Lidija Popovic, 25 anni, lavorava a B92. Ha lasciato Belgrado dopo le prime due settimane di bombardamenti. Vive ora a Vienna.

Quando hai lasciato Belgrado qual era la situazione?
Sono partita per Vienna dopo la chiusura definitiva della radio, non quella del 24 marzo, ma ai primi di aprile, quando siamo stati tutti licenziati e sostituiti...
La mia famiglia è rimasta a Belgrado. La vita lì è strana: alla mattina esci, puoi passeggiare e fingere che tutto continui normalmente. Solo quando le sirene cominciano a suonare ti rendi conto che c’è la guerra e allora qualcuno va nei rifugi, qualcuno in realtà non vi era nemmeno uscito fuori. Ho degli amici, delle persone anche coraggiose, che dopo qualche settimana non ce l’hanno fatta più, hanno proprio avuto un crollo, del resto quando senti le bombe... Anch’io le ho sentite, nelle due settimane in cui sono rimasta, ed è qualcosa che non si può spiegare. Tra l’altro, ancora adesso la gente non riesce a capacitarsi di come sia possibile che non sia ancora finita. Quando è cominciata tutti speravano che sarebbe durata poco: “E’ impossibile bombardare un paese nel cuore dell’Europa, durerà 7 giorni. Fate qualcosa, qualsiasi cosa per fermarli...”.
Direi che la gente si sente perduta, disorientata, non riescono a capire cosa stia succedendo. E’ una cosa incredibile, credo che non dimenticherò mai quei 14 giorni trascorsi a Belgrado e non riesco a immaginare che vita facciano quelli che sono rimasti; non riesco a immaginarmi come si possa vivere nei rifugi: una persona normale che deve uscire, incontrare gli amici, parlare e poi tornare nel rifugio...
Cosa facevi prima che scoppiasse la guerra?
Avevo cominciato a lavorare alla radio tre anni fa. Prima ancora avevo lavorato a una stazione locale e in un giornale. Sono arrivata a B92 veramente per un puro caso, ero senza lavoro, perché l’ultimo l’avevo perso, e mi sono trovata, per così dire, “al party giusto”. Infatti incontrai un ragazzo che faceva il tecnico, cominciammo a chiacchierare, scoprimmo che a entrambi piaceva la Citroen e la radio e allora mi disse: vieni a B92. “B92? Non posso, non sono poi così intelligente”. Ma lui insistette, così andai e cominciai a lavorare prima come conduttrice musicale, successivamente mi proposero di lavorare agli esteri e così il destino volle che quando cominciò l’escalation in Kosovo, toccò anche a me occuparmene.
Adesso come vedi la situazione?
So che questo suona come un modo di dire, oltre che una banalità, ma ogni guerra deve arrivare a un accordo, e allora non potremmo arrivare all’accordo prima della guerra?
Io francamente non so cosa pensare. Certo che quando dicono che questa è una guerra contro Milosevic... Beh, la semplice possibilità che taglino i collegamenti internet, per dire, mostra che non è una guerra contro Milosevic. Non è ancora successo, ma ci sono una serie di prove del fatto che questa non è una guerra contro Milosevic. E non si tratta solo dei bombardamenti. Voglio dire che non è lui a stare in un ospedale divenuto obiettivo, o nella sede della tv colpita. Le persone che sono morte lavoravano là, ma non erano loro i responsabili della campagna di propaganda dei media. Sono stati dei “danni collaterali”. Non erano neanche giornalisti. Veramente non avevano niente a che fare con questa storia e questo vale per la maggior parte della gente. Purtroppo il problema è cosa fare. Sfortunatamente le dimostrazioni sono finite e noi non abbiamo un movimento come quello di Gandhi da opporre a questa guerra, e non possiamo nemmeno sperare in qualcosa di simile a quanto acccaduto in Cecoslovacchia, o anche in Romania vista la situazione. Questo non è accaduto. Del resto noi non siamo così: nella storia serba non c’è mai stata una rivoluzione di quel tipo. La grande vergogna è che adesso molte persone vengono uccise, e sono persone che non meritavano di perdere la propria vita.
Qualcuno ha parlato di questa guerra come di una “media war”. Tu cosa ne pensi?
In effetti anch’io la vedo così: da un lato, a causa dei bombardamenti, oggi non ci sono più mezzi di informazione in grado di riportare oggettivamente quello che sta accadendo e a mio avviso i media occidentali non stanno riportando gli eventi in modo adeguato. Molta gente è confusa, e non solo in Yugoslavia.
B92 aveva sempre cercato, specialmente durante il conflitto in Kosovo, di promuovere tentativi di pace, in particolare ascoltando e riportando sia le fonti albanesi che quelle ser ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!