Il risultato complessivo parla da solo. I laburisti di Corbyn non hanno realizzato il rovesciamento completo della situazione precedente, ritenuto impossibile da tutti, anche dai commentatori seri, ma ci sono andati molto vicino. Più vicino di quanto io non sperassi. Se si guardano i dettagli (i laburisti hanno perso Glasgow East per venti voti -e non è il solo caso) ci si può persino scoprire a pensare che c’è mancato poco. I vecchi, anche non tifosi di calcio, come me, ricordano i "quasi goal” delle radiocronache di Carosio -per la propria squadra, s’intende.
In effetti non c’è mancato poco. C’è il 2% di voti complessivi di differenza. Se Corbyn e i suoi avranno testa ed entusiasmo, se i giovani manterranno il loro impegno, questo è l’inizio di un percorso, che avrà bisogno di precisione sui problemi, di successi locali, di capacità politica interna ed estera, di rapporti stretti con gli elettori. Ma la nave è partita.
Se, a qualche settimana di distanza, si vuole riflettere sulle caratteristiche e i possibili sviluppi del voto, oltre che alla cronaca della difficile navigazione della May, si può ricorrere a una mappa interattiva del "New York Times” e a una indagine campionaria di YouGov su 50.000 elettori, di cui do i link. Per me sono stati utili anche i commenti di John Lanchester e Tom Crewe leggibili sui numeri 21 e 23 della "London Review of Books”.
Struttura e caratteristiche sociali del voto
La struttura del voto è cambiata. Dopo mezzo secolo di riduzione del peso dei due partiti maggiori che nel ‘51, quando i laburisti vinsero di misura, rappresentavano insieme il 96,7% degli elettori ma erano diminuiti fino al 55,1 % nel 2010, a perdere sono stati i partiti minori, scesi, nel loro complesso, al 17%. La caratteristica positiva non sta nel ritorno del bipartitismo, quasi imposto dal sistema elettorale uninominale a un solo turno, che lascia esistere solo minoranze concentrate localmente, come Plaid Cymru o gli Unionisti e lo Sinn Fein, ma nella sconfitta frontale dei partiti d’occasione, o monotematici, come Ukip. Forse, allora, è possibile sconfiggerli, se si affrontano i problemi veramente importanti, come ha fatto il Manifesto dei laburisti.
La mappa interattiva illustra visivamente la prevalenza laburista tra i giovani, la cui partecipazione è salita, pur restando minore di quella degli adulti. L’indagine a campione consente di precisare che la prevalenza laburista è stata travolgente: dal 66 al 63% tra i 18 e i 30 anni; il 55% fino ai 40; ancora al 44% contro 39% fino ai 50. Bisogna andare oltre i 70 per avere una situazione speculare a quella dei ventenni. L’inesperienza che secondo alcuni commentatori italiani porterebbe i giovani a credere al "bizzarro” Corbyn (l’aggettivo è di Giuliano Amato) riguarderebbe in realtà anche adulti ben maturi.
Non è confortante che la partecipazione diventi veramente alta (84%) solo oltre i 70 e che in generale salga con l’età; ma quella media è al 69%, lontano dal disastro della Francia, il cui Presidente, portato in trionfo dalla stampa italiana, è stato votato al secondo turno dal 17% degli aventi diritto, e dal disastro italiano che si profila.
I laburisti hanno una grande maggioranza (64%) tra gli studenti (che sono anche giovani); una netta maggioranza tra i disoccupati (54%); sono in vantaggio sui conservatori sia tra i lavoratori a tempo pieno (45 contro 39) che a tempo parziale (44 contro 40). Sono in netto svantaggio (24 contro 63) solo tra i pensionati. Hanno una percentuale crescente al crescere del livello d’istruzione e più alta tra le donne che tra gli uomini. Leggono il "Guardian”, l’"Independent” e il "Mirror” e non il "Telgraph”, l’"Express” e il "Mail”. E non ne siamo stupiti. Sono alla pari tra i lettori del "Financial Times”.
I commenti e le cause
Anche i commentatori seri di giornali seri in inglese erano molto pessimisti sull’esito del voto. Il numero di seggi da conquistare era semplicemente troppo alto e i media, gli economisti, gli ambienti culturali erano tutti contro. Infatti i laburisti non hanno vinto. Il risultato è stato però abbastanza sorprendente da indurre alcuni commentatori a una riflessione autocritica. Tra i commenti interessanti quello di Lanchester sulla "London Review of Books”, scritto subito prima del voto, sulla crescente disuguaglianza sociale e la speculazione edilizia. Nulla che non si veda in Italia, ma su scala maggiore. Da un lato la riqualificazione, anche solo cosmetica, delle case, la costruzione di case di lusso, l’acquisto di case da parte di potentati esteri, di pura tesaurizzazione, che fa salire vertiginosamente i prezzi (a Vauxall £1.500.000 per un appartamento di due camere da letto in un condominio), dall’altro la fine, da decenni, il degrado, l’uso a fini speculativi, dell’edilizia pubblica, che non consente al ceto medio, ai precari, di pagare l’affitto. Si aggiunga il deterioramento del Sistema Sanitario Nazionale, la caduta dei salari e si capisce perché anche gran parte di Londra, che è il cuore dell’Inghilterra ricca, abbia votato laburista.
Il commento di Crewe, sempre sulla LrofB, è invece una vera e propria autocritica, che si chiude, irritualmente per una rivista culturale, di recensioni, con l’annuncio che, finito di scrivere, farà una cosa che avrebbe dovuto fare prima: andrà a iscriversi al Labour Party.
Secondo l’autore, l’elemento che ha cambiato il quadro è stato la pubblicazione del Manifesto. È un Manifesto chiaro, che prevede la rinazionalizzazione delle ferrovie (la cui assurda privatizzazione è stato uno dei disastri, sociali ed economici, dei conservatori), la difesa e la ripresa dello Stato Sociale e del Sistema Sanitario Nazionale, il salario minimo, l’aumento delle tasse dei ricchi. Nessun estremismo, nessun salto nel buio. Non è il paese dei balocchi, come scrivono oggi alcuni commentatori italiani, e neanche il Socialismo con la maiuscola. È solo laburismo senza aggettivi. Le hanno inventate loro quelle cose lì, quando da noi si diceva che non potevano funzionare. Ma dove troveranno i soldi? Quando quelle cose lì sono state fatte le eredità dei ricchi erano tassate all’85%. Ora solo al 40% (da noi non sono tassate proprio, come non è tassata la casa). Se aumentano le tasse sui ricchi, quelli non scapperanno?
L’uomo della strada pensa che scapperanno se saranno i soli ad aumentare; non se girerà il vento e ad aumentare saranno in tanti. I servizi della Borsa di Londra stanno solo lì.
Le altre osservazioni derivano dalla mappa complessiva e si possono arricchire a volontà scorrendo la mappa con la freccetta.
Tutti vedono che il paese, nel suo complesso, è un oceano azzurro con qualche isoletta rossa e varie aree di colori diversi, locali. Se si va a vedere, le isolette rosse sono le aree urbane già industriali. Quelle azzurre sono campagne e paesi, con molta terra e poca gente; paesi dove i pensionati vanno a comprarsi la casa. Se per caso uno ricorda i nomi di luogo citati da E.P. Thompson in The Making of the English Working Class, ne ritrova molti nelle macchiette rosse, oltre a trovarci quasi tutta Glasgow, Manchester, Birmingham, gran parte di Londra, Cambridge, come sempre. Oxford invece, come sempre, ha votato conservatore. L’Inghilterra della cultura, per fortuna, è divisa. In sostanza, i laburisti, tornati laburisti, si sono ripreso il loro elettorato, ma con le generazioni cambiate, come è giusto. Chissà se da noi anche un vecchio riuscirà a vedere i partiti del movimento operaio, quale che ne sia il nome, con un vero e credibile programma socialista, riprendere il loro elettorato, con le generazioni cambiate; e la fine dello scandalo della città più operaia d’Italia governata dai Cinque Stelle.
https://www.nytimes.com/interactive/2017/06/08/world/europe/british-general-election-results-analysis.html?_r=0
https://yougov.co.uk/news/2017/06/13/how-britain-voted-2017-general-election/
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