Maria Ligas, Alvaro e Mirko Bartolomei, e Walter Fringuelli, folignati, vivono tuttora all’interno di uno dei campi allestiti a Foligno, in seguito al terremoto.

Maria. All’inizio è stato veramente brutto: eravamo terrorizzati, disorientati, impauriti, non avevamo più una dimora, non sapevamo dove andare. E’ dal 26 settembre che siamo qui al campo. Prima però abbiamo passato 4-5 giorni dentro la macchina, poi ci hanno dato la tenda; infine è arrivato il freddo e ci hanno consegnato la roulotte, per me e i miei quattro figli.
La nostra casa è in Piazza dell’Orologio, proprio in centro. Adesso è inagibile: dai vicini è caduto il tetto e nella nostra si è rovinato il muro portante. Per il momento, quindi, stiamo qua, ma in fondo non siamo messi male: la sera quando andiamo a letto, è freddo, però noi ci abbracciamo l’un con l’altro e ci scaldiamo. Io sono molto ottimista, non sono una che si lascia andare. Certo ho avuto tanta paura, tuttora ne ho, anche perché le scosse continuano a tormentarci.
Ma non bisogna lasciarsi andare: "Adesso ne arriverà un altro, ne verrà uno più grosso...", non si può vivere sempre con questa tensione, sarebbe un guaio. E’ meglio tenersi impegnati, così anche la testa evade, perché a star fermi ad aspettare, in tenda o in roulotte, ognuno dentro il suo riccio, ne usciremmo tutti matti, e gli psicologi avrebbero un gran da fare. Io, per fortuna, ferma non ci so stare: fin dai primi giorni dopo il terremoto, a settembre, avevo la tenda piena di bambini a cui insegnavo l’uncinetto. Abbiamo anche organizzato delle cene, abbiamo festeggiato il compleanno di Walter, sua moglie è in attesa del secondo bimbo...
Walter. Io attualmente vivo qui al campo, però la mattina vado al Com (il centro operativo misto, ndr), dove svolgo servizio amministrativo. Faccio anche parte dei volontari della protezione civile "Città di Foligno", che si è data veramente molto da fare, pur essendo un gruppo recente: è nata nel ’95. Da parte della gente del campo, si ascoltano soprattutto lamentele per il ritardo subìto dall’opera di allestimento dei container. D’altra parte, pur essendo comprensibile lo stato di esasperazione in cui si trova la maggior parte delle persone che hanno perso la casa, dobbiamo anche essere obiettivi e tenere presente che la realizzazione di un villaggio-container richiede un grande lavoro: bisogna trovare delle zone adatte, sicure, fare gli allacci, costruire un sistema di fognature... e tutto questo richiede del tempo. Insomma, credo sia necessario lasciare a queste organizzazioni la possibilità di creare le strutture opportune.
Mirko. Tu hai ragione, però ci sono delle cose che fanno proprio perdere la pazienza. Ad esempio, quante ditte ci sono che stanno lavorando per allestire i container? Una o due. Eppure qui di ditte di elettricisti, o idraulici, ce ne sono tante... E’ la solita storia degli appalti e degli intrallazzi politici per conquistarsi voti...
Walter. Io non nego che una parte delle persone che si occupano di questa situazione si lasci sedurre dalla possibilità di guadagnarci qualcosa, anche in termini di potere. In fondo non è neanche una novità. Quello che però vorrei sottolineare è che vivendo giorno per giorno alla direzione del Com, si vede veramente la realtà come funziona: certo, ci sono delle persone che vogliono innanzitutto mettersi in luce, però non si può generalizzare, perché qui si sta facendo veramente molto per cercare di accontentare tutti nel più breve tempo possibile. Adesso stanno sistemando i container in montagna, sono già stati approntati dei moduli per far riprendere ai ragazzi una -quasi- normale vita scolastica. Poi, un po’ alla volta, scenderanno giù e sistemeranno anche Foligno.
Maria. Certa gente, comunque, trova sempre qualcosa di cui lamentarsi. Io giorni fa stavo lavando i panni e tra me e me ringraziavo del pranzo appena consumato. In quel momento una signora mi ha interrotto: "Che schifo, signora, ma come fa a dire di aver mangiato bene lei?", "Io ho mangiato bene, perché un pasto caldo lo trovo tutti i giorni". Qui siamo organizzati con una mensa, ci sono le cuoche del Comune che cucinano, ci presentiamo con i nostri pass numerati, tanti per famiglia, andiamo là e mangiamo. Chi lo preferisce può portarsi il pasto in tenda. A me piace mangiare in mensa perché c’è più spazio; certo non possiamo pretendere un menù particolare, e a volte effettivamente ti stanchi di mangiare sempre le stesse cose. E questa signora all ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!