Donald Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele e annunciato il conseguente trasferimento nella nuova capitale dell’Ambasciata degli Stati Uniti. Le reazioni palestinesi, represse come sempre con durezza (e quattro uccisi), sembrano minori di quelle temute da molti commentatori e prospettate da molti diplomatici e autorità. Il riconoscimento è grave, rompe l’unità del Quartetto di mediatori -Onu, Stati Uniti, Unione Europea e Russia- che avrebbero dovuto favorire il processo di pace e realizzare uno Stato di Palestina accanto a quello di Israele. È però solo la legittimazione degli atti di forza unilaterali dello Stato di Israele, compiuti e ancora in corso, accettati di fatto da tutte le potenze: insediamenti, espulsione e sottomissione degli abitanti, modifica e fortificazione dei confini. Israele e i palestinesi che abitano i territori occupati inclusa Gerusalemme Est, non sono in una situazione di equilibrio sul terreno da cui si possa partire per rimediare a espulsioni e trasferimenti forzati avvenuti in passato e avviare un processo di pace. Gli israeliani hanno vinto il confronto militare e politico e continuano a spostare, opprimere, espellere quando possibile, gli occupati. Non per nulla un difensore tenace dei diritti dei palestinesi, come Jeff Halper, sostiene ora la soluzione dello Stato unico, con parità di diritti, non perché sia diventato probabile ottenere per i palestinesi la cittadinanza piena ma perché lo stato unico, col pieno controllo israeliano dei confini, delle risorse, del territorio, c’è già.
Se non si può modificare la realtà sul terreno con le critiche, si può almeno respingere la rappresentazione falsata della propaganda.
Netanyahu e Trump hanno affermato, con le stesse parole, che Gerusalemme è la "capitale eterna degli ebrei”. In senso sacrale, simbolico, penso sia vero per molti ebrei. In senso territoriale, politico, statuale, militare -Gerusalemme Capitale di Israele- sta diventando vero negli ultimi anni, di fatto, con la forza, contro il riconoscimento internazionale. Gerusalemme Capitale eterna vale quanto Roma eterna o Roma rivendica l’impero. Il regno di Salomone finì nel 930 a.C., mille anni prima dell’Impero di Augusto. I palestinesi, cristiani, musulmani ed ebrei, abitavano Gerusalemme per intero prima del ’48. Quelli musulmani e cristiani continuano ad abitarne una parte anche dopo due sconfitte militari e il riconoscimento internazionale dello Stato ebraico. La Gerusalemme sacrale è una e indivisibile, ma può essere benissimo condivisa intera da tutte le religioni per cui è sacra. I simboli non occupano spazio, o hanno bisogno di spazi minimi, che vanno rispettati da tutti, come la spianata delle moschee, il muro del pianto, la chiesa della natività -come la Città del Vaticano. Esiste però anche la Gerusalemme di pietra, dove abitano anche i palestinesi, che devono poter vivere lì la loro vita in libertà, avere diritto alla casa dove sono sempre vissuti e alla terra che hanno sempre coltivato, avere pieni diritti politici.
Quasi tutte le autorità internazionali, a parole, condividono questi principi. Nessuna è riuscita a farli accettare allo Stato occupante. Anche i paesi arabi sono stati sempre pronti a usare parole di fuoco contro "l’Entità sionista” ma sul terreno hanno sempre sostenuto, anche con la guerra, gli interessi propri. Ora i governi musulmani, sunniti e shiiti, riuniti a Istanbul per iniziativa di Erdogan, hanno alzato la voce e riconosciuto Gerusalemme Est come capitale dello Stato di Palestina, che però nella realtà non esiste. Erdogan ha minacciato la rottura dei rapporti diplomatici con Israele, di cui la Turchia è stata un solido alleato, e con cui pochi giorni fa ha firmato importanti accordi commerciali. Così, mentre la Mogherini ribadiva la posizione europea a favore della soluzione dei due Stati, l’aviazione militare di vari Paesi europei (tra cui l’Italia) partecipavano a un’esercitazione nel Negev israeliano insieme a quegli stessi aerei con la stella di David che ora stanno di nuovo bombardando Gaza.
Temo che i giochi diplomatici e di schieramento servano più a collocare i vari Stati nella complicata partita del Medio Oriente, che riguarda le Grandi Potenze, con la Russia ora in ascesa, e le potenze regionali, per il controllo delle risorse e delle popolazioni, che a difendere i diritti civili e politici dei palestinesi. Abbiamo sperato a lungo che pressioni internazionali potessero spinge ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!