Sono in casa di Antonio, il figlio maggiore di Gaetano con Annafranca sua moglie e Ludovico, 11 mesi. Ci sono anche il secondogenito Emiliano, e la moglie di Gaetano, Anna, un gruppo di amici di sempre. Lungo il pomeriggio arrivano vari amici, da Nocera, da Sarno, compagne di scuola di Anna e Gaetano, diventate poi colleghe, che insegnano in zone diverse della provincia. Si intrecciano nella nostra conversazione i motivi della visita di condoglianze con il racconto di quei momenti drammatici, col dibattito intorno alle prospettive e al comitato che sta nascendo ad opera dei familiari e degli amici.
Anche in questa circostanza rivive un modo di essere di un gruppo umano in cui non si separano vicende private e pubbliche, i sentimenti e la ragione, la memoria e la speranza, la lotta per il cambiamento con la conservazione degli affetti e del rispetto umano: i gorgoglii gioiosi di Ludovico (e qualche pianto) si intrecciano con le sommesse riflessioni sulla tragedia immane di una famiglia e di una collettività. Da qui parte un impegno che vuole trasformare la tragedia in una ragione di speranza.
Le parole che seguono, non so quanto efficacemente da me riportate, dovrebbero indurre a riflettere non solo sulle colpe di qualcuno, ma sul modo disinvolto in cui un’intera cultura sta in rapporto con la natura che ci ha generato e con il suolo che ci sopporta.
Non posso sottrarmi alla lezione pedagogica contenuta nelle parole dei molti insegnanti che si sono alternati nella conversazione di questo pomeriggio e particolarmente nelle parole di Anna Milone: "Facciamo delle unità didattiche sul degrado ambientale, ma non sono stata capace di riconoscere la valanga che arrivava sulla mia casa".
Su troppe cose una cultura astratta e verbalistica, amplificata da megafoni ideologici e ossessivamente ribadita dai mezzi di comunicazione di massa, ci allontana dal vivere concretamente i problemi tanto più quanto più sembra voler affrontare la realtà e l’attualità. Il fango, da cui il primo uomo fu generato, si è incaricato di rimetterci con i piedi in terra, non senza aver messo troppi sotto terra. I nostri amici di Sarno vorrebbero con la loro voce, non tanto denunciare i colpevoli o urlare contro le decisioni, ma aiutarci ad ascoltare e riconoscere quelle voci che a loro non è stato dato di saper ascoltare per insipienza generale, per irresponsabilità di chi pretende, attraverso il potere sul popolo, di dettare legge anche agli elementi.
Cesare Moreno

- L’Associazione Rinascere serve innanzitutto per quelle povere persone che non ci sono più e se qualcuno ha fatto qualcosa contro di loro vogliamo anche giustizia. Vogliamo vigilare sul presente, questa può essere una svolta storica, che non deve restare tale. Sarno, non da ora, ha una crisi di identità, ha perso le sue radici e perciò ha perso anche il legame col territorio e l’ambiente .
- Mi sembra di aver fatto poco, altri si sarebbero mossi di più.
- Siete ancora nel fango.
- Si è vero, prima dovevamo recuperare i morti, e siamo stati ancora fortunati, quelli che troveranno da ora in poi saranno a pezzi, una gamba da un lato le braccia dall’altro.
- Ricordiamo anche che questa è ancora una zona di emigrazione, verso il nord, in Germania. Riprenderà l’emigrazione?
- Qualcuno scappa. Noi abbiamo vissuto anche il terremoto, ma questo è stato terribile: c’è gente che è stata una intera notte sui tetti, che vedeva le colate di fango succedersi, pensando che alla prossima la casa non avrebbe retto. Per una notte intera, al buio, vedendo a destra e sinistra le case portate via; c’è gente che è stata dalle 8 di sera alle due di notte in questa situazione, e sotto c’erano già i morti.
- C’è la linea rossa della zona a rischio tracciata dai geologi, ma c’è anche quella tracciata dalla gente. Anche se non è vero che quella è una zona di evacuazione: è una zona di rischio che dopo gli interventi necessari potrebbe essere anche una zona di ripopolamento, sebbene chi ha perso casa e familiari non pensa affatto di tornarci.

***

Ieri sera un signore che ha perso 17 familiari ed è restato solo ha detto: posso pure tornare, ma che faccio? Rimango tutto il giorno da solo a guardare la TV? La linea rossa legata agli affetti e ai lutti va al di là della scienza.
Penso anche ai bambini e ai ragazzi: in questi giorni sono sbandati, non sanno cosa fare, sono angosciati e sotto stress. Le scuole sono chiuse, non ci sono i compagni, è cambiato persino il paesaggio... L ...[continua]

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