Era metà anni Ottanta. Ero andato a Napoli per leggere una copia, fra le prime arrivate in Occidente, di un libro appena pubblicato, clandestinamente, in Polonia. Il libro, affascinante e che raccontava storie personali e intime degli ex capi del Partito comunista, narrate da loro stessi a una intervistatrice, creava una specie di anti-mitologia. Uomini nudi (perché di maschi si trattava), ridicoli rispetto alla tragedia che hanno contribuito a creare. Dopo una notte dunque trascorsa sul terrazzino della camera dell’albergo a leggere appunto il testo, ammirando la bellezza del creato e dell’artefatto, Castel dell’Ovo e tutto il resto da un lato e la miseria degli umani dispiegata sulle pagine stampate su un ciclostile rudimentale e su carta ruvida di scarsissima qualità, dall’altro; e dopo aver deciso che per i lettori italiani quella storia sarebbe stata troppo difficile, senza una nota a piè di pagina per ogni nome e circostanza; dopo quindi quella notte fra il sublime e il miserabile andai a passeggiare nei Quartieri spagnoli.
Era una mattina di sole. Da bravo turista, persona quindi fuori luogo, mi ero perso fra la luce accecante, i rumori e gli odori. Chiesi aiuto a due donne sedute su uno scalino. Mi guardarono con una certa curiosità, poi mi domandarono da dove venivo. Risposi: dalla Polonia. Non sapevano cos’era la Polonia e dov’era collocata. Dopo un tentativo di dare una spiegazione geografica, durato qualche minuto, mentre nell’aria disegnavo con le mani un’immaginaria mappa dell’Europa una disse all’altra: “Polonia? O paisi di Maradona”.
Penso che il mito, mito inteso come narrazione popolare, nasca così. Non ne ho una spiegazione, non sono un semiologo, e anzi, sospetto che un intellettuale borghese non sia la persona più adatta per interpretare le mitologie del popolo. Ragione per cui mi limito a dire: Maradona ha incarnato, penso, un’idea, un sogno di riscatto, in cui è fondamentale il fatto che il protagonista sia Altro ma che assomigli nei modi e sembianze al Prossimo. Un Altro che rispecchia l’esistente, tranne che è Altro appunto, e quindi può e deve trascendere lo specchio.
Potrei concludere qui la mia riflessione su Maradona, a pochi giorni dalla sua scomparsa in quanto corpo, e la sua epifania in quanto spirito dominante nei media, tradizionali e sociali. Un mito è un mito e per questo sfugge ai tentativi di essere ridotto alla razionalità e tanto più alla razionalità di stampo capitalistico-utilitaristico (a cosa serve un mito se c’è scienza o, al limite, una serie di fedi codificate e istituzionalizzate?). E poi tanti hanno rilevato quanto Maradona non fosse una persona di quelle che consideriamo “buone”.
Ma ecco, un’altra riflessione, l’eroe mitologico (al maschile, perché la mitologia classica è molto maschile e i racconti sono intrisi di atti violenti, ma la storia della letteratura è questa e non altra) in genere non è buono. è furbo, astuto, come dicevo spesso violento, vede in genere le donne come oggetto o come madri (o dee), raramente invece come partner di pari diritto. Ulisse non era buono. E una volta giunto a Itaca si era trasformato in una specie di macchina omicida, irriflessiva e priva di ogni empatia e compassione. Abramo due volte vende Sara ai re stranieri per avere salva la vita e gli averi (i greggi), condanna a morte Agar e il figlio Ismaele (salvati per miracolo), ha intenzione di uccidere Isacco e via discorrendo. Potrei continuare con Agamennone, assassino di Ifigenia. Voglio dire: gli eroi mitologici, e ripeto, maschi, hanno un lato di tenebra, importante. E una riflessione sul rapporto fra mascolinità e mitografia difficilmente può togliere l’attrazione per il mito.
Infine. Nel caso di Maradona la creazione del mito si accompagna con un elemento della modernità: il fallimento. Maradona dalle vette del successo è precipitato al ruolo dell’uomo fallito. Ma sul valore del fallimento c’è un’ampia letteratura: da Musil a Kafka a Benjamin (e vorrei ricordare anche molte riflessione di Adriano Sofri sul tema) e rimando quindi a quella.
E per tornare allo specifico del calcio. Gli eroi mitologici, spesso, violano le regole del gioco. Ecco, Maradona, lo faceva, e lo ha fatto con il goal decisivo della sua carriera conseguito con l’ausilio della mano. Disse che era la Mano di Dio. Io da patito delle mitologie gli credo.
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