La casa si trova ad Anata, a Nord di Gerusalemme, un villaggio parzialmente dentro la città e in parte nei Territori. Come molte costruzioni nell’est della città, i confini del ‘67 l’hanno tagliata in due arbitrariamente. Il confine passa attraverso il salotto.
Il capo militare di Gerusalemme durante la Guerra dei sei giorni, Shlomo Lahat, mi ha riferito che al tempo situazioni come questa accadevano perché “era tutto un gran casino” e i confini erano determinati senza alcuna attenzione alle condizioni fisiche e reali, ma semplicemente tirando una linea tra due punti.
Gli Al Kurd affittarono la casa in questione, ma prima di prenderla verificarono, in tutti i modi loro concessi, che la casa si trovasse all’interno di Gerusalemme, consapevoli che negli anni precedenti l’Istituto Nazionale Assicurazioni e il Ministero degli Interni, nel tentativo di ridurre il numero di palestinesi della città, avevano revocato lo status di residenti alla gente che, per pagare un affitto inferiore, viveva nei paesi vicini al confine.
Per un palestinese perdere la residenza implica non solo perdere il diritto di vivere a Gerusalemme, ma anche quello ad avere la copertura sociale e medica, la possibilità al libero movimento e comporta altre numerose trappole amministrative. Il proprietario dell’appartamento presentò come prova inconfutabile il fatto che la casa era tassata dalle imposte comunali. Aggiunse inoltre che la spazzatura nella strada veniva raccolta dalla municipalità locale. Si rivolsero persino al consiglio di Anata per chiedere dove passassero i confini legali del villaggio e ricevettero una mappa che dimostrava che quella strada in cui avevano affittato la casa era completamente dentro Gerusalemme. Non si sono sprecati a chiedere al Comune di Gerusalemme perché sapevano che non avrebbe fornito risposte.
Nel 2002 il marito di Diana si ammalò e morì, lasciando una moglie con cinque bambini. La vedova iniziò allora a ricevere i benefici. Tre anni dopo, nel 2005, l’Istituto Nazionale Assicurazioni annunciò che avrebbe revocato tali benefici, dichiarando che la maggior parte della casa si trovava chiaramente nei territori occupati.
La donna, terrorizzata, si trasferì immediatamente in un altro appartamento, ma presto si rese conto che non sarebbe bastato. Cambiando il suo indirizzo poteva ancora ricevere i soldi di sostegno per i bambini, ma non quelli per la morte del marito, visto che al tempo della morte lei viveva in una casa che stava per la maggior parte fuori dai confini dello Stato.
Attualmente il processo intende determinare quale percentuale della casa si trovi dentro i limiti di città. Lo Stato, attrezzato con le mappe dal Centro Cartografico di Israele, dichiara che più del 60% della casa è fuori dai limiti della città. La famiglia invece, con le proprie mappe delle Nazioni Unite, dichiara che più del 60% è dentro i confini della città. Per quanto riguarda le mappe del Consiglio di Anata, lo Stato si rifiuta di considerarle.
Dato che la Corte riconosce l’autorità del Centro Cartografico Israeliano, le possibilità della famiglia Al Kurd di ottenere un responso favorevole sono molto scarse. Riguardo il fatto che la famiglia pagasse le tasse al Comune, lo Stato dichiara che questo non è una prova della locazione della casa e che se la municipalità ha illegalmente chiesto tasse, la famiglia dovrà chiedere un rimborso. In risposta all’obiezione che era la municipalità a raccogliere la spazzatura nella strada, lo Stato dice che ciò è vero perché il marciapiede si trova dentro Gerusalemme.
Il resto della casa invece è fuori.
E’ quella che si potrebbe chiamare una situazione kafkiana, orribile. Uno di quei ...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!