Chi sa che in quella platea non vi sia qualcuno, per esempio direi Oliviero Zuccarini e gli scrittori di «Critica Politica», che hanno orecchi per sentire. Tutti domandano al «Governo» aiuti -cioè carta moneta e inflazione- per la ricostruzione delle case demolite dalla guerra. E il governo promette aiuti -cioè carta moneta e inflazione- a tutti, e manda impiegati del genio civile qua e là a far perizie e promettere aiuti -cioè carta moneta e inflazione- a tutti; e chi aspetta la manna governativa, se ne sta con le mani in mano ad aspettare. Se qualcosa si fa per riparare al disastro, si fa nei piccoli paesi lontani dalle autorità governative dove fortunatamente nessuno spera nulla, anzi tutti hanno paura del «governo», e debbono arrangiarsi da sé, meglio che possono.
Se Carlo Cattaneo non fosse vissuto in Italia, la gente domanderebbe al Governo due soli provvedimenti: 1) che esentasse per legge da ogni imposta sui fabbricati per mezzo secolo le aree che una volta erano fabbricate e che sono state demolite dalla guerra; e 2) che istituisse banche provinciali di prestiti al 2% d’interesse con ipoteche sulle aree fabbricabili. Dopo di che ognuno dovrebbe sbrigarsela da sé, senza genio civile. Si può essere certi che le case ognuno se le ricostruirebbe da sé colla massima economia possibile e al più presto possibile, come se le era costruite in passato da sé. Il «governo» deve intervenire in questa faccenda a fare solamente quello che i privati non possono fare da sé, cioè abolire la imposta, rendere possibili i prestiti su ipoteca a modico interesse, e inoltre riorganizzare al più presto i trasporti interni e la importazione dall’estero di quelle materie prime che mancano in Italia.
Finché il problema dei trasporti e quello delle materie prime non è risoluto, è inutile illudersi che le case demolite possano essere ricostruite. Bisogna che ognuno «si arrangi da sé» meglio che può, senza aspettarsi nulla dal governo. Invece tutti domandano tutto al «governo». E il «governo» promette putacaso 500 milioni di carta straccia a Napoli, 200 milioni a Messina, 10 milioni al paese del sottosegretario Caio, 5 milioni ai possibili elettori del segretario Sempronio.
Ho parlato delle autonomie locali. Non basterebbe abolire l’autorità dei prefetti sui comuni e sulle province. Bisognerebbe restituire ai comuni e alle province molte delle funzioni che sono state usurpate dalla burocrazia accentrata, cominciando per esempio dalle scuole elementari e secondarie, e dalle strade e ferrovie d’interesse locale. Naturalmente insieme con questi servizi dovrebbero essere trasferite agli enti locali le sorgenti tributarie necessarie per alimentare quei servizi: la imposta fondiaria e la tassa sui fabbricati. Si risolverebbe così anche il problema della perequazione fondiaria, perché non ci sarebbe più bisogno di perequare la imposta fondiaria di Val d’Aosta alla imposta fondiaria di Siracusa: ognuno si terrebbe per sé la propria fondiaria. Si perequerebbe così anche la imposta sui fabbricati. Nell’Italia settentrionale e centrale le abitazioni rurali, sparse per le campagne, sono esenti dalle imposte sui fabbricati. Nell’Italia meridionale i contadini abitano accentrati in mostruose borgate rurali, e tutte le loro case pagano la imposta sui fabbricati. Quando ogni comune e provincia si tenga per sé la imposta sui fabbricati, questa ingiustizia cesserebbe automaticamente. Questo è uno dei vantaggi del metodo federalista: risolve molti problemi di giustizia, distributiva fra le diverse parti del paese abolendo le funzioni e le entrate del governo centrale.
Questo non vuol dire che il governo centrale venga a sparire. Come ho già detto, vi sono funzioni che esso solo può e deve esercitare. Fra queste funzioni vi è anche quella di intervenire negli affari locali nell’interesse nazionale quando gli enti locali si dimostrino inetti a eseguire le leggi rese necessarie dall’interesse e dal decoro nazionale. Per esempio, vi sono comuni i quali finora si sono dimostrati incapaci di estirpare l’analfabetismo. Quali che siano le cause di questo fatto, è chiaro che le scuole elementari non possono essere abbandonate a quei comuni diciamo così minorenni e irresponsabili. Un provveditore inviato dal governo centrale deve prendersi cura delle scuole elementari nei comuni, nei quali l’analfabetismo della popolazione inferiore ai vent’anni supera putacaso, il 20%. Ma ogni comune deve conservare il proprio bilancio ...[continua]
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