Le lettere che seguono si trovano tra le carte di Aldo Moro presso l’Archivio centrale dello Stato. Si riferiscono a due momenti diversi: la scelta di Baget Bozzo di divenire prete e la richiesta, sei anni dopo, da parte di don Gianni ad Aldo Moro di scrivere la prefazione alla sua storia della Dc: Il partito cristiano al potere.

Baget a Moro

Genova, 15/11/1967
Caro Onorevole, ho deciso di farmi prete. Credo sarò ordinato il 17 dicembre, avendo da tempo compiuto gli studi teologici. In questa circostanza desidero dirle, con grande libertà, il profondo affetto e l’autentica stima che ho sempre avuto di lei, delle sue qualità umane e politiche, della sua capacità di governo.
In un mondo carico di molte tensioni, di propositi nobili, di ambizioni e di ostilità pertinaci, ella, credo, solo nel suo mondo ha avuto l’attitudine della chiarezza e del realismo, e dunque la capacità di guidare. Nei lontani anni della gestazione del centro-sinistra ho sempre ammirato, almeno esteticamente, le qualità della sua opera, come si ammira un bel quadro, in cui tutto è in ordine. Ella è veramente un grande “pittore”: e giustamente la politica è detta un’arte.
Ho potuto ammirare la sua opera, così singolare anche tenendo conto del confuso mondo democristiano da cui ella proviene: l’ho ammirata tanto più liberamente in quanto non ne condividevo i presupposti e i fini.
La mia natura dirò prima del mio spirito è portata a considerare piuttosto il lato contemplabile del mondo che il lato agibile. E dunque è giusto che la mia parte sia l’eterno piuttosto che il contingente.
Caro Presidente, i miei più vivi auguri. La qualità della sua opera rivela uno spirito nobile. Non la conosco personalmente, voglio dire nel senso che non ho avuto con lei una frequentazione sufficientemente ampia per poterla conoscere oltre le sue azioni pubbliche. Spero che la sua azione acquisti un giorno un significato diverso da quella che al presente riveste, in un modo che la mia fantasia non sa ancora prefigurare.
Creda nella mia devota amicizia e mi conservi la sua che, nonostante tutto, ho la presunzione d’avere.
Con viva cordialità
Giovanni Baget Bozzo

Moro, all’epoca Presidente del Consiglio, risponde il 15/4/1968

Carissimo, è passato molto tempo dalla Sua cara lettera del novembre scorso. Essa è stata per me una lieta sorpresa e ha toccato il mio spirito. È rimasta così tra le cose importanti, in attesa di una risposta personale che solo oggi, brevissima parentesi pasquale, mi riesce dare. Ella è stato tanto gentile e buono con me sempre e ha voluto esserlo anche con tanta delicatezza nella lettera che mi annuncia la Sua scelta sacerdotale. La ringrazio con tutto il cuore per quel che mi dice, per la sua comprensione e l’amicizia che mi dimostra. So bene di non meritare il Suo giudizio. Ho solo fatto con tenacia e disinteresse quello che mi pareva giusto e perciò doveroso.
Ho sempre temuto di sbagliare e ho atteso con assoluta serenità che mi venisse dagli altri il segno che il mio lavoro, quel lavoro, era terminato.
Ora siamo ancora in un momento decisivo. Ho naturalmente delle preoccupazioni. Vorrei che tutte le novità che avanzano, e non sono tutte buone, riuscissero a darsi valore, per quel che è giusto, nella pace politica e sociale. Credo di capire più chiaramente, perché ho pensato che in maggior numero dovessero essere impegnati i cittadini, per assicurare un ordinato trapasso di esperienza in esperienza. Ma ora l’accento è posto, più che sulla politica, su quello che sta dentro in questo fervore qualche volta sconcertante.
Penso che ella abbia perciò un compito tanto più importante e, in certo senso, più difficile del mio. Ho tanta fiducia in Lei, solidarietà e amicizia. Conosco la sua intelligenza lucidissima e il Suo grande desiderio di bene. Prego e pregherò per Lei. E Lei pure mi aiuti con la Sua preghiera, con la Sua benedizione e il Suo affetto. Con la più cordiale amicizia, mi creda
Suo dev.mo Aldo Moro

Da un biglietto del 6/4/1971 si comprende che Baget chiede un appuntamento per parlare con Moro. Anche da un biglietto del 24 agosto 1972 si comprende che Moro acconsente a un nuovo incontro. Entrambi i biglietti, come pure la lettera che segue, sono su carta della rivista Renovatio.

30/8/1973
Caro Professore, quando ella è stato nominato Ministro degli esteri mi sono reso conto della impossibilità o almeno della grande difficoltà della mia richiesta: non mi meraviglio, perciò che ella non possa accettare.
Ho però fatto questo gesto come un segno spirituale verso la persona che con maggiore lucidità ha espresso ed esprime la grande e drammatica vicissitudine della Dc.
Le parrà strano sentire che ho concepito questa storia come una apologia della Dc: apologia del suo significato storico non banale, della gravità delle prospettive da cui essa è stata ed è portatrice, dello sforzo di sintesi e di mediazione che l’ha animata, e che è la maggiore
realtà politica di questi anni. Ma forse non le parrà strano, lei avrà capito certo che io ho combattuto la Dc solo per amore.
Non ho pensato di dover “autocriticare” le ragioni che mi spinsero a lottare contro il centro-sinistra, anche se lo ritenevo, sin da allora, come inevitabile. È per questa convinzione che ho avuto tanto rispetto e ammirazione per chi, come lei, esprimeva ed esprime la lucidità del destino e del compito della Dc, della sua vocazione di mediazione.
Le invierò egualmente le bozze impaginate; non per la prefazione, ma per il sereno giudizio. Se ella avrà tempo e modo e voglia, verrò sempre volentieri a Roma per vederla.
G. Baget Bozzo