"Francesco Papafava”, ed. Una città, 248 pp, 12 euro.
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Vjosa Dobruna

... Ma non finisce qui: i rom, pare perché costretti a dichiararsi serbi, albanesi o turchi, come reazione avrebbero cominciato a definirsi rom, ashkali ed egiziani. Per cui abbiamo tre nuove minoranze. Allora, gli ashkali parlano albanese, i rom parlano la loro lingua che è solo orale; il terzo gruppo ora si autodefinisce "egiziano”: dicono di essere appunto egiziani, di essere venuti qui qualche secolo fa dall’Egitto. Ecco, io sarò pure ingenua, ma non vedo queste differenze tra di loro, nelle caratteristiche fisiche, per esempio, o nello stile di vita. Ma loro si distinguono, per cui oggi esistono tre nuove minoranze: rom, ashkali ed egiziani. E tutti insieme costituiscono non più dell’1% della popolazione. è stato divertente quando l’ambasciatore egiziano è venuto a Pristina da Belgrado e ha chiesto spiegazioni: "Ma come egiziani? Chi è questa gente?”. Voglio dire, è un posto troppo piccolo il Kosovo per tutte queste complicazioni! Io sono una persona che non ama le religioni, le rispetto tutte se la gente ci crede. La mia famiglia per tradizione non ha questo senso di appartenenza identitaria. Scherzo sempre su questo: "Di che nazionalità sei?”, "Kosovara”, "Di che religione?”, "Albanese!”
(da "una città”, 2001).

Joseph Alghazy
... Si era comunque aperta una strada, certamente molto difficile, irta di ostacoli, ma che poteva condurre a delle soluzioni, sia pure a piccoli passi. Alcuni mesi prima che venisse assassinato, avevo incontrato Rabin a Nazareth che mi aveva detto: "Io voglio andare fino in fondo”, il che testimoniava del cambiamento di pensiero in una personalità come la sua, da ex-generale, del cui militarismo nessuno poteva dubitare. Dopo la sua morte i palestinesi sono sprofondati in una disperazione senza pari perché tutto si è fermato: il governo di Netanyahu non ha fatto nulla, ma neanche Barak ha fatto qualcosa, malgrado che nel suo governo si riponessero enormi speranze. È stato proprio il governo di Barak a non applicare i diversi accordi che erano stati presi e, soprattutto, ad adottare misure drastiche come l’immediata instaurazione del coprifuoco e la chiusura delle frontiere appena c’era un attentato o qualche attacco da parte dei palestinesi. Così la situazione dei palestinesi, ridotti alla fame e senza lavoro, è diventata insostenibile.  (da "una città”, 2001)
"Noi giovani”
L’iniziativa era germogliata fra i ragazzi del Liceo classico Michelangelo in casa Rosselli (via Giambologna). «Le riunioni giovanili in casa nostra erano piene di elettricità», ricorda Amelia Rosselli Pincherle, la madre di Carlo e di Nello. Quell’elettricità era un’adesione ardente a quella che dai democratici era ritenuta non solo l’ultima guerra del Risorgimento, ma anche una giusta guerra di redenzione dall’assolutismo degli imperi germanici, oppressori delle nazionalità nell’Europa centrale. Nel mensile, l’impegno politico e letterario s’intrecciavano. Quei liceali si proponevano di manifestare partecipazione alla temperie di guerra, di testimoniare uno stile di vita conforme alle prove dei compagni maggiori al fronte, di sollecitare i coetanei ad avere coscienza dei sacrifici accettati coraggiosamente dai soldati combattenti, e di trarne le conseguenze per la loro condotta. Gualtiero Cividalli, futuro padre di Bona e Lia, e Nello Rosselli presero su di loro la redazione del mensile. Gualtiero, con un ben evidente proposito di elevata pulizia interiore, propose la testata «Noi Giovani», come lui stesso ricorda in una nota dattiloscritta del 29 maggio 1983; era infatti il titolo di un libro di Hans Wegener, che trattava del problema sessuale, sostenendo la tesi della necessità della castità prematrimoniale, anche maschile. Dallo stesso libro Gualtiero prese il motto «Purezza, Forza, Amore» che appare nella testata, mentre l’altro motto che pure vi appare, «Non volge chi a stelle è fiso», fu indicato da Nello e prefigura il carattere fermissimo del futuro antifascista intransigente.
(da "Nuova Antologia”, 2002)

Umberto Morra
... In una lettera del 21 luglio 1924, quattro mesi prima dell’uscita de «Il Baretti», Morra, colui che Gobetti definirà «uomo-tipo del Baretti», racconta fra l’altro a Guglielmo degli Alberti: «A Firenze, dove sono stato fino a ieri, è capitato Gobetti e abb ...[continua]

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