Alessandro Caddeo, pedagogista, fa il permacultore a Milis.

Qualche anno fa, con la tua compagna, hai preso un terreno a Milis, in provincia di Oristano, per fare il permacultore. Puoi spiegarci intanto di cosa si tratta?
Fare Permacultura in teoria vuol dire progettare un insediamento umano il più possibile sostenibile. In pratica si tratta di un mutuo adattamento tra te, il tuo stile di vita e l’ambiente in cui ti trovi. Nel nostro caso specifico, permacultura significava costruire la nostra casa e produrre quello che ci serve in equilibrio con la terra, gli animali e le altre persone. Uno dei principi della permacultura è che il sistema deve autosostenersi, anche senza il nostro continuo intervento, senza troppa fatica e senza un grande consumo di energia. Ovviamente all’inizio bisogna lavorarci molto perché è un risultato che si raggiunge nel lungo periodo.
Comunque non è impossibile. Intanto tieni conto che in campagna si ha bisogno di meno cose. Ad esempio il frigorifero a noi non serve perché se vogliamo delle erbette basta che usciamo a raccoglierle, se ci serve un uovo, lo prendiamo di giornata e così via. Con una cantinetta o un posto fresco siamo a posto fino a maggio o giugno. Il frigorifero lo usiamo solo d’estate.
Il carico del pannello è stato tarato in base a quello che serve a noi, e a noi qui servono 800 W; usiamo un sistema misto, abbiamo sia l’eolico che il solare. Il vento c’è sempre, d’estate in più c’è il carico del sole, quindi con una batteria e un inverter si può tranquillamente tenere il frigorifero acceso. Poi c’è il sistema di areazione sotto la casa, che raffredda il motorino in continuazione.
Voi quindi non siete allacciati all’Enel?
L’Enel voleva 14.000 euro per l’allacciamento, anche se c’è il palo qui. Perché noi non siamo un’abitazione privata e l’allacciamento ha quel costo sia per avviare la Fiat che una piccola azienda. Per la corrente ce la facciamo senza problemi. La nostra grande preoccupazione erano le batterie perché effettivamente quando le dismetti diventano fonti di inquinamento, quindi volevamo stare proprio al minimo indispensabile.
Con l’acqua come siete organizzati?
Con l’acqua dobbiamo ancora lavorarci tanto, non siamo totalmente autosufficienti. Per gli animali c’è il fiume, il problema è l’uso domestico. Stiamo investendo sul recupero dell’acqua piovana. All’ingresso c’è una pozza da 30.000 litri per innaffiare, poi in giro per casa abbiamo delle cisternine. Stiamo ancora valutando come impostare il sistema. Abbiamo un progetto di massima come azienda agricola con la stalla, eccetera. Come cubatura potrei costruire molto di più, ci stiamo attenendo al minimo che ci serve, anche tenendo conto del dispendio energetico, e quindi stiamo sistemando le cisterne in base a dove dovremmo costruire quelle grandi, per valutare quali sono i percorsi migliori per l’acqua. Per ora fuori abbiamo quattro cisterne da 2500 litri. L’acqua da bere la portiamo dal paese: ci sono le fontanelle. Per l’acqua piovana, ho un filtro con ghiaia e sabbia. Se la vuoi anche senza batteri, è tutto un altro discorso, ma non so se è necessario; per lavare la verdura può andar bene, al limite ci metto l’amuchina.
Una volta che il tetto è stato lavato da un paio di piogge, basta che attacchi le cisterne ed è fatta. Poi, per lavarci stiamo usando il sapone che facciamo noi -lo fa mia mamma- quindi non è un problema. L’obiettivo è quello di essere autosufficienti.
Come è nata l’idea di lanciarsi in questa impresa?
Io sono pedagogista e Silvia, la mia compagna, anche. Per un periodo siamo stati in Toscana dove Silvia ha fatto il dottorato. Alla fine però ci siamo accorti che là avevamo meno di quello che si poteva avere qui in Sardegna. Allora abbiamo deciso di tornare. Siamo entrambi sardi, anche se non di questo paese. Dovevamo decidere se comprarci una casa o continuare a vivere in affitto. Alla fine, anziché comprare una casa abbiamo deciso di investire in un terreno. La nostra idea era di metter su un’azienda agricola che fosse un luogo multifunzionale in cui fare anche attività didattiche e sociali. Cioè l’idea era di sostenerci con tante piccole attività, con tanti piccoli redditi, anche per avere la garanzia di rimanere comunque a galla. Ma su questo siamo subito incappati nella burocrazia. Quando si chiede l’iscrizione all’Inps come imprenditore agricolo, è previsto che tu segua una tabella (a livello di Comunità europea) con un minimo standard. L’as ...[continua]

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