Una Città261 / 2019
novembre


Ora, nella misu­ra in cui l’esperienza che l’individuo ha della sua esistenza sociale è un’esperienza di non-verità e di atti non-liberi, egli non cerca la verità: vuole idee bell’e pronte, prontamente rassicuranti, così pure, egli chiede non
la libertà, ma l’organizzazione di una forza capace di assicurare la soddisfazione dei suoi bisogni. Della verità, come della libertà, egli non sente che la privazione, ma, anche questa, solo di fronte a se stesso: nella mancanza di ragione e di senso che allora scopre nella sua esistenza. Una situazione così viziosa non muta per virtù di idee pure, né di colpo, bensì unicamente “secondo l’ordine del tempo”, a forza di soffrire in comune la sorte comune, cercando di comprenderla. Rimane il fatto che, dalla caverna, non si esce in massa, ma solo uno per uno.
Nicola Chiaromonte (“La situazione di massa e i valori nobili”, Tempo Presente, aprile 1956)

Dossier sul sindacato


Il sistema malsano della logistica
Sergio Bologna

Un nuovo statuto
Tania Sacchetti

La difficile coalizione
Anna Soru

Innovazione e partecipazione diretta
Luciano Pero

Il contratto nazionale
Paolo Feltrin

La strada riformista
Giorgio Benvenuto

Nelle centrali
Manifestazione neonazista a Monaco

L’utopia dell’inutile
A cosa serve la scuola?
Intervista a Ernesto Galli della Loggia

La lotta contro la dipendenza
La Catalogna e l’Europa
Intervista a Raul Romeva

Derive identitarie
Su sinistra e laicità
Intervista a Cinzia Sciuto

Ancora ultimi poeti: Lolini, Pecora, Fiori
Alfonso Berardinelli

Nostalgia di Bournville
Belona Greenwood

Per grazia del re
Emanuele Maspoli

llva di Taranto
Francesco Ciafaloni

Feticismo della cospirazione,
comunità e immaginario antisemita

Stephen Eric Bronner

Risorge la bestia antisemita
in Germania e altrove in Europa

Giorgio Gomel
Come dice l’amico Giorgio Gomel, in penultima, la bestia antisemita, nazifascista, s’è risvegliata. La copertina e le centrali sono dedicate a questo. Quando siamo nati, 28 anni fa, c’era stato lo scempio del cimitero di Carpentras e la prima intervista fu all’amica Sulamit, i cui genitori erano sopravvissuti ai campi di sterminio. Ricordiamo ancora una sua frase, sconcertante per il suo pessimismo: “Finché se la prendono con i morti...”. In Germania sono passati ai vivi. Succederà anche in Italia? E a quel punto? Nelle ultime pagine anche l’analisi dell’antisemitismo di Stephen Bronner.

Questo numero della rivista è un po’ speciale. La prima parte è tutta dedicata al sindacato, il “corpo intermedio” più importante e che finora, malgrado le grandi difficoltà, ha retto. Pubblichiamo gli interventi tenutisi il 24 ottobre scorso a Forlì in occasione del 900fest, nell’ambito della sessione intitolata “Le nuove frontiere del sindacato”, in cui si è affrontato il problema della cosiddetta logistica, settore oggi caratterizzato da cooperative spesso spurie, che chiudono alla fine di ogni appalto e dalla presenza di lavoratori quasi esclusivamente extracomunitari, e dove il sindacato confederale è stato scavalcato dalle organizzazioni di base (Sergio Bologna); di cosa vuol dire oggi fare il sindacalista in un contesto in cui la rappresentanza non gode di buona fama, i lavoratori vanno conquistati quasi uno per uno e può capitare che i rider ti considerino una controparte anziché una risorsa (Tania Scacchetti); dei problemi dei lavoratori non-dipendenti che rischiano di trovarsi con un welfare dimezzato, dei dubbi esiti dell’introduzione di regimi agevolati per le partite Iva, che finiscono per favorire i redditi alti e del problema dei compensi, in caduta libera pure per colpa di un uso distorto degli stage (Anna Soru); della vera spaccatura, che non è più quella tra Nord e Sud ma tra chi si è agganciato e chi no a un “network globale di produzione” e dei tanti esempi di partecipazione dei lavoratori che favoriscono l’innovazione tecnologica e organizzativa (Luciano Pero); della “resilienza” del nostro sindacato che si spiega, oltre che con la presenza del contratto nazionale, anche con una sensibilità tutta italiana per i servizi individuali, che oggi costituiscono la spina dorsale del sistema di offerta sindacale e fanno sì che le sedi sindacali, a differenza dei partiti, siano affollate di gente dalla mattina alla sera (Paolo Feltrin); dell’importanza, in un periodo di crisi, di non rintanarsi, ma di essere audaci, recuperando la vecchia intuizione del sindacato e della sinistra della necessità di una visione generale (Giorgio Benvenuto).

La scuola non deve “formare”, deve istruire e la pedagogia deve occuparsi del metodo non dei contenuti; la demagogia sulla scuola democratica e l’ineliminabile autorità del maestro, dell’insegnante; i danni del Sessantotto e quelli di un’autonomia scolastica che a Milano è una cosa e al Sud tutt’altro, col risultato di una scuola nuovamente classista; la sventurata propensione a sinistra di credere che ogni cambiamento rappresenti di per sé un progresso. L’intervista è a Ernesto Galli della Loggia.

Cinzia Sciuto ci parla del micidiale cortocircuito tra una sinistra che, in nome di un malinteso senso di rispetto per l’altro e nel terrore di essere accusata di razzismo, sembra aver totalmente abbandonato il tema della laicità, e una destra che invece si appella alla laicità e alla “nostra” cultura per far passare posizioni in realtà xenofobe; com’è stato possibile che tante donne e uomini musulmani e laici abbiano smesso di “sentirsi a casa” a sinistra?

Nelle pagine degli interventi, Francesco Ciafaloni ci parla dell’Ilva.