Roberta, Rita, Franco e Patrizia frequentano il Caffè Alzheimer di Seveso, organizzato dall’Onlus Natur& e coordinato da Chiara Zuanetti, arteterapeuta.

Qual è la vostra esperienza di familiari che vivono accanto a persone malate di Alzheimer? Come vi siete accorti dell’insorgere della malattia?
Roberta. Sono sposata da 45 anni. Con mio marito è stato un matrimonio felice, allietato dalla nascita di quattro figli, uno però ci è morto di due giorni, era nato con la spina bifida, ma questi tre mi fanno ringraziare ogni giorno il Signore, perché sono proprio bravi ragazzi, nel vero senso della parola.
I problemi sono cominciati quando mio marito, un po’ per debolezza di carattere, un po’ per la leggerezza dei compagni di lavoro che lo prendevano in giro, ha cominciato a bere. Da lì è venuto meno un po’ l’affidamento su di lui anche in casa. La cosa è andata avanti per un anno, due, poi si è aggravata. Andavamo al gruppo Alcolisti Anonimi di Como, due volte la settimana.
Devo riconoscere che questo gruppo è stato molto efficace, molto davvero, sia per lui che per noi. Il fatto stesso di condividere questa condizione con persone che la vivevano con la stessa intensità, e forse anche maggiore, ci sosteneva.
Alla fine hanno aperto un’altra sezione a Saronno, per cui andava da solo con il motorino. Ha smesso nell’88. Di contro, era aumentato l’uso della sigaretta. Anche lì, le lotte… Per 44 anni ho fatto battaglia contro il fumo, ma risultati zero, poi quando ha iniziato a star male, che non poteva uscire quando voleva, ha iniziato a diminuire. Il 13 maggio del 2008 è entrato per l’ultima volta in tabaccheria per prendere l’ultimo pacchetto, di cui ne conservo ancora 19, perché ne ha fumata una sola.
Devo dire che l’insorgere della malattia ha cambiato il rapporto interpersonale, fra me e lui. Quindi mi verrebbe da dire che non tutto il male vien per nuocere. Fosse stato anche un po’ più presente, ma barcollante o sempre con quella sigaretta, per me sarebbe stato un inferno, perché quell’odore di fumo per me era diventato insopportabile e poi era così scostante, io non reggevo più, invece adesso mi sento di volergli ancora più bene, di essere più affettuosa nei suoi riguardi. La dedizione c’è sempre stata, per carità, però adesso, non so…
E’ difficile stabilire quando è arrivata la malattia, per questo mi sono soffermata sui precedenti perché non so dire il punto di partenza, se era l’alcol o se era già la malattia. La cura specifica per l’Alzheimer è cominciata nel 2002, nel mese di marzo, però da quanti anni io andavo dal medico: “Ma dottore, e non ricorda, e non fa, e non dice…”.
Certo, accettare la diagnosi è stata dura, ma ho pensato: “Finché andiamo avanti così…”. Io mi sentivo anche in grado di arrangiarmi. E’ stato solo su sollecitazione di Rita che ho chiesto l’invalidità. Beh, non c’è stato bisogno della seconda visita.
Rita. Anch’io ho 50 anni passati di matrimonio, passati con gli alti e i bassi. Anch’io con quattro figli, anche se uno si è spento dopo 23 ore.
Lui era sempre presente, ma non ha accudito tanto i bambini, però sempre a casa, non era un uomo... fumava poco, era astemio assoluto, usciva poco, sempre pantofolaio, molto in casa. E così sono passati gli anni, sempre attaccato agli interessi della famiglia, al lavoro, non era un accanito, aveva il suo ritmo, il suo tran tran.
Quando è rimasto a casa dal lavoro, aveva 60 anni, si è comperato un pezzo di terreno con la liquidazione, e allora faceva l’orto, era sempre lì, proprio l’amava, quel pezzetto di terra.
Intanto passavano gli anni, un figlio s’è sposato, una figlia è andata a convivere, e il terzo ce l’ho ancora in casa. Intorno ai 70 anni, quando evidentemente è iniziata la malattia, non lo sopportavo, i suoi atteggiamenti erano insopportabili, però pensavo che fosse la vecchiaia, il fatto che non lavorava più.
Tuttavia leggevo degli articoli nel giornale e quando ho riconosciuto certi sintomi: anche lui metteva gli abiti, i maglioni, all’incontrario… Ecco, un uomo così preciso, che guai se c’era qualcosa fuori posto, vedere che si vestiva così… poi c’erano state un paio di notti che si alzava e cercava il bagno: “Rita, dov’è il bagno?” non lo trovava più...
Insomma, mi è venuto subito il dubbio: “Oh madonna! Non è che ha l’Alzheimer?!”.
Così è cominciata la trafila: l’encefalogramma, la Tac, la risonanza magnetica, non è risultato nulla. Ci siamo fermati. Intanto si dava sempre la colpa alla sua anzianità: sarà ...[continua]

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