Vittoria Gallina, classe 1940, è tra le principali studiose italiane dell’analfabetismo funzionale ed esperta nazionale coinvolta nelle più importanti indagini Ocse sulle competenze degli adulti, in particolare il Programme for International Assessment of Adult Competencies (Piaac).

“Il nostro paese è penalizzato rispetto al benchmark europeo sia per l’abbandono anticipato dello studio sia per il mismatch tra domanda e offerta di lavoro -occorre agire lungo tutto il percorso di istruzione: dalla scuola primaria all’università. Da un lato, occorre arricchire la scuola obbligatoria e media superiore con l’insegnamento delle abilità fondamentali e delle conoscenze applicative coerenti con le sfide che la modernità pone. Dall’altro, occorre consentire ai percorsi universitari una maggiore flessibilità e permettere la specializzazione degli studenti in modo più graduale”.
Questa è la presentazione che introduce l’elenco degli impegni della Missione 4 del Pnrr “Istruzione e ricerca” ed è questo il contesto in cui si colloca l’obiettivo: “Miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti”. Appare quindi utile riflettere sul rapporto tra formazione iniziale e reclutamento del personale docente della scuola secondaria, tenendo conto dei percorsi di avvio alla professione definiti nei quadri normativi dei paesi europei. Fonti di riferimento per questa breve nota sono gli studi comparati promossi in particolare da Eurydice, dall’Ocse e dall’European University association tra il 2015 e il 2021 (L’indagine Eacea/Eurydice del 2015, il Rapporto Eurydice 2018, l’indagine Ocse-Talis, e il più recente Teachers in Europe 2021).
Il punto centrale di questi lavori è la convinzione, condivisa da studiosi, politici, esperti attivi a livello istituzionale, ecc., che la formazione dei docenti abbia una importanza fondamentale se si vuole garantire la qualità dell’insegnamento in genere e soprattutto risultati veramente positivi per gli studenti: “Teacher education matters”.
Cosa rilevano le analisi comparate dei processi che, nei vari paesi europei, si attivano per la formazione iniziale dei docenti? Prima di rispondere a questa domanda, è utile esplicitare un caveat, cioè il rischio di astrattezza che si determina sempre perché, al di là del loro valore, le analisi comparate appaiono talora lontane dai processi reali di insegnamento-apprendimento, la cui efficacia risiede prevalentemente nella qualità della relazione educativa, e anche dalla reale difficoltà di valutare, a distanza di tempo, i risultati conseguiti dalle politiche adottate dai paesi membri.
La letteratura istituzionale disponibile evidenzia inoltre che la formazione iniziale accademica più quella sul campo, così come realizzata nei vari sistemi europei, è valutata non pienamente soddisfacente dagli stessi decisori istituzionali, nonostante l’articolazione e le differenze dei modelli operativi presenti nei vari paesi europei. I due modelli in cui si articolano in Europa l’Ite (Initial teacher education, la formazione iniziale) e l’Induction (accompagnamento al lavoro pratico durate il/i primo/i anni di lavoro) possono essere così rappresentati: un modello “simultaneo”, in cui la formazione professionale si sviluppa entro e durante lo studio a livello accademico della/e materia/e scolastica/he scelta/e per l’insegnamento, e un modello “consecutivo”, dove la formazione professionale è preceduta dallo studio della/e materia/e a livello accademico cui segue la formazione “dentro la scuola” come esercizio diretto di attività di insegnamento.
Gli elementi che caratterizzano e condizionano, differenziandole, le politiche relative alla formazione docenti possono essere descritti secondo due tipi di indicatori (A e B). All’indicatore A abbiamo: la pianificazione preventiva specifica dell’offerta e della domanda di docenti (in Italia e Francia avviene nell’arco di due-tre anni, molto più lunga invece, da sei a dieci anni, in Belgio, Germania Danimarca, Olanda, Austria, Finlandia, Norvegia); l’esistenza di politiche volte a rendere attrattiva la professione docente, soprattutto di fronte alla carenza di docenti in alcune discipline, e/o squilibri a livello territoriale (in Norvegia per esempio si offrono incentivi per attrarre persone già laureate che non si erano ancora rivolte all’insegnamento); la differente definizione dei requisiti richiesti per essere considerati docenti a pieno titolo: i laureati della formazione iniziale devono soddisfare ulteriori requisiti per essere docenti a pieno titolo. In genere questo avviene una volta completata la formazione iniziale sul campo (previa valutazione e accreditamento).
Come indicatore B, abbiamo la fase di induction alla professione rivolta ai futuri docenti o ai docenti all’inizio della carriera: esiste nella maggior parte dei sistemi d’istruzione ed è in genere obbligatoria, ma la sua organizzazione varia nei diversi paesi. Elementi presenti nei vari sistemi appaiono il mentoring, l’apprendimento tra pari e il sostegno/vigilanza del dirigente scolastico. In quasi tutti i paesi in cui l’induction è obbligatoria, gli insegnanti vengono valutati al termine di tale periodo, al fine di verificare che abbiano acquisito le necessarie competenze pratiche per lavorare in modo autonomo. Tale valutazione può far parte di un processo più completo e formale di certificazione, soprattutto laddove sono definiti “quadri di riferimento” delle competenze degli insegnanti. I percorsi possono durare un periodo che varia da meno di un anno fino a due anni.
Può essere utile, come esemplificazione, la descrizione dell’articolazione di questi processi in tre paesi.
In Germania, il servizio preparatorio, induction, retribuito e obbligatorio presso una scuola (Vorbereitungsdienst) è la condizione per l’avvio alla professione. Tutti i laureati (dopo un primo esame di stato o una laurea di secondo livello in formazione degli insegnanti) devono effettuare tale servizio per superare il secondo esame di stato necessario all’abilitazione e ottenere un posto di insegnante a tempo indeterminato.
In Francia, il concorso alla fine del quarto anno della formazione iniziale (Master 1) è seguito da un programma di formazione durante il quale l’aspirante docente è retribuito come tirocinante/dipendente pubblico; se il risultato del concorso non è stato soddisfacente si continua per un secondo corso (Master 2). Durante questo Master 2, si effettua un tirocinio in una scuola (8-12 settimane) come avvio alla professione dove non è prevista retribuzione per le attività di insegnamento.
In Austria, il programma di avvio alla professione per i futuri insegnanti delle Allgemeinbildenden höheren Schulen (scuola secondaria) è parte della formazione iniziale. Esso si svolge a livello accademico alla fine di tale percorso; solo dal 2019 è obbligatorio per tutti gli insegnanti principianti un corso di formazione sul campo, organizzato all’inizio del primo contratto come insegnanti laureati.
Più volte, nel corso degli ultimi anni, l’Europa è intervenuta sul tema e ha dato indicazioni di carattere generale agli stati membri “nel rispetto del principio di sussidiarietà, dell’autonomia istituzionale e a seconda delle circostanze nazionali”.
Il Consiglio del 20 maggio 2014 afferma la necessità di garantire un’efficace formazione degli insegnanti e conclude con queste considerazioni: il ruolo degli insegnanti e le aspettative riposte in loro stanno evolvendo. Si tratta di migliorare i programmi di formazione e le procedure di assunzione, identificandone le competenze professionali necessarie entro quadri di competenze che definiscano conoscenze, capacità e attitudini, non solo nella scuola, ma anche nell’istruzione e nella formazione professionale (Ifp) e nell’apprendimento in età adulta. Si auspica quindi il potenziamento degli istituti di istruzione superiore, che forniscono agli insegnanti una formazione iniziale, quali centri di formazione sia degli insegnanti che dei formatori di questi, promuovendo forme di dialogo e partenariato tra soggetti erogatori della formazione, istituti di istruzione, rappresentanti del mercato del lavoro e comunità di riferimento.
Si sottolinea l’esigenza che i formatori degli insegnanti e gli insegnanti stessi acquisiscano un livello sufficiente di competenze digitali e imparino ad aiutare i discenti nell’utilizzo “assennato e sicuro” di queste, finalizzato ad attivare meglio i processi di apprendimento individuali.
Ancora, il Rapporto Eurydice del 2018 declina in questo modo il significato dell’imparare nella formazione professionale dei docenti: imparare a insegnare, compresi gli aspetti relativi alla gestione del comportamento, all’inclusione, al benessere degli studenti e al loro apprendimento evolutivo (emotivo, fisico e cognitivo); imparare a insegnare una materia, compresi gli aspetti epistemologici e didattici, le “mis-concezioni” del curriculum e le modalità di valutazione dei risultati di apprendimento; imparare a essere un insegnante, comprese le questioni relative alla riflessività, al proprio sviluppo professionale, alla relazione con i genitori, alla ricerca, alla comprensione del contesto scolastico e delle pratiche didattiche innovative.
In modo specifico si evidenziano in tre punti i “compiti” che dovranno impegnare i vari paesi: modificare le politiche educative e scolastiche in vista di una progressiva e sistematica generalizzazione della formazione iniziale -fino alla fase di induction- per tutti gli insegnanti, attraverso un raccordo organico tra reclutamento, formazione iniziale e formazione in servizio; aggiornare e ridefinire i modelli e i contenuti della formazione iniziale, in modo che i nuovi docenti stessi possano contribuire maggiormente allo sviluppo di un sistema più equo e partecipato, in grado di tener meglio conto del contesto sociale e dei suoi cambiamenti nonché delle condizioni di lavoro concrete esistenti nelle scuole; rinnovare i percorsi verso una nuova organizzazione della formazione che integri la formazione accademica con quella sul campo, per una generalizzata costituzione di “comunità di pratica professionale” che coinvolga in modo coerente e continuativo università e scuola.