Ahmad Rafat, italo-iraniano, giornalista, scrittore, oltre a collaborare con le maggiori testate europee, ha lavorato presso la World News Link (Wnl) e l’agenzia italiana AdnKronos International (Aki). Ha scritto L’Ultima Primavera, Polistampa, 2006, e Iran, la rivoluzione online, Cult editore, 2010.

Obama è infine riuscito a ottenere la firma dell’accordo sul nucleare.
Si tratta di un accordo che tutti i membri del 5+1 volevano firmare. Eccetto forse la Russia. Con una normalizzazione dei rapporti con l’Occidente, infatti, l’influenza della Russia diminuirà. D’altra parte, tradizionalmente, la cultura iraniana è più filo-occidentale che filorussa: i russi sono mal visti dalla gente comune, fin dai tempi dello zar, perché le repubbliche centro-asiatiche facevano tutte parte dell’Iran, per cui è rimasto questo sospetto che la Russia possa rubarti il territorio. Fino a oggi, a tenere unite Russia e Iran era più la logica del nemico comune. L’interesse dell’Iran sta nella fine delle sanzioni perché, checché ne dicano i portavoce ufficiali del governo islamico, hanno devastato l’economia iraniana. Se non fossero arrivati i soldi sbloccati con il preaccordo di Losanna, l’Iran non avrebbe avuto i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici.
Ora in Occidente si dice sia Rohani ad aver cominciato a trattare perché è una persona moderata, ecc. In realtà, le trattative erano cominciate sei mesi prima delle elezioni. Oggi si sa che di questi accordi si è cominciato a parlare tra il governo precedente e gli americani sotto patrocinio del sultano dell’Oman.
Una volta arrivati alla conclusione che si doveva trattare, si è anche deciso che come interlocutori servivano personaggi come Rohani e Zarif, educati all’estero, che parlano le lingue, sono garbati, sorridenti. Quello che voglio dire è che Rohani è il prodotto dell’accordo, non viceversa. Dopodiché Rohani, venendo dai servizi, è una persona scaltra e che, soprattutto, conosce bene il paese. I servizi segreti dei paesi non democratici sono spesso gli unici ad avere il polso della situazione. Considera che ogni mese il servizio iraniano commissiona una decina di sondaggi di opinione a uso interno.
Detto questo, il suo obiettivo era aprire il flusso dei soldi verso l’Iran e far ripartire l’economia. Oggi il 70% della popolazione delle province vive sotto la soglia di povertà, ma l’Iran è un paese ricco e ora potrà rimettersi a marciare.
Nel frattempo le centrifughe rimarranno ferme. Aggiungo che in Iran nessuno crede che al paese serva l’energia nucleare a scopo civile. Per due fatti molto semplici: uno, l’Iran è il principale produttore di gas, e il terzo, quarto di petrolio. Non solo: le miniere di uranio sono già state svuotate con queste prove che hanno fatto, quindi se l’Iran si butta sul nucleare dovrebbe diventare importatore di uranio, perdendo la sua indipendenza energetica.
L’unica centrale non militare per ora è costata come dodici raffinerie ultramoderne.
Tra l’altro, oggi il paese è costretto a importare petrolio raffinato perché la raffineria più grande del mondo che aveva è stata distrutta durante gli otto anni di guerra.
Allora io dico, se lo scopo è energetico, non sarebbe più saggio ricostruire le raffinerie? Si dirà che il petrolio sta finendo, però l’Iran potenzialmente è anche un grande produttore di energia solare che ha ben altri costi di investimento.
Qualche anno fa, in collaborazione con un centro studi americano, in Iran, è stato condotto il seguente sondaggio: "Lei è favorevole all’energia nucleare?”. La risposta è stata: 50% sì e 50% no; "Lei è favorevole a che l’Iran abbia armi nucleari?”: 75% sì e 25% no. "Lei è favorevole a che l’Iran utilizzi energia nucleare a scopi energetici?” 80% no! Insomma, gli iraniani, considerandosi potenza regionale, ritengono loro diritto avere le armi nucleari, soprattutto alla luce del fatto che anche Pakistan, India e Israele ce l’hanno. Semmai i dubbi, che emergono in una ulteriore domanda, riguardavano l’opportunità che fosse una "repubblica islamica” a poterle utilizzare.
Da tempo sei impegnato sul fronte della tutela dei diritti umani. Con il nuovo regime sta cambiando qualcosa?
Io sono impegnato soprattutto sul fronte della pena di morte, che è il principale cruccio di chi si occupa di diritti umani in Iran.
Purtroppo, a questo proposito, i numeri non sono affatto in ...[continua]

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