Voi siete un gruppo di insegnanti, amiche fra di voi, e avete lavorato per anni nella stessa scuola, vivendo tutti i cambiamenti e le vicissitudini del lavoro di insegnante. Partiamo dagli studenti.
Alba Piolanti. Quest’anno, per la prima volta, mi sono trovata a dover sospendere due ragazzini. E poi, alla fine del quadrimestre, abbiamo dovuto decidere che voto dare in condotta, perché c’erano le sospensioni, una pila di note, e un registro che sembrava… hanno perfino tentato di strappare il registro. Io non sapevo neanche più che voto si potesse dare in condotta. Ero rimasta al sette, che già mi sembrava un’esagerazione. Invece i colleghi hanno detto: “No, si può dare anche sei”. Allora, se si può dare sei, mi sembrava proprio il caso di darlo. Anche perché stiamo pensando di sospenderli di nuovo questi ragazzi.
Gabriella Giuliucci. Però anche dare sei mi sembra inutile.
Alba. Sì, ma allora? Possiamo cacciarli via dalla scuola?
Gabriella. Con la normativa precedente, col sette in condotta rischiavi di andare a settembre con tutte le materie. Ora il voto in condotta non ha più alcun effetto pratico.
Simonetta Corradini. E’ solo un segnale.
Alba. Io sono al biennio da cinque anni. La situazione è quella di una maleducazione che non avrei mai immaginato. E non intendo che non si alzano quando entra l’insegnante, non ci è mai interessato. La maleducazione è proprio l’assoluta mancanza di rispetto, la prepotenza, la violenza determinata nei confronti dei compagni, oltre che degli insegnanti; il “vaffanculo”, quello rivolto all’insegnante, è veramente il meno.
Annamaria Ramoscelli. Anche con il personale della scuola…
Alba. Certo, con il personale non docente. Ormai io, prima di entrare in classe, ci metto un piede: “Ragazzi, sono qui. Ci siete?”. Aspetto che arrivino, poi vanno a prendere la scopa, spazzano, portano via l’immondizia e mettono i banchi in ordine. Sennò io non entro. Ci vogliono dieci minuti? E’ lo stesso: io entro solo quando hanno messo a posto l’aula. Si fa anche lezione. Non è che non ci si riesca, però ogni volta bisogna dare il là in questa maniera, che è talmente contro la mia indole... E il linguaggio? “Invece di dire soccia, sai che puoi dire accidenti?”. “Ah, davvero prof? Allora adesso dico sempre accidenti”. Non parliamo poi dei genitori, che non esistono, non si rendono conto, non sono presenti; per farli venire a scuola servono telefonate, telegrammi... Dal papà di una delle ragazze, che ha una carrozzeria, c’è dovuto andare il nostro collega; si è presentato lì una mattina: “Senta, per piacere, venga a scuola che dobbiamo parlare di sua figlia”. E lui si è messo le mani in testa e ha detto: “Ah, io non so più cosa fare”. Ma non è venuto. Poi io mi lamento, ma in fin dei conti vado d’accordo con le ragazze, riesco anche a farle lavorare, a non farle uscire dall’aula. Però, appunto, siamo tornati a fare i vigilantes. Io ce la faccio ancora, ma ci sono dei colleghi che sono sfiancati, che non ce la fanno, perché se non riesci a domarle nei primi dieci minuti, tutta l’ora diventa un tormento. Se poi hai due ore di seguito… I colleghi che hanno due ore di seguito, e magari proprio le ultime due ore, io li vedo quando escono, non ce la fanno più. Perché loro ti provocano continuamente.
Gabriella. Io ho il triennio, e lì non è così. Al triennio, quelli che non si sono integrati sono già stati bocciati e quindi non ci sono più. Ma anche lì ti obbligano ad assumere un atteggiamento autoritario. Se ti chiedono: “Posso uscire?”, tu devi dire di no, se no dopo due minuti escono tutti. Io teorizzavo che essendo grandini, in quarta, quinta (hanno già l’automobile, vengono a scuola sgommando), avrebbero dovuto e potuto autocontrollarsi, entrare e uscire senza chiederlo. E’ stata la fine. Quindi devi assolutamente tenere un atteggiamento autoritario. E quando succedono delle cose spiacevoli con altri insegnanti, come ad esempio i supplenti, e ne discuti con loro, loro dicono: “Allora, prof, perché con lei noi ci comportiamo bene?”. Pare che questo atteggiamento tremendo sia proprio quello che esigono.
Simonetta. Io adesso insegno in un liceo. Però la maleducazione è ana ...[continua]
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