Guido Viale, economista, vive e lavora a Milano. Ha pubblicato, tra gli altri, Un mondo usa e getta. La civiltà dei rifiuti e i rifiuti della civiltà, Feltrinelli,1995; Tutti in taxi. Demonologia dell’automobile, Feltrinelli, 1996; Governare i rifiuti, Bollati Boringhieri, 1998.

Tu sostieni che l’auto è ancora centrale nel nostro modello di sviluppo. Quali sono le conseguenze più evidenti?
Se prescindiamo dalle grandi tragedie come la Shoà o la bomba atomica e guardiamo alla quotidianità, si può dire che tutto il XX secolo è stato caratterizzato dallo sviluppo dell’auto, tanto che credo non sia sbagliato definirlo il secolo dell’automobile. Pensiamo innanzitutto al fordismo, un modello di organizzazione del lavoro che ha dato il nome a un’intera epoca e che non a caso è nato nell’industria automobilistica. La parcellizzazione, il lavoro a catena, la ripetitività, la semplificazione delle mansioni, lo scorporamento del momento progettuale e di controllo da quello esecutivo, che sono i tratti peculiari dell’organizzazione fordista, hanno compenetrato così profondamente il XX secolo da estendersi persino alla pubblica amministrazione e al lavoro intellettuale. E anche per l’epoca attuale, seguita alla crisi di questo modello, non siamo riusciti a trovare altra definizione che quella di post-fordismo. Ma l’automobile ha condizionato molti altri aspetti della nostra vita, prima di tutto il paesaggio entro cui ci muoviamo: non c’è più una porzione di territorio che non sia attraversata in qualche modo da strade o da piste, specie dopo la diffusione dei fuoristrada. Le strade infatti, a differenza della ferrovia, non sono vincolate da tracciati fissi. Altra è invece la questione delle autostrade, che si sono sviluppate per permettere la circolazione del grande volume di auto determinato dalla produzione di massa. In questo caso i tracciati hanno completamente sventrato il territorio, al punto che oggi è difficile trovare un panorama di una certa ampiezza che non sia attraversato da viadotti, svincoli, tracciati o altre opere del genere. Poi ci sono le modificazioni profonde che hanno interessato la città. In primo luogo lo sviluppo urbanistico, talmente funzionale alla diffusione dell’automobile che oggi non è quasi più possibile abitare senza disporre di un’auto. Tutto è cominciato con lo sparpagliamento degli impianti produttivi, poi delle strutture di servizio, ad esempio i supermercati, infine delle residenze. E’ quello che negli Stati Uniti si chiama urban sprawl e in Italia città diffusa o campagna urbanizzata: la disseminazione dell’abitato. E’ evidente che questo ha comportato un’alterazione dell’impianto della città, che invece, fino ai primi anni del ‘900, si poteva sviluppare al massimo a stella, cioè lungo gli assi di penetrazione coincidenti con la strada ferrata o i fiumi e i canali navigabili, con inserti di campagna che penetravano fin dentro al centro abitato perché non era possibile raggiungerli in poco tempo a piedi. In secondo luogo si è verificata una metamorfosi radicale degli spazi urbani, di fatto completamente occupati e costruiti in funzione del parcheggio e del transito delle automobili. Quelli che tradizionalmente erano gli spazi pubblici, le piazze, le strade, sono stati sequestrati e adibiti al transito delle auto, riducendo drasticamente la socialità, perché è sulla strada che un tempo avveniva l’incontro casuale con persone diverse da noi per cultura, condizione sociale, idee politiche e soprattutto età. La conseguenza è stata un notevole isolamento della vita personale, sempre più relegata in casa o nei luoghi di lavoro e sempre meno fatta d’incontri fortuiti, e quindi un deficit di democrazia, perché la base della democrazia è il confronto diretto e anche lo scontro con persone diverse, con tutta la componente di rischio di successo o di scacco che questo comporta. C’è poi l’aspetto del consumismo. Nonostante ci siano nuovi prodotti a trainare quel che resta dello sviluppo economico (penso soprattutto all’informatica e alle telecomunicazioni) e nonostante che i beni di consumo si siano moltiplicati, l’automobile resta il prodotto più desiderato e irrinunciabile. Basta pensare ai paesi del sud del mondo, dove il segno del passaggio di status sociale, e anche dell’evoluzione da paese sottosviluppato a paese in via di sviluppo, è rappresentato dal possesso e dalla diffusione dell’automobile.
Infine il sistema dell’automobile è direttamente connesso alle guerre che ...[continua]

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