Romano Camassi è sismologo dell’Ingv e storico dei terremoti. Il libro di cui si parla nell’intervista, scritto con Marco Massa, è Terremoti. Quando la terra trema (Il Mulino, 2013).

Nel nostro paese l’evoluzione normativa antisismica va di pari passo con i terremoti.
Sì, le normative inseguono i terremoti. Si parte con un primo accenno di normativa già oltre un secolo fa, dopo il terremoto dello Stretto del 1908, e poi a seguito di forti terremoti intorno agli anni Venti e Trenta, quando molti territori in Appennino centrale e settentrionale vengono classificati sismici; successivamente però ci sono le marce indietro, e diversi di quegli stessi comuni vengono declassificati perché la normativa è considerata un ostacolo allo sviluppo. L’ultimo grande provvedimento risale al 1974-’75, quando viene definita una simil-classificazione e una normativa tecnica. Dopo il 1980, con il terremoto dell’Irpinia, c’è una prima classificazione nazionale che riguarda meno della metà dei comuni italiani, mentre fino al 2002, con il terremoto di San Giuliano di Puglia, l’altra metà è del tutto priva di normativa. Nel 2003 un provvedimento classifica tutti gli 8.101 comuni italiani sulla base di valutazioni che in ­realtà erano disponibili da una decina d’anni; nel 2006 viene pubblicata definitivamente la mappa di pericolosità, che a quel punto diventa l’unico punto di riferimento. La classificazione, da quel momento in poi, ha solo funzioni amministrative, ma l’obbligatorietà dell’applicazione della normativa tecnica è solo del 2009.
A questo punto, si può pensare, dovremmo essere a posto: sulla carta le norme ci sono dappertutto, ma non per questo si recupera il pregresso. Qui ci sono veri e propri paradossi, che posso spiegare con un esempio riferito all’ultimo terremoto dell’Italia centrale. Il 24 agosto i tre comuni principalmente coinvolti sono stati Amatrice, Arquata del Tronto e Accumuli. Amatrice è stata classificata sismica dopo il terremoto di Avezzano del 1915, Accumuli nel 1927, Arquata del Tronto nel 1984. Ci si aspetterebbe che il comune soggetto a normativa da più tempo degli altri avesse una patrimonio edilizio molto migliore. Invece la situazione è esattamente rovesciata. Ma perché Amatrice, che è classificata dal 1915, non ha un patrimonio edilizio migliore di Arquata che lo è solo dal 1984?
Ciò che determina questo stato di cose non è solo la normativa ma condizioni economiche, vicende storiche, culturali e demografiche. Amatrice aveva una condizione storica particolarissima. Fino all’Unità era l’appendice più remota del regno di Napoli, con una forte povertà economica e sociale e dove le ricostruzioni post-terremoti del 1639-1703 furono molto fragili. Poi, un periodo molto lungo senza alcun terremoto realmente importante ha fatto sì che per tre secoli crescesse un patrimonio edilizio estremamente vulnerabile, basato su materiali e tecniche costruttive molto povere.
Se ci si sposta un po’ verso nordest, ad esempio, ci sono situazioni differenti: Acquasanta è la zona del travertino, dunque ha materiali costruttivi di qualità maggiore. Comunque, alla fine tutti e tre questi comuni hanno avuto la stessa sorte; sommandosi, gli eventi sismici degli ultimi mesi li hanno devastati più o meno allo stesso modo. Ciò non toglie che ci si sarebbe aspettata una risposta molto migliore della zona di Amatrice.
Insomma, la variabilità del patrimonio edilizio, dei suoi caratteri costruttivi, dipende da tantissimi fattori in gran parte economici o legati proprio alle caratteristiche dei diversi siti in cui viene costruito, dal materiale costruttivo disponibile, dalla storia sismica del luogo. Dove c’è sismicità relativamente frequente e abbastanza forte ci si aspetta che il patrimonio edilizio sia leggermente migliore; e però, ancora, ci sono zone dove condizioni economiche generali sono buone e ci aspetteremmo un patrimonio edilizio nettamente migliore; penso all’Italia settentrionale, al basso Piemonte, alla Lombardia, al Veneto, alla Lombardia occidentale, alla zona del Garda. E però, se pensiamo a un terremoto del novembre 2004, il terremoto di Salò, non particolarmente forte, di magnitudo 5.0, ha prodotto grossi danni in molti paesi. La realtà è che la qualità del patrimonio edilizio storico non recente è bassissima, sempre per ragioni di tipo stret ...[continua]

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