Il mutualismo e i servizi forniti dallo stato come diritti non sono in conflitto tra loro ma complementari. Anzi l’iniziativa personale e l’aiuto reciproco sono indispensabili al funzionamento di uno stato sociale universalistico. Lo dicono la Costituzione e le leggi; ed accade nella realtà. Si tratta di una realtà faticosamente costruita, ora sotto attacco, in pericolo, ma non di utopie o formalismi giuridici. Gli abusi, le disfunzioni frequenti, l’uso dello stato come mangiatoia, non possono cancellare la necessità e la realtà dei servizi pubblici. La Repubblica si fonda, prima che sulle strutture sociali elementari, sul lavoro dei cittadini (art.1 Cost.). Non è solo un principio: è la realtà di fatto. Una società non solo deve reggersi, ma di fatto si regge, sul lavoro, sull’impegno che mettiamo nel guadagnarci da vivere, nell’affrontare i problemi, nel riparare ciò che si rompe. Ci sono eccezioni: i ricchi, che possono non lavorare e pagare altri che lavorino per loro; ci sono gli invalidi, in tutti i sensi; ci sono i disoccupati involontari; ci sono i criminali, che tolgono ad altri invece di lavorare, ma di norma tutti cerchiamo di badare a noi stessi. Subito dopo, all’articolo due, la Costituzione prevede il dovere di "solidarietà politica, economica e sociale”. Forme di solidarietà elementare tra compaesani, tra compagni, di mutuo aiuto, sono state e rimangono la base della convivenza. La passività, l’isolamento, l’egocentrismo, sono patologie sociali. La Costituzione italiana prevede il decentramento della funzione pubblica. I cittadini  non devono essere né isolati, né disoccupati, né malati o poveri senza assistenza, né sottoposti unicamente ad un potere centrale mentre le situazioni sociali sono diverse, e i provvedimenti per affrontarle devono essere decisi da poteri locali autonomi. Quella che non funziona è la struttura dei poteri e delle responsabilità, della fiscalità e della spesa. 
I diritti universalistici necessari 
Ci sono però aspetti in cui l’attività del singolo cittadino e il mutuo aiuto non bastano, in cui il dominio dei singoli o delle comunità ristrette produce diseguaglianza, gerarchia, ingiustizia, o semplicemente il caos. Una rete stradale o ferroviaria non può che essere connessa. Strade o ponti che finiscono nel nulla sono una patologia. La salute è un bene comune e non può essere protetta con regole diverse, comune per comune. Si pensi alle polemiche recenti sui vaccini. Il Sistema sanitario è nazionale, con un pagatore unico, in grado di prevenire oltre che curare, forte abbastanza da reggere il confronto con l’industria farmaceutica, da far fronte alle differenze di lavoro e di rischi, alle differenze di ricchezza.
L’istruzione, fatta salva la libertà di insegnamento, deve essere universalistica, pubblica, gratuita ed estesa a tutti i cittadini, almeno ai livelli indispensabili all’esercizio della cittadinanza. La Costituzione prevede che i volenterosi e meritevoli siano messi in grado di raggiungere i livelli più alti, con un sistema di borse di studio, nella realtà insufficiente. Non può che essere pubblica e nazionale la distribuzione dell’acqua, come ha ribadito un recente referendum. Dovrebbero esserlo tutti i monopoli naturali. 
Quando l’aiutarsi da sé non basta
Ci sono anche casi, remoti e recenti, in cui l’intervento pubblico è stato, e sarebbe, indispensabile, non per ragioni di eguaglianza, ma per ragioni di impossibilità pratica di affrontare il problema con le sole energie locali. Faccio l’esempio, remoto e riuscito, dei Sassi di Matera, di cui in questo momento si parla anche troppo, e quello attuale e, al momento, bloccato, della ricostruzione di Amatrice, dopo il terremoto.
Oggi si parla di Matera e dei Sassi come di una meraviglia, di una singolarità culturale, della Gerusalemme cinematografica, perché le caverne sono vuote, ma i Sassi sono stati una piaga e una vergogna nazionale quanto il tracoma a Palma Montechiaro: una città di trogloditi in pieno novecento, senza acqua corrente, con i rifiuti liquidi che scendevano di grotta in grotta, di ripiano in ripiano e quelli solidi ben difficili da eliminare. Non che mancassero nell’Italia di allora paesi senz’acqua, senza fogne, senza bagni né wc. Mi capita di essere nato in un paese così. Ma fuori c’era la campagna, c’erano la pioggia, il vento e il sole. C’era molto aiuto reciproco tra famiglie, in campagna, ma anche molta autonomia; non la complicata simbiosi dei Sassi.
Mai i ma ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!