Agnieszka Graff è una docente, giornalista e attivista femminista polacca. Ha partecipato all’organizzazione del Congresso delle donne polacche. Collabora con alcune riviste polacche, in particolare il quotidiano Gazeta Wyborcza. I suoi interessi di ricerca riguardano le intersezioni tra genere, sessualità e identità nazionale. Attualmente si sta occupando in particolare del movimento transnazionale antigender. Tra le sue pubblicazioni: Świat bez kobiet. Płeć w polskim życiu publicznym. (Un mondo senza donne: il genere nella vita pubblica polacca), Varsavia 2001.

Nonostante la tua giovane età, sei considerata tra le “madri” di questa nuova ondata femminista polacca. Puoi raccontarci?
Premetto che il termine “madre” è sempre problematico in ambito femminista. Io sono attiva dalla metà degli anni Novanta. Sono stata anche co-fondatrice del movimento Manifa, che organizza ogni anno la marcia delle donne a Varsavia; un’iniziativa nata nel 2000, proprio in reazione a una retata della polizia in un centro medico dove si praticava l’aborto.
Il diritto all’aborto non è stato l’unico tema che abbiamo affrontato nel corso degli anni, ma sicuramente è stato il fattore scatenante e rimane cruciale. Il movimento Manifa è un po’ l’ala radicale del femminismo polacco. Sono anche molto coinvolta nel Congresso delle donne, costituito nel 2009; un tentativo per rendere il femminismo più mainstream, una sorta di versione borghese del femminismo, in cui sono coinvolte politiche, donne d’affari, organizzazioni non governative; un forum che negli anni è diventato molto influente e che ha contribuito a cambiare il modo di pensare della gente. Sono stata attiva anche nel movimento cosiddetto delle “proteste in nero”. È per questo che oggi le ragazze che manifestano nelle strade e nelle piazze mi considerano una specie di figura materna. Comunque non darei troppa importanza a questa metafora materna, soprattutto perché ci sono donne più grandi di me a cui anch’io faccio riferimento.
In queste ore sto lavorando a un articolo a cui tengo molto in cui cerco di mettere le proteste in una prospettiva storica. È un documento indirizzato proprio alle giovani manifestanti. È un modo per dire loro: “State facendo la storia”. Non importa come andrà, in qualche modo questi giovani hanno già vinto perché hanno infranto un tabù. La mia generazione ci ha provato per più di vent’anni senza mai riuscirci; all’epoca siamo state ignorate, ridicolizzate e messe a tacere. Questi ragazzi oggi stanno ribadendo che non staranno più zitti. È importante spiegare loro anche la storia del diritto all’aborto. Molte non la conoscono, non ne sono consapevoli. Per queste generazioni l’aborto è sempre stato vietato e ora lo è ancora di più. Per questo è così importante aiutarle a collocarsi in una narrazione che le precede, perché la storia delle donne non viene insegnata nelle scuole. Sono convinta che pensare a se stessi come a qualcuno che sta facendo la storia sia fondamentale, che in qualche modo faccia sentire potenti.
Detto questo, oggi non mi definirei un’attivista. Essendo sulla cinquantina devo dire che un po’ temo il virus. Anche alle manifestazioni ho partecipato periodicamente, non sempre.
Sicuramente questa nuova ondata di proteste è molto legata alle “proteste in nero” del 2016 che ha visto manifestazioni e scioperi in tutto il paese. Anche allora a scatenare la rabbia delle donne era stata una restrizione in tema di aborto. Le principali organizzazioni oggi attive sono sorte in quell’occasione. Qualcuno è arrivato a dire che il femminismo polacco, come fenomeno di massa, è nato nel 2016. In effetti quell’anno ha segnato una cesura, una differenza di qualità rispetto ai fenomeni precedenti che vedevano come soggetti protagonisti per lo più delle Ong e un rapporto molto forte con l’Unione europea, inizialmente considerata un baluardo a garanzia dei diritti delle donne in Polonia e che purtroppo in questi anni ha deluso le aspettative delle donne polacche.
Poi c’è il movimento Manifa, cui ho già accennato e a cui sono molto legata, perché è stata un’avventura molto bella, e che però oggi è diventata un’iniziativa marginale: la più importante manifestazione di Manifa ha visto forse seimila partecipanti mentre il movimento odierno sta mobilitando centinaia di migliaia di persone; all’ultima manifestazione sono scese in piazza circa centomila persone. Abbiamo dunque assistito non solo alla più importante marcia delle donne, ma forse a ...[continua]

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