Una Città241 / 2017
Luglio-Agosto


Quello che era importante non era che noi avessimo la penicillina mentre loro non l’avevano, non era la generosa liberalità del ministro francese per la Ricostruzione, ma che si riuscisse, a volte, a intravedere noi in loro e [...] loro in noi, quel sorriso che compare quando si pensa alla condizione umana, un sorriso che neanche le bombe sono in grado di cancellare [...]- un sorriso che, fra le altre cose,rovescia in derisione gli abbienti e i non abbienti,
quelli che danno e quelli che prendono, la malattia e la salute...
Samuel Beckett
Da La capitale delle rovine (1946), sul suo servizio come volontario della croce rossa a Saint Lô devastata dalle bombe nel 1945

Senza zaino
L’esperienza di una scuola accogliente
Intervista a Ginetta Latini e Francesca Olivini

Elezioni nel Regno Unito
di Francesco Ciafaloni

Due Stati o confederazione?
Il viaggio in Israele dei militanti di JCall
di Giorgio Gomel

Il bisogno di dare un senso
Una scuola di italiano per stranieri
Intervista a G. Armellini ed E. Cammelli
 
Non è solo, siamo in tanti
Mutualismo tra lavoratori autonomi
Intervista a Chiara Faini

Niente su di me senza di me
Una "recovery house” a Trieste
Intervista a operatori, assistenti sociali e "persone con esperienza”

I numeri della cittadinanza
Intervento di Fabrizio Ciocca

Nelle centrali: ad Auschwitz

La regina e la pedina
Intervento di Paolo Bergamaschi

Un’Europa delle città?
Regionalismo e Europa
Intervista a Michel Huysseune

Quella lista di nomi
Sulla figura di Adriano Olivetti
Di Carlo De Maria e Alberto Saibene

Novecento poetico italiano 20 / Bertolucci
Di Alfonso Berardinelli

Appunti di un mese

Dall’Inghilterra. Il festival di Glastonbury
Di Belona Greenwood

Dalla Cina. Come si mangia bene a Hongzhou!  
Di Ilaria Maria Sala

Ancora su Predappio
Di Gianni Saporetti

Dalla Bosnia. L’11 luglio si avvicina
Di Irfanka Pasagic

Dal Marocco. Le porte riparate
Di Emanuele Maspoli

Dal carcere. I trattini pericolosi
Di Sandro Lo Piccolo

Reprint. I nonni socialisti
di Indro Montanelli

La visita è alla tomba di Nullo Baldini
 
La copertina è dedicata a tutti coloro che soffrono la siccità, "umani e altri animali”.

Immaginiamo una scuola dove i bambini arrivano senza cartella e, per prima cosa, si siedono tutti assieme per parlare di come si sentono o di dove sono arrivati con lo studio; una classe dove i piccoli lavorano assieme in banchi da sei, tra i quali la maestra si aggira portandosi dietro un seggiolino e dove la cattedra, se c’è, è in un angolo e fa da piano d’appoggio; una scuola dove gli scolari sono invitati a prendere l’iniziativa e anche ad autovalutarsi. Ginetta Latini e Francesca Olivini, una maestra e una mamma "senza zaino” ci parlano di una scuola accogliente e ospitale, dove, riallestendo gli spazi e ridipingendo assieme muri e porte, si è perfino ricreata un’alleanza  tra insegnanti e genitori.

A Trieste, già all’avanguardia nel servizi per la salute mentale, da un paio d’anni è in corso un esperimento ambizioso: una recovery house, dove "persone con esperienza”, operatori, assistenti sociali, psichiatri lavorano assieme all’insegna del "niente su di me senza di me”, lo slogan del movimento degli utenti internazionali, in un contesto democratico, trasparente, non gerarchico per ridare autonomia a chi soffre di disagio mentale; il contributo, prezioso, di chi c’è passato o è in un percorso di recovery e le discussioni attorno al ruolo dei farmaci e al rischio che i servizi, involontariamente, cronicizzino la dipendenza.

Torniamo a parlare di Europa e regioni con Michel Huysseune, a partire dalle aspirazioni indipendentiste di Catalogna e Scozia, ma guardando anche alle Fiandre, alla Sardegna e alle trasformazioni in seno alla Lega; Huysseune ci spiega che le ragioni culturali spesso prevalgono su quelle economiche e che la maggior parte dei regionalismi non sono affatto populisti; la delusione per l’indifferenza di Bruxelles verso un’Europa delle regioni e la speranza nell’inedita vitalità delle città che potrebbero assumere un ruolo cruciale nella lotta contro il crescente centralismo europeo.

Ricordiamo Adriano Olivetti: instancabile intellettuale, impegnato a costruire reti di operatori sociali e di educatori in coerenza con il suo visionario federalismo di comunità, ma anche grande industriale che seppe raccogliere attorno a sé una quantità straordinaria di talenti di ogni campo del sapere; il welfare "olivettiano” nato su dei modelli prevalentemente inglesi, ereditati dal fabianesimo e quel suo desiderio, prima di morire, di trasferire la proprietà della fabbrica in una fondazione partecipata anche dagli operai. Ne parlano Carlo De Maria e Alberto Saibene.

Nel 1886 più di seicento braccianti ravennati, riuniti in cooperativa, si trasferirono nell’agro romano, infestato dalla malaria, per bonificarlo. Accolti dai pochi abitanti con le parole: "Siete venuti qui a morire”, tentennarono, ci ripensarono e in assemblea stavano per decidere il ritorno. Fu l’intervento di Armuzzi, che si appellò all’onore dei braccianti e della loro cooperativa, a capovolgere l’esito dell’assemblea. Rimasero. Ne morirono cento in due anni ma mantennero la parola data. Una pagina memorabile della storia della cooperazione che rievochiamo con un articolo del 1956 di Indro Montanelli nel Corriere della Sera. Nella stessa pagina ricordiamo Nullo Baldini, socialista ravennate e organizzatore di uno dei movimenti cooperativi più forti del mondo, che molti anni più tardi, dopo aver mandato via tutti, aspettò da solo, alla sua scrivania, le orde fasciste che arrivavano a dar fuoco al palazzo della cooperazione ravennate.

Nelle centrali il museo di Auschwitz. è giusto continuare a discutere della memoria e dei rischi del "dover ricordare”. Ma Auschwitz è lì ed è meta di pellegrinaggio e lo sarà sempre di più. Alla fine verrà da sé che almeno una volta nella vita, in nome, al fondo, di quella religione umanista che accomuna tutti gli uomini di buona volontà, lì bisognerà esserci andati.