Marco Cammelli, già professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università di Bologna, è presidente dell'Associazione Il Mulino.

Facciamo il quadro dei problemi, messi ancor più in evidenza dalla pandemia, rispetto al rapporto fra Stato e regioni, centro e periferia.
Intanto una precisazione: i problemi del day after, qui come altrove, nascono in larga parte da quelli del giorno prima e dunque a questi e non alla pandemia farò riferimento. In ogni caso, per venire alla domanda, è vero che la tensione che si è aperta tra le regioni e il governo è, per la sua virulenza, effettivamente nuova. Non inedita, però, perché c’erano state di recente iniziative strettamente politiche dei governatori (meglio chiamarli presidenti di regione) avanzate nei confronti del centro, del Presidente della Repubblica, perfino della Corte costituzionale, riguardo alla gestione dell’emergenza o alla richiesta di referendum abrogativo della legge elettorale. Non ricordo in tutti i cinquant’anni di regionalismo che abbiamo alle spalle prese di posizione così forti e dirette da parte delle regioni. A mio avviso, però, è importante capire che queste dinamiche non aggiungono nulla alla relativa marginalità delle regioni sul piano politico, perché nascono dal centro e restano al centro, mentre le regioni sono solo sponde. Direi, anzi, che questo protagonismo paradossalmente sottolinea ulteriormente la loro marginalità politica. Perché succede questo? Per il fatto, nuovo, che la netta maggioranza delle regioni è a presidenza leghista, e la Lega sta usando queste sedi istituzionali in termini molto abili, anche disinvolti, direi, nello scontro politico al centro. Questo è un primo dato che dal punto di vista politico non commento, ma che dal punto di vista istituzionale è preoccupante perché innesta su un terreno istituzionale già molto provato e sovraccarico di tensioni, una ulteriore tensione di lotta -del centro e al centro, lo ripeto, non delle regioni- di cui non si sentiva francamente il bisogno.
Ma prima come si riflettevano sulle regioni le tensioni politiche del centro?
Normalmente le regioni venivano, fra virgolette, usate e interpretate politicamente come sostegni alla maggioranza centrale se erano dello stesso colore, o come stazioni intermedie della marcia di avvicinamento alla maggioranza se erano dell’opposizione. Ecco, questo era più o meno lo schema di lettura delle regioni nell’esperienza che abbiamo alle spalle. Anche con alcune sperimentazioni, penso a Milazzo e alla Regione siciliana a suo tempo o a certi anticipi del centrosinistra. Sperimentazioni regionali sempre, del resto, molto attente ad evitare lo scontro istituzionale. Ecco, oggi, riguardo al tema “regioni e politica” registro invece questa novità.
Ma la politica quindi in che modo ha a che fare con le Regioni?
In realtà le regioni sul piano della politica non hanno sfondato. L’idea costituzionale di una politica nazionale che nasceva dalla circolarità di una serie di domande, esperienze, energie, orientamenti che dal centro passavano -attraverso le regioni- alla base e che dalla base -attraverso le regioni- arrivavano al centro, francamente non è mai stata praticata.
Aggiungo un’altra considerazione che riguarda i presidenti di regioni, visto che ci siamo, e che, a mio avviso, conferma quello che sto dicendo: certamente la loro soggettività, la loro visibilità è fortemente aumentata ma senza però raggiungere di norma una significativa caratura politica. È aumentata non solo per le vicende della pandemia, ma per un meccanismo che si è messo in moto vent’anni fa, e che ha fatto dei presidenti delle regioni degli “uomini soli al comando”, il che certo non era negli obbiettivi e non sempre ha funzionato.
La loro riforma fu infatti immaginata in una stagione politica e istituzionale diversa. La legge che prevede la elezione diretta del presidente è del ’99, in vista di un regionalismo “forte” che avrebbe decentrato poteri e responsabilità sulle regioni, il che poi non è avvenuto, per cui è rimasta solo questa parziale riforma, a ennesima dimostrazione che quando riformi un segmento ma il resto rimane invariato, anche il significato di quel pezzo finisce per essere alterato. E nel caso specifico l’alterazione profonda è dovuta a un sistema di elezione diretta fortemente legato a meccanismi maggioritari, diretti o indiretti, dove il candidato presidente, una volta eletto, ha poteri significativi. Quali? Intanto sulla scelta di una (pi ...[continua]

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