Playboy. L’assunto alla base della tesi della maggioranza silenziosa dell’Amministrazione è che la maggior parte della classe media è intrinsecamente conservatrice. Come possono allora le pur più efficaci tattiche organizzative riunirla a sostegno dei vostri obiettivi radicali?
Alinsky. Conservatrice? Sono un mucchio di stronzate. In questo momento non stanno proprio da nessuna parte. Ma nei prossimi anni possono andare, e lo faranno, in una delle due direzioni possibili: verso un fascismo nativo americano o verso un cambiamento sociale radicale. In questo momento sono congelati, inebriati dall’apatia; conducono quella che Thoreau definiva “una vita di quieta disperazione”. Sono oppressi dal fisco e dall’inflazione, avvelenati dall’inquinamento, terrorizzati dalla criminalità urbana, spaventati dalla nuova cultura giovanile, intimoriti dal mondo computerizzato che li circonda. Hanno lavorato tutta la vita per avere la loro casetta in periferia, la loro tv a colori, le loro due auto, e ora la bella vita sembra essersi tramutata in un pugno di mosche. Le loro vite personali sono generalmente insoddisfacenti, così come il loro lavoro; hanno ceduto ai tranquillanti e agli stimolanti, hanno affogato le loro ansie nell’alcool, si sentono intrappolati in matrimoni di lunga durata o fuggono da divorzi tormentati dai sensi di colpa. Stanno perdendo i loro figli e i loro sogni. Sono alienati, spersonalizzati, senza alcun sentimento di partecipazione al processo politico, e si sentono rifiutati e disperati. La loro utopia fatta di status e sicurezza sociale è diventata un pacchianissimo sobborgo; le loro linee di demarcazione si sono tramutate in sbarre di prigione e la loro disillusione si avvia alla fase terminale.
Sono i primi a vivere in un mondo totalmente orientato dai mass-media, e ogni sera, quando accendono la tv e guardano il telegiornale, assistono alla quasi incredibile ipocrisia e all’inganno, persino all’assoluta idiozia dei nostri leader nazionali, alla corruzione e alla disintegrazione di tutte le nostre istituzioni, dalla polizia e dai tribunali alla Casa Bianca stessa. La loro società sembra sgretolarsi e si considerano essi stessi solo piccoli fallimenti all’interno di un fallimento più grande. Tutti i loro vecchi valori sembrano averli abbandonati, lasciandoli senza timone in un mare di caos sociale.
Credetemi, cose del genere costituiscono un’ottima base organizzativa.
La disperazione c’è, ora tocca a noi andare a mettere il dito nelle piaghe del malcontento, galvanizzare le persone per un cambiamento sociale radicale. Daremo loro un modo di partecipare al processo democratico, un modo per esercitare i loro diritti di cittadini e per colpire l’establishment che li opprime, invece di cedere all’apatia. Cominceremo con questioni specifiche -tasse, posti di lavoro, problemi dei consumatori, inquinamento- e da lì passeremo alle questioni più grandi: la corruzione al Pentagono e al Congresso e nelle sale riunioni delle megacorporation. Una volta che avremo organizzato le persone, queste continueranno ad avanzare di questione in questione verso l’obiettivo finale: il potere del popolo. Non solo daremo loro una causa per cui combattere, ma renderemo di nuovo la loro vita dannatamente eccitante - vita, e non più solo esistenza. Li riaccenderemo.
(tratto dall’intervista concessa a “Playboy” da Saul Alinsky nella primavera del 1972, poco prima della morte)
Vita, e non più solo esistenza
i reprint
Una Città n° 268 / 2020 luglio-agosto-settembre
Articolo di reprint di Saul Alinsky
Tradotto da Stefano Ignone
Vita, e non più solo esistenza
Intervento tratto dall’intervista concessa a “Playboy” da Saul Alinsky nella primavera del 1972, poco prima della morte
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