Irina Lazarevna Scerbakova è nata nel 1949 a Mosca. Storica per passione fin da quando era traduttrice dal tedesco, ha registrato centinaia di testimonianze di reduci dai campi del Gulag, soprattutto donne, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta. Fu poi una delle prime collaboratrici dell’associazione Memorial. Memorial emerse da gruppi di dissidenti democratici che si battevano per la creazione di un memoriale alle vittime delle repressioni staliniane e per la tutela della memoria del periodo di Stalin. Arsenij Borisovic Roginskij (1946-2017) ne fu il principale animatore, mentre il primo presidente dell’associazione fu il fisico e Nobel per la pace Andrej Dmitrievic Sacharov (1921-1989). Nel 1989 l’associazione, che coordinava gli attivisti di decine di città in Russia e in Urss, fu ufficialmente registrata dalle autorità sovietiche. Dagli anni Novanta è divisa in due sezioni separate: Memorial Internazionale, che si occupa di ricerca storica, divulgazione e attività legate alla riabilitazione delle vittime delle repressioni sovietiche e al diritto alla memoria; e il Centro di Memorial per i diritti umani, che monitora, denuncia e dà assistenza giuridica alle vittime di violazioni dei diritti umani in Russia. Nel corso degli anni Memorial è stata insignita di numerosi premi internazionali ed è stata anche candidata al premio Nobel per la pace. In questo periodo lo Stato russo sta distruggendo l’associazione. A fine dicembre 2021 due tribunali moscoviti hanno deliberato la liquidazione sia di Memorial Internazionale, sia del Centro di Memorial per i diritti umani. La sentenza d’appello, il 28 febbraio 2022, ha confermato la sentenza di primo grado. Abbiamo parlato con Irina Scerbakova del suo percorso biografico e di ricerca, della storia di Memorial, e della situazione attuale in Russia. L’intervista è stata registrata il 7 febbraio 2022, dunque prima dell’aggressione russa all’Ucraina.

Qual è il suo retroterra familiare?
Sono una bambina del “disgelo”, si può dire. In questo mi sento molto fortunata. Anche se sono nata quando Stalin era al potere, il mio primo ricordo cosciente risale a quando avevo tre anni. Come tutti i bambini, ho ricordi frammentari anche degli anni precedenti, ma il mio primo ricordo coerente è proprio legato ai giorni della morte di Stalin [nel marzo 1953]. Sono nata in una famiglia moscovita che, come diremmo oggi, era molto politicizzata: mio nonno materno era un impiegato del Comintern. Sopravvisse alle repressioni, un vero miracolo. Mia madre e mio padre si laurearono alla facoltà di lettere dell’Università di Mosca. Mio padre, che era nato nel 1924, andò al fronte durante la Seconda guerra mondiale, e fu poi invalido di guerra. Erano molto attenti a quello che succedeva nel mondo. Inoltre, la mia era una famiglia ebraica. Eravamo, si può dire, una famiglia di intellettuali ebrei. Allora c’era la campagna contro il “cosmopolitismo”, furono mesi tremendi per noi, perché erano stati tutti licenziati dal lavoro. In famiglia erano tutti a casa.
Suo padre che lavoro faceva?
Mio padre era tornato dalla guerra nel 1944, quando era ancora molto giovane, e poi era andato a studiare all’università. All’inizio degli anni Cinquanta aveva appena finito il dottorato, ma non lo prendevano a lavorare da nessuna parte.
Mio nonno aveva degli incarichi per il Partito. Lavorava per l’Informbjuro (com’è noto il Comintern era stato sciolto nel 1943), nella sezione internazionale, e per l’agenzia Tass. Venne licenziato, e aprirono un procedimento contro di lui. Non solo i familiari, ma tutti i nostri amici e conoscenti ebrei erano stati licenziati uno dopo l’altro.  
Da quanto tempo la vostra famiglia era a Mosca?
A Mosca, prima della rivoluzione non c’erano ebrei. Eccetto persone molto ricche e coloro che avevano un’istruzione universitaria, tutti gli altri erano stati espulsi dalla città durante il regno dello zar Alessandro III. Era rimasta una comunità poco numerosa che comprendeva persone molto ricche e coloro che ufficialmente si erano convertiti a un’altra religione. La stragrande maggioranza degli ebrei moscoviti arrivò a Mosca dai villaggi [della Zona di residenza ebraica zarista, abolita di fatto durante la Prima guerra mondiale, Ndr] dopo la rivoluzione, negli anni Venti. Tra loro c’erano anche mia nonna e mio nonno. Mio nonno, come funzionario di partito, fu semplicemente trasferito a lavorare nella capitale. La località di origine della mia famiglia era un ...[continua]

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