Avete da poco lanciato il progetto "Welcome home - Aiutiamoli a casa nostra”. Di cosa si tratta?
Abbiamo avviato alcuni progetti di accoglienza in famiglia promuovendo anche nel nostro paese una modalità che è ormai consolidata nei paesi del nord Europa, e che si basa sul coinvolgimento attivo dei cittadini, italiani e stranieri. 
Assieme a Refugee Welcome è così partito un progetto di accoglienza diffusa, che si svilupperà soprattutto a Roma, Lecce e Verona. Si tratta dell’accoglienza, presso famiglie italiane, di rifugiati, il cui percorso verrà monitorato dal Cir. È previsto inoltre un fondo che permetterà di pagare studi e corsi di formazione, in modo da facilitare l’autonomia della persona accolta.
C’è poi il progetto "Young Together”: quaranta giovani rifugiati verranno ospitati da altrettanti giovani cittadini italiani, o nuclei di giovani conviventi. Qui l’idea è di promuovere un mutuo aiuto tra "pari”, che non si limiti alla condivisione dell’alloggio, ma metta in campo anche la condivisione di una rete di supporto e di relazioni, sempre per sostenere il cammino verso la piena autonomia. 
Infine c’è "Refugees 4 Refugees” che promuove l’accoglienza di singoli rifugiati presso famiglie di rifugiati e migranti. Trovare accoglienza presso famiglie con background culturale e origini simili, e che però si sono già inserite nella società, è una formula innovativa e secondo noi molto efficace per accompagnare queste persone alla piena integrazione. Alla fine, al di là della difficoltà linguistica, del titolo di studio, quello che fa la differenza nei percorsi di inserimento è la presenza o meno di una rete, di una realtà sociale, relazionale, anche affettiva.
Nel momento in cui le risposte istituzionali sono più fragili, nel momento in cui vengono depauperati i sistemi di accoglienza e integrazione, è importante che le associazioni, la società civile, i singoli vengano sollecitati, anche perché spesso le reazioni possono sorprendere. Quando il Municipio I di Roma, ha lanciato assieme a noi, alla Comunità di Sant’Egidio, al centro Astalli, ecc. questi progetti di accoglienza "a casa nostra”, la risposta è stata impressionante: nel giro di pochi giorni si sono fatte vive una sessantina di famiglie!