Raccontaci un po’ di te.
Mi chiamo Rkia, sono marocchina e sono arrivata in Italia a 16 anni. Il mio babbo e mio fratello erano già qui dall’85. Poi mio padre ha fatto il ricongiungimento familiare e sono arrivata in Puglia insieme a tutta la mia famiglia.
Com’è stato l’impatto?
Non tanto bello, perché il giorno dopo essere arrivata ho iniziato subito a lavorare. Insieme a me c’erano la mia mamma e altri tre miei fratelli più piccoli, loro andavano a scuola e io, che ero la più grande, dovevo dare una mano. Mi hanno mandata a fare la lavapiatti. Per me l’impatto è stato durissimo, non parlavo la lingua, non capivo una parola. La titolare era spietata. Ricordo che dopo pochi giorni ebbi una manifestazione allergica alle mani piuttosto importante causata dal detersivo che mi faceva usare. Le mani mi sanguinavano per le lesioni della pelle. Ho sentito i miei colleghi che le dicevano di aiutarmi o almeno di cambiare il detersivo, ma lei ha risposto che non le interessava, che le mani erano le mie e non le sue. Io questa cosa ancora ce l’ho in testa. Mi ha ferito profondamente. Siccome continuavo a stare male, ho cercato un altro lavoro e l’ho trovato, un posto dove invece stavo benissimo. Lì ho conosciuto persone buone e questo ambiente mi ha fatto bene. Ho anche stretto delle amicizie.
In Puglia siamo rimasti un anno e quattro mesi. Dopo siamo tornati in Marocco per far visita ai parenti. Rientrando in Italia siamo passati dalla Romagna, a Santa Sofia, dove lavorava uno dei miei fratelli. Dopo due giorni hanno chiesto a mio fratello se mi interessava lavorare perché cercavano una ragazza. Così ho accettato e poi anche i miei genitori hanno trovato lavoro e siamo rimasti a vivere a Santa Sofia.
E di questo eri contenta?
Sì, perché c’erano e ci sono molte opportunità qui, soprattutto c’è il lavoro e inoltre ci siamo ricongiunti anche con mio fratello e un mio zio. Dal 2002 al 2008 ho fatto tanti lavori: in un magazzino della frutta, al mercato ortofrutticolo, ho macellato conigli, raccolto fragole. Non sono mai stata ferma.
Abitando dove?
Sempre a Santa Sofia, dove i miei ancora vivono. Io lavoravo a Cesena, in un magazzino ortofrutticolo che doveva cambiare sede. In attesa del trasloco, c’è stato un periodo di stacco di due mesi. L’azienda “Pollo del Campo”, sapendo che ero a casa, continuava a chiamarmi, perché una mia ex datrice di lavoro gli aveva parlato molto bene di me. Io ero stanca di stare a casa e così ho accettato e lì è partita un’altra avventura. È andata bene, perché dopo poco ho iniziato a fare la vice capolinea. Adesso ho un contratto a tempo indeterminato e un primo livello. Non tutti hanno la fortuna di poter avere un posto lì. Sono fiera di me perché tutto quello che ho me lo sono guadagnato con il mio lavoro. In seguito ho iniziato a fare anche la delegata sindacale rappresentante per la sicurezza, una nuova sfida.
Nel periodo in cui ho lavorato a Cesena ho conosciuto il mio futuro marito, che gestiva un magazzino ortofrutticolo. Appena sposati abbiamo abitato a Cesena e io andavo su e giù a Santa Sofia.
Finché siamo stati in affitto ci andava bene così, però quando abbiamo deciso di acquistare casa abbiamo scelto di vivere a Forlimpopoli, che è un po’ un compromesso a metà strada tra Gambettola, dove lavora mio marito, e Santa Sofia. Questa scelta più che altro è stata fatta pensando a mia figlia, perché vedo che la gente che abita a Santa Sofia con figli alle superiori non fa altro che accompagnarli e andarli a prendere con l’auto alla corriera, per non parlare di quando ci sono gli scioperi... Questa cosa a me non piace; anch’io quando abitavo lassù e avevo deciso di studiare l’italiano non facevo che andare avanti e indietro a Forlì.
Ho frequentato prima i corsi di italiano per gli stranieri, poi ho preso la licenza di terza media, sempre con la scuola serale, e sono arrivata alla terza ragioneria. Purtroppo ho dovuto mollare, nonostante avessi anche dei buoni voti, perché ho avuto un incidente stradale. Ma l’idea di prendere il diploma non l’ho accantonata. Devo trovare il modo di conciliare lo studio con il lavoro, ma è pesante perché la mattina mi alzo alle tre ed esco a mezzogiorno e dieci. Quando arrivo a casa sono distrutta e non ho più voglia di fare niente, ma ovviamente ci sono i lavori di casa e la bimba. Non riuscirei proprio ad andare alla scuola s ...[continua]
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