Partiamo dal primo aspetto: qual è la situazione all’interno delle imprese che forniscono questi servizi logistici? Il 14 ottobre, una decina di giorni fa, il prefetto di Milano ha convocato i rappresentanti datoriali e sindacali di questo mondo, e anche l’università, per dire sostanzialmente che il modo in cui viene organizzato il lavoro all’interno dei magazzini, utilizzando delle cooperative costituite quasi esclusivamente di immigrati, non può continuare così, perché gran parte sono cooperative spurie, che si sciolgono alla fine di ogni appalto, non pagano i contributi, evadono il fisco…
Parliamo di un sistema malsano che è andato crescendo, nell’indifferenza generale delle istituzioni, arrivando a un punto quasi di non ritorno, e che ha consentito, in particolare in una regione come l’Emilia Romagna, un’infiltrazione della criminalità organizzata piuttosto forte.
Insieme a un collega che ha lavorato con me in questi ultimi trent’anni, abbiamo scritto un articolo sul “Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali” proprio su questi aspetti. Per una trattazione più ampia del tema, rimando a questo scritto.
Ciò che ci aveva stupito è che questa modalità di utilizzare la manodopera purtroppo non era adottata soltanto dalle imprese, chiamiamole così, marginali, ma anche da grandi imprese con nomi prestigiosi di livello internazionale o multinazionale. Questa nostra denuncia era stata criticata, dopodiché già nel mese di maggio un magistrato di Milano ha ritenuto di commissariare una delle più grandi imprese di questo settore, una multinazionale ora acquisita da un gruppo con spalle più forti ancora, perché nella gestione della manodopera dava spazio ad ampie forme di illegalità.
Aggiungo che si tratta di un fenomeno specificamente italiano, che non si trovava fino a qualche anno fa in altri paesi europei. Con la diffusione dell’e-commerce pare invece che la mala pianta si stia diffondendo.
Nel 2011, in questo contesto, è avvenuto ciò che era forse inevitabile, cioè una rivolta gestita in particolare dai Cobas, che hanno creato una situazione di conflittualità piuttosto forte, scavalcando completamente i sindacati confederali. I quali nel 2017 sono riusciti in parte a riprendere il controllo della situazione attraverso la firma di un nuovo contratto del trasporto e della logistica. Si è così potuto riportare queste dinamiche dentro un livello minimo di regolamentazione delle relazioni industriali. Segnalo però che questo contratto non è stato firmato dalle cooperative, né da Anita, che è l’associazione dei grandi operatori dell’autotrasporto, se non a pochi mesi dalla sua scadenza.
Quindi rimaniamo in una situazione di relativa instabilità. Il contratto scade a dicembre. Vedremo sostanzialmente come vanno le cose nei negoziati per il rinnovo.
Una delle novità importanti di quest’ultimo contratto è che finalmente si era riusciti a ottenere dalle associazioni datoriali una regolamentazione degli appalti. Questo è potuto avvenire grazie a uno scambio, in base al quale il sindacato ha concesso maggiore flessibilità sull’orario. Tuttavia, con l’aria che tira all’interno delle associazioni datoriali, temo che questo accordo non possa reggere a lungo.
Ma forse la cosa che più fa riflettere è che questa grande impresa, che sostanzialmente è stata costretta dalla magistratura ad adottare una gestione della forza lavoro rispettosa delle regole, ha reagito dicendo: “Benissimo, signori, però se io faccio così sono fuori mercato”.
Ciò vuol dire che siamo arrivati a una situazione in cui le imprese possono stare sul mercato soltanto c ...[continua]
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