Salam Kawakibi, politologo franco-siriano, è direttore di ricerca presso l’Arab Reforme Initiative ed è presidente dell’associazione "Initiative pour une nouvelle Syrie”.

Come vedi la situazione della Siria?
Siamo in una fase che io definisco di "palestinizzazione” della Siria. Abbiamo assistito a deportazione, repressione, imprigionamento e ora colonizzazione. In alcune zone si deporta la popolazione per rimpiazzarla con persone che vengono dall’Iraq, dal Libano, anche dall’Iran. È in atto una vera colonizzazione del territorio siriano, per cambiarne la composizione demografica, etnica e confessionale. Dei sette-otto milioni di rifugiati che hanno lasciato la Siria, circa il 98% appartengono alla comunità sunnita; questo significa che la situazione demografica è completamente cambiata. Oltretutto non si sa se coloro che se ne sono andati torneranno. Chi vive ora nei campi profughi dei paesi limitrofi forse tornerà, ma chi è partito per l’Europa, le Americhe, l’Australia o il Canada non tornerà più, perché si tratta di giovani rapidamente integrabili. Mi ha impressionato come i profughi siano stati ben accolti in Germania. Anche i siriani che avevano scelto di impegnarsi per il cambiamento non torneranno se non vedranno almeno una possibilità che la Siria diventi un paese giusto e democratico.
L’altro aspetto importante è quello della sovranità. Si dice che bisogna rispettare la sovranità degli Stati, ma la sovranità in Siria viene violata allegramente. Gli israeliani bombardano ogni due o tre anni le basi militari. Inoltre, dal 2011 la sovranità viene violata dall’ingerenza russa e iraniana sul terreno: ci sono 60.000 persone appartenenti a milizie sciite straniere (iraniani, pachistani, afghani, iracheni, libanesi) a fianco del regime.
Vorrei aggiungere che quando si parla di jihadismo in Siria si fa riferimento ai musulmani sunniti, ma c’è anche un jihadismo sciita; sono le stesse milizie sciite a richiamarsi alla jihad. Per esempio in una loro dichiarazione pubblica diffusa su internet hanno affermato: "Vogliamo rendere di nuovo sciita Aleppo”, perché la città era sciita nell’undicesimo secolo; e aggiunto: "Faremo la guerra in Siria e rimarremo ad Aleppo fino alla riapparizione del dodicesimo imam”. Nella leggenda sciita il dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto è nascosto e un giorno riapparirà per compiere la volontà divina.
Anche i negoziati di pace sono "alla palestinese”, cioè si negozia per negoziare e infatti non si è fatto alcun progresso. I palestinesi negoziano con Israele dal 1993, da Oslo. E cos’è stato raggiunto? Niente. Al contrario, Israele ha approfittato di questo tempo per cambiare a suo favore la situazione sul terreno. In Siria avviene lo stesso. Si sta negoziando da tre-quattro anni senza alcun passo avanti. Il cessate il fuoco sancito sotto l’egida della Russia e dell’Iran ad Astana non viene rispettato e nemmeno le cosiddette "zone di de-escalation”.
Nell’ultima conferenza di Bruxelles del 3 aprile si parlava di sei miliardi di dollari per la ricostruzione. Anche questo mi ricorda la Palestina: l’Europa investe dei fondi in Palestina, dopodiché Israele distrugge le opere finanziate dall’Ue e l’Europa ricomincia a pagare. Questa dinamica mi ha spinto a scrivere nei miei articoli che l’Europa in fondo è una grande Ong. Non c’è mai stata una politica estera europea secondo me, ci sono 28 politiche estere differenti, ci sono paesi vicini alla Russia... In passato francesi e inglesi volevano fare un gesto, mostrare un po’ di fermezza, ma Italia e Germania non erano d’accordo per ragioni diverse. L’Italia per ragioni economiche non ha mai veramente rispettato le sanzioni europee contro la Russia legate alla situazione in Crimea e in Ucraina.   
Ogni giorno ascolto le dichiarazioni di Mogherini, i suoi richiami alla pace, che però non hanno alcun impatto, a volte deplora, a volte si dispiace. Mi ricorda Ban Ki-moon che non smetteva mai di esprimere il suo dispiacere.
L’arrivo di Trump con la sua politica di isolamento mi aveva fatto pensare che forse l’Europa avrebbe avuto la possibilità di risorgere, non solo come una potenza economica ma anche come una forza politica internazionale.  
Dobbiamo renderci conto che Putin è in Siria per restare. La Siria paga anche il prezzo del disprezzo occidentale verso la Russia dopo il crollo dell’Unione sovietica. La Russia, che era stata un impero con una storia, è stata cons ...[continua]

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