Nicola l'ho conosciuto nell'estate del '45. Prima ci eravamo incontrati un paio di volte, ma di sfuggita, né lui né io ricordavamo bene né dove né quando. Quell'estate invece facemmo amicizia. Eravamo vicini al mare, a Cape Cod, nella Nuova Inghilterra. Lui aveva un approssimativo cottage sulla spiaggia, dove ogni tanto arrivava anche Nicolo Tucci, come un uccello di passaggio. La spiaggia era magnifica, immensa, con dietro una macchia selvaggia. Di notte si facevano pic-nic alla luce della luna e ci si bagnava nudi, in un'acqua fosforescente, bellissima. Di giorno mi portavo la macchina da scrivere sulla spiaggia deserta, e lì senza ombrellone né niente, con la sabbia che entrava continuamente nella tastiera provavo a lavorare. Chiaromonte mi aveva fatto conoscere Simone Weil, ed io traducevo un suo saggio molto bello sulla guerra di Troia.
Allora, m'ero appena separata da Edmund Wilson: non ancora divorziata ma ci eravamo lasciati. Trovavo Nicola adorabile. Me lo ricordo con un grembiule legato alla vita, un grembiule celeste orlato da volani, mentre faceva le pulizie nel cottage. Sono arrivata una mattina e l'ho trovato così. Mi piaceva molto quello spettacolo, perché Edmund Wilson in grembiule non l'avevo visto mai. Nicola era un gran nuotatore e adorava il mare. Era forte, e destro in alcune cose; in altre impacciato. Per esempio a cavallo: non ha mai avuto un buon rapporto coi cavalli. Ed era bello. L'ho guardato stamattina sul letto di morte, e non era molto cambiato da allora.
Chi l'ha conosciuto soltanto adesso, cosi serio, non può immaginare quanto fosse divertente allora, che aveva quarant'anni. C'era nelle vicinanze della spiaggia una scuola di psicanalisti; ogni tanto venivano a esplorare la nostra spiaggia. Nicola li prendeva in giro, ed essi diventavano sempre più curiosi di lui, ed anche di Tucci. Volevano conoscere le loro motivazioni, il loro meccanismo interno, e non ci capivano niente. Non riuscivano ad inquadrare in alcun modo persone così chiare.
Ho scoperto l'utopia
Si parlava di tutto fra noi, e con gli amici che venivano a trovarci. Uno dei più assidui era Dwight McDonald, il direttore di "politics" (con la p minuscola). Nicola allora collaborava anche ad altre riviste, fra cui la  "Partisan Review" e "The Nation", ma "politics" era quella cui dava di più. Era un giornale da principio di tendenze trotzkiste -perché McDonald era un trotzkista un po' deviante- e che poi, per l'influenza proprio di Nicola, che aveva riavvicinato McDonald alle idee a-narchiche, si era spostato su una linea libertaria. Era molto interessante, molto letto: vi collaboravano da Parigi anche Andrea Caffi e Mario Levi, che erano stati amici di Nicola durante l'esilio in Francia. Fra gli americani, vi scriveva anche James Agee. Fra "politics" e la "Partisan Review" c'era un notevole dissenso sul tema della guerra. La "Partisan" sosteneva in pieno la guerra americana, così come veniva fatta coi bombardamenti a tappeto di Dresda e delle altre città tedesche; "politics" era più pacifista, disapprovava la distruzione delle città, e avrebbe preferito che la guerra, ormai praticamente vinta, si concludesse senza stragi superflue. Nicola era di questa idea.
Per noi era un maestro. Non dico solo per me, che allora ero una professoressa agli inizi della carriera, ma per tutti. Io per la prima volta, in quell'autunno, dovevo cominciare ad insegnare letteratura russa alle universitarie del Bard College, e non sapevo molto di quella cultura. Con Nicola e con Dwight, ma soprattutto con Nicola, parlavamo per serate intere di Tolstoi e di Dostoiewski, e lui in quelle conversazioni ha cambiato la mia vita, in molte cose. Per esempio, io preferivo Dostoievski, lui Tolstoi: mi ha convertito: E' soltanto un piccolo esempio della sua influenza, in un campo particolare. Come influenza generale, diciamo che Nicola ha introdotto nel nostro circolo americano qualcosa dell'Europa: un'Europa diversa non soltanto dall'America, ma anche da quell'altra Europa che noi avevamo conosciuto fino allora solo attraverso Proust e Gide, l'Europa convenzionale del romanzo moderno. Nicola ci ha portato idee più radicali (nel senso che a questa parola diamo noi americani) e ci ha fornito, non so come dire, il retroscena, o meglio il fondamento filosofico della politica. Con lui abbiamo ripercorso tutti gli stadi della teoria politica, dal trotzkismo, al marxismo, risalendo sempre più indietro, fino a Proudhom e agli utopisti del Settec ...[continua]

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