La relazione di Gian Paolo Patta (1) (del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps) sulle pensioni in Italia, dopo un accenno ai mutamenti della demografia, del lavoro, della sicurezza sociale in Italia nell’arco di un secolo, analizza le caratteristiche recenti e le tendenze nel futuro immediato, dopo la legge Fornero. Il confronto col passato è importante perché il raddoppio della durata media della vita, e il conseguente aumento del numero dei vecchi, la bassa natalità, la riduzione delle ore lavorate, sono le caratteristiche dominanti della società italiana d’oggi. Ma la relazione riguarda soprattutto l’equilibrio-squilibrio dei conti dell’Inps e le sue cause; e alcune, gravissime, conseguenze differite di cui non si parla (gravi quanto il caso degli esodati) soprattutto a danno dei precari a bassa retribuzione e a vantaggio dei dirigenti ad alta retribuzione.
I rischi per l’equilibrio e le loro cause
Occorre sottolineare che la relazione parla dei conti dell’Inps in quanto Istituto e non di Bilancio dello Stato. Perciò ragiona sulle pensioni lorde, sulle cifre scritte a bilancio, senza tener conto delle tasse, che tornano allo Stato. Nei paesi, come la Germania, che praticamente non tassano le pensioni, lordo e netto coincidono, perciò per i confronti internazionali e per valutare la sostenibilità economica complessiva delle assicurazioni sociali bisogna ragionare sul netto, cosa che qui Patta si limita a ricordare come ovvia, ma che va sempre tenuta presente se si vuole parlare della realtà e non della pubblicità dei governi; bisogna quindi aggiungere mentalmente all’attivo totale tre punti percentuali di Pil. "L’Inps, in quanto sostituto d’imposta, trasferisce allo Stato 50 miliardi l’anno di ritenute erariali prelevate dalle pensioni”.
Nel 2013, l’ultimo anno disponibile, il risultato di esercizio dell’Inps, che è la somma del risultato di vari fondi, storicamente e formalmente separati, è stato negativo per poco meno di 13 miliardi; il patrimonio era attivo per poco più di 9 miliardi. Da dove viene il passivo di esercizio? Dal fondo lavoratori dipendenti (-3,7 miliardi); dai coltivatori diretti, coloni e mezzadri (oltre -5); dagli artigiani (- 6,5); dai commercianti (-1,7); dall’Inpdap (quasi -6). L’attivo patrimoniale è drasticamente ridotto dal passivo patrimoniale di tutti i fondi in passivo di esercizio che abbiamo ricordato: fondo lavoratori dipendenti (quasi -123 miliardi), ecc. Generano invece l’attivo il fondo prestazioni temporanee (come la cassa integrazione, +182 miliardi e mezzo) e il fondo lavoratori parasubordinati (quasi +90 miliardi). A sua volta il passivo del Fondo lavoratori dipendenti è costituito in gran parte dal passivo di fondi particolari: trasporti (-18 miliardi); elettrici ­(-26 miliardi); telefonici (-4,4 miliardi); dirigenti di aziende private (-26,5 miliardi).
Malgrado ci siano leggi che dovrebbero separare contabilmente le assicurazioni dall’assistenza e il bilancio dell’Inps da quello dello Stato, l’Inps, finanziato con contributi veri dai lavoratori e dalle imprese, e i fondi attivi, sono stati usati come un Bancomat, senza la minima attenzione alla sostenibilità di lungo periodo. Il fondo per la Cassa integrazione, che è in forte attivo, come si è appena visto, contro le idee correnti e malgrado l’uso e abuso recenti, è servito a pagare le pensioni ordinarie, insieme al fondo parasubordinati il cui enorme attivo è ovviamente dovuto alla giovane età degli iscritti. Le privatizzazioni dei trasporti e dei telefoni, i trattamenti preferenziali degli elettrici e dei dirigenti delle aziende private hanno generato un passivo contabile che è stato tamponato con i contributi dei precari e della cassa integrazione.
I passivi dei coltivatori diretti, degli artigiani, ecc., hanno una storia più lunga. Quando il sistema pensionistico è stato reso generale, l’industria funzionava bene. Tutto è stato appeso ai contributi degli operai e impiegati: il Sistema sanitario nazionale, le pensioni. Contadini e artigiani hanno sempre pagato di meno e preso come gli altri. Nel frattempo il mondo è cambiato. Le aziende artigiane non corrispondono quasi mai al concetto originario; i coltivatori diretti raramente sono veri contadini. Ma le regole sono rimaste e mettono a rischio l’equilibrio totale.
"I governi che privatizzarono per ridurre il debito pubblico, destinando all’abbattimento di esso i proventi della vendita delle aziende -prosegue Patta-, non presero assolut ...[continua]

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