Migrazioni in difficoltà
In una recentissima pubblicazione sono stati raccolti dati circa l’immigrazione nei paesi dell’Ocse nel primo semestre del 2020: l’immigrazione non stagionale è scesa del 42% rispetto allo stesso periodo del 2019, 18% nel primo trimestre e 72% nel secondo. Nella presentazione del rapporto, l’Ocse afferma anche che “ci sono evidenti segnali che la mobilità non ritornerà ai precedenti livelli per un certo tempo. Questo è dovuto ad una domanda di lavoro più debole [nei paesi di immigrazione], alle severe restrizioni sui viaggi, e al diffuso ricorso al telelavoro tra i lavoratori maggiormente qualificati”. Anche in Italia ci sono evidenti segnali del rallentamento dell’immigrazione nel primo semestre dell’anno.
I migranti costituiscono il gruppo di persone più duramente colpito dalla crisi. Da sempre, in caso di crisi, la disoccupazione cresce più rapidamente tra gli immigrati rispetto agli altri lavoratori nazionali, ma nei tempi della pandemia questo divario si è ancora allargato. Inoltre gli immigrati sono particolarmente vulnerabili al virus, per una pluralità di motivi: accedono ai presidi sanitari con difficoltà; sono maggiormente esposti ai rischi di contagio lavorando in attività essenziali, come la logistica, l’industria alimentare, i trasporti, le pulizie, le professioni sanitarie; soffrono di una maggiore povertà e di condizioni abitative spesso degradate. L’Ocse ricorda che nel mondo sviluppato, un quarto del personale medico e un sesto di quello infermieristico è straniero, in prima linea nel contrasto alla pandemia e quindi più vulnerabile. Si aggiunga anche che le collettività di migranti sono restate vittime delle restrizioni ai viaggi internazionali che hanno impedito i rientri in patria, o il ritorno al paese di immigrazione per coloro che erano rientrati in patria per motivi familiari, di affari o altro. Infine, la vulnerabilità in tempi di pandemia è fortemente accresciuta per i milioni di migranti che vivono in condizioni di irregolarità. Le vicende migratorie sono per lo più viste nella prospettiva dei paesi ricchi, nei quali le restrizioni agli spostamenti imposte dalla pandemia hanno creato forti disagi in molti settori produttivi, in testa l’agricoltura, risolti con provvedimenti ad hoc, quali viaggi charter per taluni gruppi di lavoratori o le sanatorie per gli irregolari, come avvenuto in Italia. La sorte dei migranti rimasti senza lavoro, o impossibilitati a rientrare nei loro paesi è stata dura, ma in qualche misura alleviata dai sistemi di welfare esistenti.
In Asia, grande serbatoio di migranti, l’epidemia ha creato situazioni spesso drammatiche. In Malaysia vivono tra i quattro e i sei milioni di migranti regolari e irregolari ma “un gran numero hanno perso il lavoro per la chiusura dei centri commerciali, delle manifatture, delle grandi imprese di costruzione. L’esercito ha sbarrato una vasta area attorno al mercato all’ingrosso Selayang, ai limiti della capitale Kuala Lampur, bloccando migliaia di lavorat ...[continua]
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