Non è importante che nome diamo a quello che sta succedendo in Bosnia-Erzegovina. La cosa importante è capire perché è successo (e sta succedendo). Personalmente non mi ha sorpreso più di tanto il caos -così lo definiscono i media bosniaci- seguito alle manifestazioni di Tuzla. Mi sono chiesto spesso fino a quando i bosniaci sarebbero riusciti a sopportare la miseria -economica, sociale, politica, di valori e di sistema- in cui vivono.
Ho raccolto le riflessioni di alcuni amici bosniaci a proposito di quanto sta accadendo. Ho chiesto loro di raccontarci come sono andate le cose, come sono state vissute sia in Federazione che in Republika Srpska e di condividere con noi le loro riflessioni in merito.
Valentina, serba di Srebrenica, madre di due teenager, lavora nel settore delle Ong ed è presidentessa dell’associazione femminile "Sara Srebrenica”; Nemanja, serbo di Srebrenica, laureando in economia, è presidente del centro giovanile di Srebrenica; Asmir, bosgnacco di Zvornik, vive a Tuzla dove studia giurisprudenza; Muhamed, bosgnacco di Srebrenica, criminologo, è dipendente comunale. Sono tutti membri del gruppo Adopt Srebrenica, un progetto della Fondazione Alexander Langer Stiftung.


Nemanja. Quando il 5 febbraio scorso gli operai della Polihem di Tuzla, quelli appena licenziati e quelli che, pur avendo mantenuto il posto di lavoro, non ricevevano la paga da molti mesi, sono scesi in piazza a protestare, non ci è sembrato qualcosa di eccezionale. Ci siamo quasi abituati a vedere in televisione proteste di questo tipo. Purtroppo sono sempre più frequenti le dimostrazioni di lavoratori davanti ai "palazzi del potere”. A volte queste proteste durano diversi giorni. Finiscono come sono cominciate e finora non hanno mai avuto il carattere di proteste di massa. Sono sempre stati più "di massa” i raduni e i comizi pre-elettorali oppure le proteste per la difesa di qualche "interesse nazionale” (di gruppo etnico-nazionale). Di solito, quando le proteste dei lavoratori finiscono, nessuno se le ricorda neanche più. Così sembrava partita anche la protesta degli operai della Polihem e proprio per questo è stato uno shock quando abbiamo appreso la notizia che i dimostranti avevano appiccato il fuoco al Palazzo del Governo del Cantone di Tuzla.
Man mano che le notizie iniziavano a circolare si è capito che la protesta, partita dagli operai della Polihem, è stata la scintilla che ha innescato il caos e ha fatto emergere quello che sta sotto alla punta dell’iceberg. Sono esplosi, tutti in una volta, vent’anni di frustrazione, delusione e umiliazione dei cittadini bosniaci a seguito della sfacciata rapina e impoverimento che hanno subìto e che stanno continuando a subire. La popolazione bosniaca si ritrova sempre più povera e sempre più ingannata da promesse mai mantenute.
Per capire cosa sta succedendo è importante partire da qualche informazione a proposito dell’operato della classe dirigente di un paese, la Bosnia-Erzegovina, che è tra i 13 paesi più poveri al mondo, ha il potere di acquisto pro-capite più basso in Europa, ha 700.000 cittadini (circa 1/5 della popolazione, su circa 3,8 milioni di abitanti) che vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre il 50% della popolazione vive al limite della soglia di povertà, un tasso di disoccupazione stimato tra il 50% e il 60%, i fondi europei che uno dopo l’altro vengono "stornati” per "inaffidabilità” e una carta costituzionale che è stata dichiarata discriminatoria e quindi da rifare. Questi sono solamente alcuni dei macro dati -umilianti- che possono dare un quadro della situazione della Bosnia-Erzegovina. I responsabili di questo disastro sono quelli che da venti anni governano questo paese e che si sono autoproclamati i "custodi degli interesse nazionali”.
Asmir. Tutto quello che sta succedendo in Bosnia-Erzegovina è la conseguenza di quello che è successo negli ultimi vent’anni. Mi riferisco in particolare ai disastri provocati dalla classe dirigente che governa questo paese. I danni materiali di guerra provocati dalle granate non sono niente in confronto ai danni che hanno provocato i politici. La situazione economico-sociale della Bosnia-Erzegovina è peggiorata di anno in anno e una grossa fetta della popolazione riesce a sopravvivere solo grazie alle rimesse dei parenti che lavorano all’estero.
Ho partecipato dall’inizio alle proteste e continuo a parteciparvi. Le dimostrazioni dei lavoratori della Polihem di Tuzla duravano già da parecchio ...[continua]

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