Quando, vent'anni fa, morì Nicola Chiaromonte, i suoi amici compresero subito di aver perduto un Maestro. E se fosse stato loro chiesto: di che cosa?, non avrebbero esitato a rispondere: di vita e di pensiero. Giacché Chiaromonte, che non fu specialista e professore di alcunché, ma nel senso più nobile della parola un appassionato dilettante, in tutte le cose che fece e di cui si occupò -politica e filosofia, letteratura e teatro, riviste e rapporti umani- fu sempre un uomo intero, ossia di un rigore e di una coerenza assoluti.
Era però tutt'altro che un uomo arcigno. Era invece dolce e mite, amabile e spiritoso, senza un'ombra di boria e di ipocrisia, affatto privo di quella falsa e tronfia gravità che è propria di quei retori e pavoni che la demagogia e il conformismo dei tempi, di qualsiasi tempo, compreso ovviamente il nostro, promuovono spesso al rango di Maestri. Era insomma una persona seria, il che non vuol dire noiosa e altezzosa, bensì semplicemente animata dall'insopprimibile bisogno di conformare la propria condotta alle proprie idee.
Ciò non significa che riuscisse sempre a non essere aspro. A un uomo che negli anni del fascismo aveva scelto l'esilio, militato nelle file di Giustizia e Libertà, e combattuto in Spagna nella squadriglia aerea di André Malraux, quando, finita la guerra, tornò in Italia, lo spettacolo offerto dal conformismo gregario della nostra intelligencija di sinistra parve non poco avvilente.
Nel cosiddetto «impegno», tra vanaglorioso e ringhioso, di quegli intellettuali, fra i quali c'era anche qualche suo amico di gioventù, riconobbe subito la maschera di quella stessa brama di servitù politica che molti di essi avevano già mostrato durante il fascismo. Non deve dunque stupire se i suoi rapporti con qualche figura di spicco della cultura italiana di allora non furono sempre gentili. Ma i fatti giustificavano la sua delusione e il suo sdegno.
Purtroppo lo conobbi tardi. Se avessi potuto giovarmi in tempo della sua esperienza e autorità morale, della sua lucidità e fermezza intellettuale, della sua sacrosanta insofferenza per le torbidezze ideologiche e gli opportunismi politici, della franca e sempre giusta severità con cui condannava le une e gli altri, e soprattutto della conoscenza diretta che aveva potuto acquisire circa la vera storia del comunismo italiano e mondiale fra le due guerre, forse non avrei aspettato i fatti d'Ungheria per uscire da un partito in cui da ragazzo ero entrato, certamente, per alcune nobili ragioni, ma anche, altrettanto indubbiamente, per qualche ragione meno nobile.
Sia le ragioni buone sia quelle meno buone sono ovvie. Le prime si riduce-vano alla collera e alla protesta contro le manifeste ingiustizie sociali; le seconde derivavano da quella equivoca miscela di risentimento, fanatismo, impulso alla violenza e presunzione intellettuale che spinge di solito gli adolescenti borghesi verso qualche miraggio rivoluzionario. Ma Chiaromonte, che conosceva bene questa sindrome psicopolitica, mi avrebbe spiegato che quel micidiale miscuglio di idealismo e di rancore era un morbo giovanile di cui conveniva guarire in fretta e forse, citando Proudhon, mi avrebbe ricordato che «non c'è un solo esempio di una comunità che, fondata sull'entusiasmo, non sia finita nell'imbecillità».
Ora si rilanciano i suoi scritti, che fra gli anni 30 e 70 apparvero sulle più autorevoli riviste (italiane, europee e americane) della sinistra antitotalitaria: quella di Silone e Koestler, Camus e Orwell, Jaspers e Milosz, Edmund Wilson e Mary McCarthy, Hannah Arendt e Stephen Spender -e di tanti altri che furono spesso suoi amici e ammiratori. Un suo grande amico fu anche Gustavo Herling, uno scrittore di cui solo oggi la nostra cultura ufficiale, dopo anni di voluta distrazione, dovuta al fastidio destato dalla sua odissea di esule polacco e di intempestivo accusatore dell'impostura sovietica, incomincia a riconoscere il valore. Si deve a lui e a Miriam Chiaromonte, la gentile e saggia vedova di Nicola, l'idea di riproporre questi scritti, ed è sua la bella introduzione al primo di essi, Il tarlo della coscienza (II Mulino, 30 mila lire), che sarà fra giorni in libreria.
Chi non ha ancora mai letto Chiaromonte, scoprirà fra l'altro che sia quel pasticcio deprimente che è la società di massa all'italiana, sia i nostri più recenti furori sovversivi, trovarono in lui uno dei critici più acuti e lungimiranti. Lo provano i due passi che anticipiamo, l'uno tratto da un saggio del '56 (La situazione di massa e i valori nobili), l'altro da un saggio del '68 ( Violenza e non violenza).
l'altra tradizione
Il Messaggero / 1992
Testo di Guarini Ruggero
Attenti all'uomo-massa
Riscoperte/Nicola Chiaromonte, filosofo, critico, intellettuale «scomodo». Voce solitaria e sdegnosa contro ogni opportunismo politico. E ogni omologazione. Tornano in libreria i suoi saggi.
Archivio
Le scuole rurali e i maestri ambulanti
Una Città n° 303 / 2024 settembre
Al 15 giugno, al 25 al massimo, sono finite in Firenze le scuole; e i bambini delle elementari, dei ginnasi, delle scuole tecniche, che in casa non hanno niente da fare, sono stati rimandati a riposarsi, ad annoiarsi, e ad annoiare le loro famiglie.
In c...
Leggi di più
Giustizia e utilità
Una Città n° 303 / 2024 settembre
Maffeo Pantaleoni
Ginevra, 5 marzo 1900
Carissimo,
Appunto, soltanto dagli amici si può chiedere che siano indulgenti se non si scrive loro! I guai sono tanti, il lavoro incalza, e il tempo basta appena per fare le cose che la necessit&agr...
Leggi di più
Questa è l'Italia
Lo studio della storia moderna dell’Italia è interessante, perché ci presenta, riassunta e abbreviata, come un quadro vivo, una fase dell’evoluzione economica e politica svoltasi in altri paesi durante parecchi secoli.In Inghilterra -senza risalire fino a...
Leggi di più
L'eremita socievole
Una Città n° 251 / 2018 agosto-settembre
Realizzata da Franco Melandri
Realizzata da Franco Melandri
Intellettuale militante, socialista, libertario, cosmopolita, pacifista e volontario nella Grande Guerra, rivoluzionario nella Russia del 1905 e del ’17, antistalinista della prima ora, antifascista in Italia e in Francia, Andrea Caffi, vissuto in d...
Leggi di più
Nord e Sud
Una Città n° 303 / 2024 settembre
Nord e Sud di F. Papafava
È divertente vedere come queste elucubrazioni sul Nord e sul Sud si allargano e penetrano sulla folla. Giorni sono ho sentito da un’operaio socialista che i proprietari nell’Italia settentrionale suono buoni a...
Leggi di più