10 settembre 2005
Cari amici, riprendiamo l'invio della newsletter di una città con una tristissima notizia. Gino Bianco, il nostro direttore responsabile, è morto. Era un carissimo amico, ci aveva aiutato con i suoi consigli, ci voleva molto bene ed è riuscito a dimostrarcelo anche in punto di morte. Anticipiamo il saluto che pubblicheremo sul prossimo numero della rivista.
"Abbiamo conosciuto Gino nel ‘96, quando lo intervistammo su Andrea Caffi. Nel ’97 facemmo l’intervista su Nicola Chiaromonte di cui era stato amico e allievo.
Per noi, e per me in particolare, fu un incontro decisivo.
Io che, insieme ad altri amici, da cinque anni facevo la rivista, che anni prima per un decennio avevo fatto militanza politica a tempo pieno, non conoscevo i nomi di Caffi e di Chiaromonte. Mi vergognai molto ma, all’improvviso quasi, capii molte cose.
Grazie a Gino veniva alla luce una tradizione minoritaria, ma vitale, di compagni e pensatori straordinari, ognuno diverso dall’altro, amici fra di loro, isolati, che "avevano avuto ragione”. Ragione a essere antifascisti e a lottare, con coerenza e altrettanta intransigenza contro ogni totalitarismo, a pensare che i cambiamenti in meglio avvengono con le parole, con la cultura, con l’educazione e non con la violenza, che bisogna costruire da subito e non abbattere solamente. Persone che furono isolate e denigrate in vita, e dimenticate da morte, anche quando la storia, ma non chi aveva avuto torto, diede loro ragione.
Quell’incontro ci ha aiutato molto. E’ facile che chi ha creduto di cambiare il mondo, di avere la verità in tasca, una volta deluso, abbandoni tutto, anche gli ideali di gioventù, che l’avevano mosso, e, in qualche modo passi "dall’altra parte” o si ritiri a vita privata accettando di buon grado i privilegi che la fortuna gli ha concesso. Incontrare persone più grandi che, pur nell’isolamento, avevano tenuto fede a un impegno, a un rigore morale, continuando a credere che si può costruire, lottare, far qualcosa di buono, passando la speranza e i progetti di generazione in generazione, è stato importante. E’ stato anche come ritrovare una famiglia, e poterne sfogliare l’album di foto e leggere le carte.
Poi con Gino siamo diventati amici e lui ci ha fatto l’onore di prestare la firma a Una Città. E’ sempre stato un piacere averlo agli incontri nazionali della rivista. Ed era anche divertente vedere come i nuovi arrivati chiedessero chi fosse quel piccolo uomo, più anziano di noi, un po’ goffo, vestito in modo trasandato, taciturno. "E’ Gino Bianco, era a Tempo Presente con Chiaromonte, è stato a Londra più di vent’anni per l’Internazionale socialista…”. Dopo un po’ li vedevi al tavolo a cercar di sapere… Di Willy Brandt, di Golda Meir, del ‘60 a Genova, di Silone, dei socialisti italiani, della Polonia, tanto cara a Caffi e dove il nome Chiaromonte è tanto rinomato quanto non lo è in Italia, di Israele, che da buon vecchio laburista non riusciva a smettere di amare… di tutti quelli che Gino aveva conosciuto, ma di cui parlava con grande semplicità, senza mai l’ombra di una vanteria.
I libri di Chiaromonte, di Caffi, quelli che Gino ha dedicato loro, sono libri che quasi nessuno legge, sono seppelliti nei magazzini, e a volte, come mi ha detto alcuni giorni fa con rammarico un amico, cui peraltro va il grande merito della pubblicazione, tolti dai cataloghi, per ragioni meramente amministrative: già, proprio quelli di Chiaromonte. Le carte di Chiaromonte, le sue ricchissime corrispondenze giacciono sepolte a Yale e non avremo mai il bene di vederle pubblicate. Eppure quei libri, quelle carte sono lì, sono vive, ogni tanto compare un giovane che cerca… E forse il numero di questi giovani sta crescendo. Così ci diceva due giorni fa Miriam Chiaromonte a proposito dei libri di Gino e della loro importanza.
Ora, dopo tanti anni, esce di nuovo, ristampato, il libro di Gino su Caffi con la famosa prefazione di Moravia. Gino non ha avuto il bene di averlo fra le mani, così come non vedrà il quaderno che insieme stavamo preparando su Chiaromonte. Ma andremo in giro a presentarli. Continueremo nel nostro piccolo a passare quel testimone.
Credo che Gino su questo ci contasse.
Speriamo, anche, noi di Una città, per quello che abbiamo fatto in questi anni, di essere riusciti a dargli qualche soddisfazione."
una città / 2010
Testo di una città
10 settembre 2005
Archivio
Il Bbc World Service
Una Città n° 309 / 2025 aprile
Realizzata da Stefano Ignone
Realizzata da Stefano Ignone
Cari amici,
c’è un’ora nel cuore della notte in cui è quasi impossibile rimettersi a dormire. L’agitazione mentale, lo stress e la cara vecchia insonnia non si placano semplicemente restando immobili, respirando profondame...
Leggi di più
QUEL FRUTTO AVVELENATO
“Amo le vite che quasi non parlano”, recita un verso famoso di una poesia di Saba del 1944. Da quando, il titolo: “Da quando la mia bocca è quasi muta / amo le vite che quasi non parlano”. Ho invidiato la rapidità e l...
Leggi di più
editoriale del n. 309
Una Città n° 309 / 2025 aprile
Dedichiamo la copertina a quel che succede a Gaza, dove ogni giorno, sotto bombardamenti indiscriminati, muoiono decine di civili fra cui tanti bambini, dove un’intera popolazione viene affamata di proposito, dove le malattie e le ferite non possono...
Leggi di più
LA ROUTE, IL FARE STRADA
Una Città n° 309 / 2025 aprile
Realizzata da Luciano Coluccia
Realizzata da Luciano Coluccia
Simone Frignani, laureato in biologia e in scienze religiose, insegna religione cattolica alle scuole medie e ha creato diversi percorsi a piedi e in bicicletta, tra cui il Cammino di San Benedetto. Per Terre di mezzo Editore ha pubblicato: Il Cammino di ...
Leggi di più
Parents circle - Robi Damelin
Realizzata da Stefano Ignone
Robi Damelin è nata a Johannesburg, in Sudafrica ed è immigrata in Israele nel 1967. Prima di allora era impegnata nel movimento anti-apartheid. Nel marzo del 2002, suo figlio David, 28 anni, è stato ucciso da un cecchino mentre prest...
Leggi di più