Ecco perché per gli stati fascisti è così facile farsi prendere la mano. Le repubbliche delle banane di solito manifestano anche tendenze al gangsterismo burocratico. In una democrazia capitalista, comunque, si suppone che le cose siano differenti: il suo comitato esecutivo dovrebbe mettere in galera uno come Al Capone, e limitare la corruzione. Ma le distinzioni tra transazioni d’affari legali e illegali si vanno assottigliando, e il termine "mafia politica” comincia ad assumere un significato del tutto nuovo. La politica da gangster è poco interessata alla delinquenza comune, ai colletti bianchi truffaldini, allo scontro tra gang. Gli interessano i grossi affari; per esempio, circa l’82,8% dei benefici dalla riforma fiscale del 2017 vengono incamerati dai portafogli dell’1% più ricco, e l’aliquota fiscale per le grandi corporation viene abbassato dal 35% al 21%. Il boss sa da che parte va imburrata la sua fetta di pane. Inutile dire che anche il padrino si becca la sua fetta: la famiglia di Trump guadagnerà più di decine di milioni di dollari dalla sua riforma fiscale.
Accanto al "cha cing” (il dolce suono del registratore di cassa), c’è anche il "bling” (quello delle ricompense, dei soldi per comprare il silenzio e delle regalie), per non dimenticare il "glitz”, l’ostentazione delle porno star, delle attricette di terz’ordine, delle modelle, eccetera.
La politica dei gangster ondeggia tra l’autoritarismo e la democrazia e in qualche modo vaccina le società capitalistiche dalle contraddizioni di classe, che sono diventate troppo aspre, o da richieste dal basso troppo onerose.
I suoi rappresentanti non sono esattamente fascisti. Non fondano il proprio potere su squadroni paramilitari, campi di concentramento, censura ufficiale, o sull’esplicito ideale di una società etnicamente pura. L’ethos della politica dei gangster è l’immoralità. Il suo stile e il suo tono si insinuano nelle istituzioni esistenti, dai consigli comunali alle manifestazioni di massa, dai media ai dibattiti elettorali, con il ricorso a trucchetti legislativi e stratagemmi legali. I politici gangster sanno come prendersi gioco del sistema. La loro retorica populista è un’apparenza; la vecchia "mentalità da gregge” della piccola borghesia resta dominante, viva e in forze.
I gangster sono stati a lungo identificati con i capitalisti, i poliziotti e i pubblici ufficiali. Balzac notava che ogni grande fortuna nasconde un grande crimine. Anche Upton Sinclair e Frank Norris hanno fatto lo stesso collegamento, come pure Ibsen. Ma forse il caso più noto è Bertolt Brecht, che in alcuni suoi capolavori, come l’"Opera da tre soldi”, vedeva capitalisti, imperialisti e militaristi accomunati dall’ethos del gangster. I film contemporanei e i programmi televisivi rivelano regolarmente le collusioni tra Cia, poliziotti corrotti e aziende spregiudicate. Ma queste azioni di solito sono rappresentate come opera di individui disonesti (che vanno rimessi in riga) o di un "sistema” vago e inalterabile, cui si può rispondere in maniera appropriata solo ricorrendo a un cinismo estremo.
La politica da gangster non è una formazione istituzionale strutturata, come spesso è stato sostenuto, ma piuttosto un adattamento semi-legale a forme legali di governance. Si sviluppa quando i clienti dei gangster avvertono un pericolo. Ecco tornare alla memoria qualche ricordo relativo alla crisi economica del 2008: le banche che prolungano i termini di prestiti spregiudicati, le borse che fluttuano, l’insider trading all’ordine del giorno, e "l’uomo della strada” in preda al panico, man mano c ...[continua]
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