Una Città256 / 2019
marzo-aprile


Fui allora decisamente europeo, quando es­sere europeo significava autoescludersi dal quadro politico (e dalle opportunità...) nazionali per pensare solo alla costruzione della federazione. Gli amici mi lasciavano. Pre­ferivano battersi per le riforme (alcuni dice­vano « per la rivoluzione »)... Mi davano del massimalista, mi dichia­ravano nemico della democrazia… Trovai pochi nuovi e vecchi amici. Si trattava, si tratta, senza aiuti, sen­za mezzi, di fare la nostra strada. Dobbiamo collegare tutti gli europei di buona volontà perché prendano posizione contro gli Stati-nazione e chiedano la Costituente. L’Euro­pa oggi è solo nella volontà politica di coloro che intendono farla... Per questo sono europeo. E in questo modo.
Giulio Guderzo ("Tempo Presente”, gennaio 1958

La profezia di Moro
Su come siamo arrivati a oggi
Intervista a Marco Boato

Un diritto in crisi
Sui diritti dei lavoratori dopo Jobs Act e decreto dignità
Intervista a Alberto Piccinini e Massimo Tirelli

Le piattaforme
Il lavoro ai tempi delle piattaforme digitali
Intervista a Ivana Pais

Un nostro diritto, un nostro dovere
Sulle operazioni di salvataggio in mare delle Ong
Intervista a Pia Klemp

Diario di una ripresa
Di Riccardo Semproni

Sul 68 americano
Intervista a Pietro Adamo

Il 68 visto da Hannah Arendt
Intervista a Eugenia Lamedica

Sull’Europa e il problema dei "minerali di conflitto”
Intervista a Giuseppe Cioffo

Una buona pratica contro l’abbandono scolastico
Intervista a Sarah Walzer

Ricordiamo Pierre Riches

Alfonso Berardinelli

Francesco Ciafaloni

Irfanka Pasagic

Corrado Bonifazi e Frank Heins

Emanuele Maspoli

Walter Galbusera

Belona Greenwood

Sergio Sinigaglia

Un articolo di Adriano Sofri in ricordo di Gabriele Giunchi

Reprint. Da "Avanti! Un giornale un’epoca”di Ugo Intini

La visita è alla tomba di Rudi Dutschke.

La copertina è dedicata alla marcia per il lavoro e la libertà dell’agosto del 1963, organizzata, fra gli altri, da Martin Luther King. Le interviste al centro della rivista sono dedicate al 68 americano, che affonda le sue radici proprio nei movimenti per i diritti civili degli anni Cinquanta e Sessanta. Nella prima intervista, Pietro Adamo ci spiega l’importanza, nel 68 americano, dell’aspetto controculturale, che ebbe i suoi motori nella rivoluzione sessuale, nella diffusione delle droghe e nella sfiducia profonda nella politica, prima del diffondersi nel movimento delle ideologie maoiste e guevariste. Nella seconda intervista Eugenia Lamedica ci racconta dell’entusiasmo di Hannah Arendt per il 68 americano che considerava un grande movimento democratico di riappropriazione dello spazio pubblico, di quello spazio, cioè, dove ci si ritrova a discutere e dove le minoranze possono praticare la disobbedienza civile ma ci spiega anche la sua delusione per la deriva marxista e terzomondista, che portò i giovani verso Mao e Guevara, piuttosto che verso Jefferson come lei sperava.

Cos’è successo? Come siamo arrivati fin qui? Marco Boato rifà la storia politica degli ultimi decenni, a partire dalla caduta del Muro di Berlino e, a seguire, Tangentopoli, la sparizione dei partiti del centrosinistra e il fallimento di una transizione "guidata”, per colpa di chi pensò, per di più sbagliandosi di grosso, di poterne approfittare per stravincere le elezioni. Com’è andata a finire lo sappiamo.

Un mercato del lavoro sempre più atomizzato dove, nonostante il tempo indeterminato sia stato "indebolito”, si continuano a privilegiare contratti a tempo, a chiamata, o in somministrazione, con imprese apparentemente disposte pure a pagare di più pur di non avere vincoli; le preoccupazioni per gli effetti del decreto dignità, che paradossalmente rischia di incentivare il turnover, e il problema dei contratti pirata. A parlare sono Alberto Piccinini e Massimo Tirelli, avvocati del lavoro.

Ritrovarsi all’improvviso nell’impossibilità di muovere il lato sinistro del corpo, non riconoscersi più neanche dal punto di vista emotivo e caratteriale, e poi la grande spossatezza, che è anche una strategia di difesa biologica, l’irritabilità, e però, fin dal primo momento, la tenace volontà di capire, di informarsi, di darsi da fare, nella consapevolezza che non esistono rimedi miracolosi e che quello che serve è "solo tanto olio di gomito”. Un diario, di Riccardo Semproni, colpito da ictus.

Celebriamo il 25 aprile ricordando la lontana giornata del 15 aprile del ’19, quando gli squadristi attaccarono l’Avanti!. "Gli squadristi diventano una componente del paesaggio italiano inimmaginabile sino a pochi mesi prima. Compaiono per le strade strani militi vestiti in modo folkloristico. Fez nero con fiocchetto, camicia nera larga di misura, pantaloni alla zuava grigio verde o neri, fasce anziché calze, come i soldati della prima guerra mondiale. Sono ex arditi ritornati dal fronte, giovani idealisti, studenti nazionalisti, avventurieri ansiosi di menare le mani, a volte semplicemente canaglie... Li guidano dirigenti del partito fascista, ma anche capi improvvisati, ‘ras’, spesso industriali e agrari locali simili a tanti don Rodrigo affiancati dai loro Griso e dai loro ‘bravi’; notabili che hanno trangugiato fiele nel momento dell’offensiva sindacale (operaia e contadina) e che ora con il bastone e l’olio di ricino si riprendono il loro ‘status’, facendo vedere nel quartiere o nel villaggio chi davvero comanda”.
Per il "reprint”, da Avanti! Un giornale un’epoca di Ugo Intini.