messa in discussione dei diritti delle donne. Vicky Franzinetti, poi, denuncia con forza le storture del multiculturalismo, per il quale si può arrivare a discutere se rendere gratuito, da parte del servizio sanitario pubblico francese, il test di verginità preteso dai genitori per la figlia da “dare in marito”.
Di questi problemi parlano anche Stephen Bronner e Giorgio Gomel.
Nelle centrali, però, ci rincuora l’immagine dell’esultanza, per la vittoria di Biden e di Kamala, di quattro giovani americane. Una foto che ci rappresenta tutti. Se avesse vinto l’altro sarebbero calate le tenebre.
Parlano poi di Covid l’infettivologo Silvano Esposito, Claudio Cancelli, sindaco di Nembro, Massimo Livi Bacci e Alessandro Lanzani, promotore di un “telefono amico” tenuto da medici, anche specialisti, volontari, che possa vicariare i numeri pubblici spesso impossibilitati a rispondere e quelli, imbarazzanti coi loro tariffari, degli ospedali privati.
Infine, per l’altra tradizione, ricordiamo, con Fulvio Cortese, la figura luminosa di Silvio Trentin, giurista liberale antifascista, che rifiutò di firmare e andò a fare l’operaio in Francia e che, intellettualmente, visse molte vite in una, mantenendo però una coerenza di fondo, da quando, da giovane e brillante studente di giurisprudenza, scrivendo un saggio sulle bonifiche del Basso Veneto, teneva insieme la bonifica a fini agricoli da quella umana e sociale che doveva farle seguito.
Infine Wlodek Goldkorn ci parla del mito popolare Maradona, che salutiamo in ultima.