Rita Hermon-Belot, storica, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, ha pubblicato tra l’altro: L’Emancipation des juifs en France, 1999 e La genèse du système des cultes reconnus: aux origines de la notion française de reconnaissance, 2005.

Qual è la storia del pluralismo religioso in Francia?
Il pluralismo, cioè l’accettazione della diversità religiosa, in Francia ha una storia lunga e controversa legata a diversi fattori. Innanzitutto la Riforma protestante: la Francia della fine del Cinquecento fu travagliata dalle guerre tra i cattolici e i protestanti.
Un primo tentativo di pacificare questi conflitti conservando un quadro pluralista è costituito dall’Editto di Nantes, promulgato da Enrico IV nel 1598. L’editto riconosceva la libertà di coscienza in tutto il territorio francese, garantendo ai protestanti uguaglianza con i cattolici e la libertà religiosa e politica. Tuttavia, i provvedimenti contenuti nell’editto, all’epoca abbastanza eccezionali, non furono mai pienamente posti in atto e alcune clausole vennero abrogate dal cardinale Richelieu, primo ministro di Luigi XIII.
La monarchia francese era talmente legata alla Chiesa cattolica che nel corso del XVII secolo si era via via rafforzata la convinzione che se c’era tolleranza per culti religiosi diversi da quelli del re si creava uno “Stato nello Stato”. Questa era appunto l’idea di Richelieu.
In sostanza, durante i regni di Luigi XIII e Luigi XIV prese forza l’idea che l’editto di Nantes fosse contrario alla logica della monarchia francese. Così i protestanti furono lentamente esclusi dai pubblici uffici e dalle libere professioni. Luigi XIV aspirava a eliminare il protestantesimo dalla Francia. Le persecuzioni aumentarono, fino a giungere all’aperta violenza.
Alla fine del 1685, con l’editto di Fontainebleau, quello di Nantes venne ritirato, con il pretesto che in Francia non c’erano più protestanti. Con la revoca dell’editto di Nantes, iniziò un esodo in massa degli ugonotti, che erano in gran parte banchieri, imprenditori, abili artigiani e operai specializzati. Luigi XIV agì anche contro i giansenisti, deciso a impedire che, pur nell’ambito dell’ortodossia religiosa, si affermasse questo piccolo ma compatto gruppo critico verso la Chiesa ufficiale.
Per quanto riguarda gli ebrei?
L’altra minoranza religiosa erano appunto gli ebrei, che si trovavano in territorio francese fin dall’antichità, dalle guerre romane.
Dalla Francia vennero espulsi una prima volta all’inizio del ‘300. Gli vennero confiscati i beni, ma non si impedì loro, di lì a qualche tempo, di rientrare e riavviare le loro attività, costituire i loro nuclei famigliari, arricchirsi, sebbene molto relativamente, salvo poi espellerli nuovamente, confiscandone i beni. Questo accadde ripetutamente fino alla fine del XIV secolo, nel 1394, quando ci fu l’espulsione definitiva.
I pretesti delle epurazioni e persecuzioni erano i più svariati. Comunque a partire da questo momento non ci sono ebrei nel regno e così rimane fino all’inizio del XVI secolo, quando lo sviluppo economico convince i regnanti a richiamare gruppi di ebrei nel sud ovest della Francia, per sviluppare le attività portuali. Si trattava specialmente di ebrei cacciati dal Portogallo, e prima ancora dalla Spagna, e che si erano rifugiati in Olanda.
Li chiamarono per le loro competenze economiche. Essi rientrarono nel regno su domanda reale e venne loro concessa una patente come “nuovi cattolici”. Non rientrarono dunque in quanto ebrei, ma in quanto portoghesi. Non verranno riconosciuti come ebrei fino all’inizio del XVIII secolo.
Intanto con l’annessione di alcune regioni dell’est, soprattutto l’Alsazia, si “annettono” altri gruppi di ebrei, ma si tratta sempre di autorizzazioni a singole famiglie. C’è quindi un pluralismo religioso di fatto, ma senza alcun riconoscimento pubblico.
Tutto questo inizia a cambiare alla vigilia della Rivoluzione, nell’ambito del Dispotismo illuminato. Nel 1784, il re emette un editto di tolleranza per i “non cattolici” (non vuole nemmeno usare il termine “protestanti”). Questo editto permette loro di avere uno “stato civile”, di potersi sposare ufficialmente, e di conseguenza di poter legare i propri beni ai figli. Perché, nella misura in cui ufficialmente non c’erano “non cattolici” e tutto ciò che concerneva lo stato civile era gestito dai preti cattolici, o queste persone si facevano registrare come cattolici o non si facevano registrare affatto. E quest ...[continua]

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