Maria Giorgini è segretaria generale della camera del lavoro territoriale della Cgil di Forlì.

La Cgil di Forlì è in via Pelacano, vicino alla zona alluvionata del quartiere San Benedetto. Vuoi raccontarci come avete vissuto l’inizio dell’emergenza?
Non ci dobbiamo dimenticare che l’inizio è quello della prima alluvione del 3 maggio, che ha avuto esiti più circoscritti ma sempre drammatici. In quell’occasione a Forlì erano state colpite solo alcune realtà, mentre in una città come Faenza i danni erano stati più significativi, così come nella media valle, in collina in particolare, dove spicca il caso di Modigliana. Proprio qui abbiamo iniziato a sperimentare il problema della gestione dell’emergenza e anche delle ricadute sulle parti sociali, come la richiesta di ammortizzatori per coloro che non riuscivano a raggiungere il luogo di lavoro, tutte cose che ci hanno aiutato anche nell’alluvione del 16 maggio. Il 3 maggio il comune di Modigliana si è mosso molto bene, convocando le associazioni sindacali e di categoria, e noi abbiamo chiesto subito una norma specifica sugli ammortizzatori identificando causali nuove, ad hoc.
Veniamo al 16 maggio...
L’emergenza era entrata nel vivo sin dall’allerta arrivata il 15 maggio. Certo non ho le competenze per dire se l’allarme dato sia stato sufficiente o meno, ma la prima cosa evidente è che il 15 è stata comunicata la chiusura delle scuole per il giorno dopo, ma non l’evacuazione dai luoghi di lavoro. Alle 12.30 del 16 maggio ci siamo resi conto che la quantità di acqua che continuava a scendere aumentava il rischio dell’esondazione dei principali fiumi della provincia, in particolare Montone, Bidente e Savio, in più era preoccupante la situazione delle colline, dove eventi franosi si erano già verificati con le piogge dei giorni precedenti. Tutto questo ci ha spinto a chiedere di mettere in salvo le persone anche nei luoghi di lavoro. Ci ha sorpreso e stupito la Prefettura di Forlì-Cesena che, in una risposta formalizzata anche successivamente, ha dichiarato di non aver tenuto conto della nostra richiesta in quanto “prima bisognava mettere in salvo le persone e gli animali”. Ma anche nei luoghi di lavoro ci sono le persone! Sin dal 1970, quando con lo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori la Costituzione è entrata in fabbrica, quest’ultima non è un luogo franco, anche lì la persona ha diritti e doveri. Quella risposta della Prefettura ci ha un po’ disarmato, tanto che subito, alle 13.04, abbiamo diramato un comunicato stampa in cui sollecitavamo le istituzioni a far chiudere anticipatamente i posti di lavoro; abbiamo scritto per le vie brevi ai sindaci perché ponessero questo problema nella riunione in Prefettura e sappiamo che in molti lo hanno fatto, ma la linea è rimasta ferma. Successivamente abbiamo chiesto alle aziende di assumersi la responsabilità della sicurezza dei lavoratori -come previsto anche dal decreto 81- e farli evacuare. Molte lo hanno fatto, non perché lo abbiamo detto noi, ma perché ci avevano già pensato. Altre no. Questo ha determinato che alcuni lavoratori sono rimasti bloccati per giorni a causa delle frane delle nostre colline. In serata, più o meno alle 18, un grosso numero di persone, tutti quelli che non erano servizio pubblico essenziale, è stato mandato a casa, qualcuno anche prima -penso al caso della Coop di Cesena dove i lavoratori sono stati evacuati alle 16-16.30, appena mezz’ora prima dell’esondazione del Savio. Insomma, sono state messe in strada troppo tardi persone che poi si sono trovate in grande difficoltà a rientrare nelle abitazioni.
Qui abbiamo chiuso tutto alle 12.30, ho fatto il comunicato alle 13.04, ho spento il Pc e sono rientrata a Meldola, ed è stato complesso già a quell’ora, figuriamoci più tardi. Le strade erano bloccate, alcuni fiumi erano già esondati, stava per farlo il Montone a Forlì, la stessa pioggia non veniva recepita dal terreno e si riversava in strada… Riteniamo che non aver pensato già il 15 maggio all’evacuazione anche dei luoghi di lavoro, neppure a fronte di un sollecito dell’organizzazione sindacale, sia stato un errore. Non credo che dirlo equivalga ad attaccare qualcuno. In questi giorni, ogni volta che viene fatto un rilievo, questo viene interpretato come un attacco politico; io penso invece che serva a comprendere che dobbiamo riconoscere gli errori fatti perché non si ripetano.
La decisione in questo caso è in carico al Prefetto?
È complesso perché, come abbiamo vi ...[continua]

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