Manlio Milani il 28 maggio 1974 era alla manifestazione antifascista in Piazza della Loggia con un gruppo di amici della Cgil scuola. La bomba, nascosta in un cestino dei rifiuti, esplose in mezzo al gruppo e uccise sua moglie Livia Bottardi, Giulietta Bazoli, Clementina Calzari, Alberto Trebeschi, Euplo Natali, Luigi Pinto, Vincenzo Zambarda, Bartolomeo Talenti. Oggi Manlio Milani è il Presidente della Casa della Memoria di Brescia.

Che sensazione fa dover tornare in un tribunale a 35 anni dalla strage?
La prima sensazione che hai, stando in aula, è di partecipare a un processo ai fantasmi, nel senso che non è presente nessun rinviato a giudizio, è un’aula completamente vuota. Ci sono gli avvocati, ci sono io, qualche altro, e quindi davvero hai la sensazione del vuoto. Eppure lì si sta verificando, per l’ennesima volta, se è possibile capire che cosa è successo nella storia italiana. Tra l’altro, questo è un processo con il nuovo rito, quindi la costruzione delle prove avviene durante il dibattimento. E a me spiace che la Corte abbia escluso dai testimoni, come era stato invece richiesto dai Pm e dalle parti civili, tutti i rappresentanti politici, i funzionari del Sid, dei servizi segreti, tutta quella parte che riguarda un servizio segreto parallelo, definito “anello”.
La ragione è stata motivata dicendo che ai fini probatori non sono indispensabili, il che probabilmente può anche essere vero, però il tema di fondo è che occorre ricostruire il quadro complessivo in cui quei fatti sono avvenuti e, secondo noi, le testimonianze di queste persone potevano essere molto utili proprio per ricostruire il clima di quegli anni. Ancora oggi faccio fatica a dimenticare il processo di Catanzaro, quando Rumor, Andreotti e gli altri dicevano di non ricordare nulla. Ma proprio i loro silenzi, i “non ricordo”, erano estremamente significativi.
Questa è forse l’ultima occasione per ricostruire davvero fino in fondo un pezzo della storia italiana. Per questo credo che la Corte abbia sbagliato a pensare di limitare il processo all’ambito della formazione di semplici prove. Il contesto, pur complesso, sarebbe stato molto importante.
Quando dici “i politici”, ti riferisci ovviamente a quelli dell’epoca…
Certo, ai ministri degli Interni, della Difesa, i Cossiga, gli Andreotti, eccetera. Tra l’altro, per quanto ne sappiamo, Cossiga ha detto, “Ah, io ci verrò di corsa” e sarebbe stato importante sentirlo. Sarebbe stato importante sentire anche Andreotti, e magari potergli chiedere se tra i segreti, tra i pochi segreti come lui dice, che si porterà nell’aldilà, c’è anche qualche cosa che possa interessare le stragi del ’74. Soprattutto se consideriamo che subito dopo la strage di Piazza della Loggia, un po’ prima del treno Italicus, lui confermò (in realtà lo sapevamo già) che Guido Giannettini, indagato per la strage di Piazza Fontana, era un agente dei servizi segreti, che i magistrati stavano cercando e sapevano che era a Parigi, dove prendeva mensilmente il suo stipendio... Quindi sarebbe stato importante chiedere conto anche di questi fatti. Ma tant’è, la storia è così, cominceremo questo processo e dovremo, per quanto ci riguarda, ricostruire quella mattina. Non sarà facile, perché si tratta inevitabilmente di andare a recuperare pezzetti di quella mattina nei suoi minimi particolari. D’altra parte è giusto farlo, per dare comprensibilità anche ai giudici popolari, molti dei quali sono giovani, probabilmente sono nati successivamente al fatto.
Mi ha colpito moltissimo il fatto, che pochi sanno, che tra gli imputati ci sia il generale dei Carabinieri Delfino…
Beh, questo è emblematico di un percorso. Delfino all’epoca era capitano dei Carabinieri, e condusse la prima indagine su Piazza della Loggia, che finì nel nulla. Finì nel nulla, fra l’altro, con una serie di interventi un po’ sospetti. Per esempio, subito dopo la strage fu lavata immediatamente la piazza, inquinando, come si dice, la scena del crimine. Inoltre molte persone sono scomparse, alcuni sono morti, o sono stati uccisi, come Ermanno Buzzi che, condannato all’ergastolo, venne strangolato da Tuti e Concutelli nel carcere di Novara prima del processo d’appello. E un’altra cosa emblematica è la scomparsa di Ugo Bonati, che fu presentato come il testimone principale dell’accusa, perché aveva assistito a tutta la vicenda, dal percorso dell’esplosivo dal bar dei Miracoli a Piazza della Loggia, al deposito della bomba, eccetera eccetera, ma lui ...[continua]

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